La sentenza sui matrimoni gay
La sentenza della Corte Costituzionale sui matrimoni gay – originariamente prevista per prima delle elezioni – è arrivata, e come previsto è negativa.
La questione legale, a quanto mi consta, era la seguente: nella legge italiana non è scritto da nessuna parte che il matrimonio può avvenire soltanto tra persone di diverso sesso. Si tratta di una di quelle consuetudini e prassi interpretative che fanno parte della dottrina, un po’ come il fatto che l’articolo 575 del codice penale, che definisce l’omicida come “chiunque cagiona la morte di un uomo”, non implica che uccidere una donna sia legale. Tuttavia, dato il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, si può sostenere che la mancanza di un esplicito divieto del matrimonio tra persone dello stesso sesso sia effettivamente coerente con tale principio di uguaglianza; e così, alcune coppie omosessuali hanno chiesto ai propri Comuni di effettuare le pubblicazioni di matrimonio, e poi, ottenuto il previsto diniego, hanno impugnato tale decisione davanti ai giudici per venire poi rimandati in sede costituzionale.
E alla fine a quanto pare la Corte ha detto no: quella di ammettere il matrimonio omosessuale è una scelta che non è implicita nella Costituzione, ma sta nella discrezione del Parlamento che legifera.
Se le motivazioni saranno confermate, vuol dire che la via giudiziaria al matrimonio omosessuale è morta o quasi; resta soltanto quella politica – e visto il clima papalino che vige dalle nostre parti, come dicono a Londra, live horse.
Personalmente credo che alla legge, di un matrimonio, non possa che interessare soprattutto il lato contrattuale, e dunque che sia più che giusto che anche coppie omosessuali possano stabilire tra loro lo stesso contratto concesso agli eterosessuali; e poi, a livello etico, ognuno decida per sé. E’ comunque una posizione personale, e riguarda una di quelle questioni dove la cosa “giusta” da fare non è oggettiva ma è frutto della cultura del proprio tempo. Certo che, partendo dal principio per cui la propria libertà si spinge fino a dove non lede quella degli altri, non capisco proprio su che basi si possa impedire a persone che si amano di sancire davanti alla legge la propria unione, condividendo diritti e doveri.
[tags]matrimonio, giustizia, diritti, omosessuali, glbt[/tags]
14 Aprile 2010, 17:14
Adoro ogni cosa che scrivi, da diversi anni. No, non ti preoccupare, non ti proporrei mai di sposarmi!!!
Ma anche da etero (oltre che laico e -soprattutto- pensante), dopo l’ultimo paragrafo non sono riuscito a trattenermi dall’esternarlo.
14 Aprile 2010, 18:54
Dal mio punto di vista il matrimonio ha senso ed ha una sua logicità solo tra un uomo ed una donna e serve a garantire la paternità del figlio, al padre. Per cui per garantirsi la paternità , l’uomo deve escogitare una forma legale per poter “ingabbiare” la donna sotto la sua tutela, inventando il matri-monio con forti risvolti psicologici e religiosi, dove in cambio della fedeltà della donna e quindi della certezza della paternità , l’uomo mette a disposizione della donna il suo patri-monio. La donna non ne ha bisogno del matrimonio perché la maternità è sempre sicura per lei, ma ha bisogno del patrimonio dell’uomo per accudire alla prole.
Nel caso di due omosessuali, non c’è nè una paternità , nè un patrimonio da garantire e quindi il matrimonio comunemente inteso non ha senso tra di loro. Gli omosessuali possono certamente trovare forme di tutela civile reciproca nella legge.
Da un punto di vista cristiano invece, Gesù ha detto che dove due o più sono riuniti nel suo nome, lui è in mezzo a loro, senza specificare se i due o tre debbano essere dello stesso sesso o di sesso diverso.
Inoltre occorre ricordare, sempre da un punto di vista teologico cristiano, che chi risorge non si sposa, perché vive come gli angeli del cielo che non si sposano, come dice il Vangelo di Luca. E siccome nel “padre nostro” Gesù invita a fare la volontà di Dio come in cielo, così in terra, viene da chiedersi perché se in cielo non ci si sposa, ci si sposa invece sulla terra.
Il perché è chiaro: per garantire la paternità all’uomo e un patrimonio alla donna.
14 Aprile 2010, 19:06
Piero, la tua argomentazione “dal punto di vista cristiano” mi piace alquanto, non ci avevo mai pensato e credo che la prenderò presto in prestito.
15 Aprile 2010, 11:04
il fatto è che per il nostro codice civile il matrimonio non è un contratto (pur avendo importato il codice napoleonico,questo pezzetto già lo modificarono ai tempi) ma una istituzione basata sulla famiglia e qui ci si trova subito rispediti alla valutazione di cosa sia una famiglia, quindi non solo una coppia ma una coppia con prospettiva di figli.
Personalmente credo che la strada giusta sia riformare la nozione di matrimonio civile in senso contrattuale, seguendo l’esempio francese e così aprendo la strada al riconoscimento delle unioni civii (i famosi pacs francesi, non necessariamente tra coppie omosessuali ma anche tra amici, parenti etc). Questo significherebbe agevolare il riconocimento giuridico delle unioni gay ma non automaticamente l’adozione. E scusate se vi sembro antiquata e bigotta, sono del parere che i bambini debbano avere un padre e una madre e prima di occuparsi delle adozioni per i gay sarebbe il caso di occuparsi di riformare il sistema delle adozioni per le coppie normali che fa schifo (sia per i candidati genitori che per i bambini adottabili)
15 Aprile 2010, 11:04
Quindi Gesù era uno swinger?
