In risposta agli attacchi personali
Riassunto: Questo lunghissimo post, in risposta a una serie di attacchi sulla mia bacheca Facebook, espone i recenti avvenimenti all’interno del Movimento 5 Stelle di Torino e spiega come, a mio parere, un gruppo organizzato di persone, di ideologia di estrema sinistra, stia cercando di bloccare il Movimento cittadino visto che non può prenderne il controllo. In conclusione, commenti personali. Non si parla di politica ma di tristi beghe di cortile che avrei fatto volentieri a meno sia di vivere che di raccontare. Leggete solo se vi interessa proprio l’argomento o se per caso vi è venuto il dubbio che io sia un criminale assassino; da domani si parla d’altro.
Ho scritto, riscritto, triscritto e quadriscritto questo post, dopo essere stato tirato per i capelli in mezzo a una rissa da cortile scatenata ad arte da un gruppetto di persone contro il Movimento 5 Stelle; è un post lunghissimo, perché vuole essere esaustivo; non parla di niente di utile al mondo; e se però vi fa schifo il fango in politica, è meglio per voi se non leggete.
Già , perché la lotta nel fango, per chi vuole distruggere, è una carta vincente per definizione: appena qualcuno la gioca, le persone normali si schifano e non stanno nemmeno più a capire chi ha ragione e