…scusate, non ho resistito alla ca**ata! :-)
15 Aprile 2010, 13:43
@valeskywalker:
hai perfettamente ragione sul fatto che il diritto di famiglia avrebbe bisogno di una bella spolverata.La società è cambiata rapidamente e il codice civile dovrebbe adeguarsi.
L’ultima tua frase invece mi ha fatto venire in mente un mio tarlo: http://wp.me/pykke-du
15 Aprile 2010, 15:58
I gay che chiedono di potersi sposare …uhm …in effetti è giusto: tutti devono avere il diritto di poter fare stupidaggini nella vita! :-)
15 Aprile 2010, 19:41
ieri il comunicato stampa della Consulta, mentre oggi pomeriggio è già stata depositata la motivazione dalla quale si desume che siamo un paese a sovranità limitata, non che non si sapesse, però.
A proposito di “scelta del legislatore che legifera”, a differenza di altre questioni rilevanti i diritti fondamentali questa sentenza non contiene il c.d. “severo monito” al legislatore affinchè disciplini la materia, la battaglia sarà ancora lunga.
20 Aprile 2010, 13:23
Tre veloci appunti.
1) Credo che i gay non vogliano obbligatoriamente un matrimonio (magari celebrato in chiesa con i vestiti da cerimonia), ma solamente la possibilità di godere di alcuni diritti fondamentali che solo gli sposati hanno come la possibilità di visitare il compagno/a in ospedale in quelle situazioni in cui solo la famiglia può accedere, scegliere il meglio per il compagno/a in caso di bisogno (io vorrei esser cremato/voglio che mi sia staccata la spina in caso di morte celebrale etc, mia sorella non vuole, il mio compagno non può far valere le mie ragioni e il mio testamento viene impugnato.. oggi vince mia sorella e non il mio compagno), avere la possibilità di ereditare la mia casa che altrimenti potrebbe andare a mia sorella.. etc. E non ditemi che si possono fare testamenti e contratti civili xché tutto questo può esser stracciato da un buon avvocato!
2) La questione dell’adozione. Giusto che debba esser riformata la legge sulle adozioni per gli etero che in Italia fa schifo (il mio capo è ora in Vietnam per adottare una bambina visto che qui non ci son stati santi). Ma non credo assolutamente che una coppia gay debba avere meno chance di una coppia etero per adottare (se ha tutte le doti: possibilità economiche, stabilità della coppia con un matrimonio, etc). Non ditemi che preferireste che un bambino viva 18 anni in un orfanatrofio piuttosto che vederlo dato ad una coppia gay che gli vuole bene? E non ditemi che una coppia etero non divorzia e non ci si ammazza! Le coppie gay sono stabili e affiatate, e magari ci si ama di più che in molte coppie etero. Manca la figura materna o paterna? E i divorziati o i separati? Che insegnamento e che figure hanno come riferimento i figli di una coppia dove padre e madre si odia? Secondo me è MOLTO meglio esser figli di una coppia gay o lesbica che vivere in un orfanatrofio (magari con preti pedofili come tutori) o in una famiglia eterosessuale distrutta come molte in Italia.
3) x valeskywalker: l’uso del termine “coppia normale” per intendere “etero” può esser ritenuto offensivo.. come se i gay non fossero normali..
Queste ovviamente son mie opinioni.. Liberi di insultarmi!
PS: guardatevi l’intervento della Litizzetto (che è ampia conoscitrice dell’ambiente gay di Torino) a “che tempo che fa” di domenica scorsa (18/4/2010): http://www.facebook.com/video/video.php?v=1413381824742&ref=mf
e fatevi 2 risate!
21 Aprile 2010, 11:02
@cerbero: sul primo punto sono totalmente d’accordo. Anzi, non avevo mai ragionato sulle situazioni tipo visita in ospedale, anche senza arrivare al caso estremo dello staccare la spina, sono convinto che dopo aver avuto un grave incidente stradale uno preferirebbe avere accanto al letto il proprio compagno che la sorella (con cui magari si ha un rapporto di merda proprio perchè non riesce ad accettare l’omosessualità ). Sul secondo invece no, soprattutto perchè trovo le argomentazioni troppo parziali, tanto da togliere forza al ragionamento. Un’espressione come “Le coppie gay sono stabili e affiatate, e magari ci si ama di più che in molte coppie etero” è buttata lì senza alcuna possibilità di conferma o di smentita… come se per le coppie gay non valessero le obiezioni che hai usato per quelle etero: si litiga, ci si separa, ci si ammazza, esattamente come nelle coppie “normali” (e non leggerla per forza come un’offesa: da un punto di vista puramente numerico, la “norma” è quella della coppia etero. Nel parlare comune, quando si usa il termine “normale” si intende dire -normalmente!- “appartenente all’insieme numericamente maggiore”).
Per cui, visto che dal punto di vista della stabilità della coppia non ci sono differenze, trovo più giusto utilizzare come “discriminante” (sempre dal punto di vista matematico) l’opportunità di dare al bambino una situazione possibilmente omologa a quella del resto del mondo in cui dovrà muovere i primi passi della nuova vita: asilo, scuola ecc. I suoi compagni sapranno essere crudeli e razzisti non in quanto tali, ma per natura. Una simile percezione di “diversità ”, per un bambino che già arriva da un orfanotrofio e magari da un altro paese, sarebbe un problema maggiore, sicuramente evitabile.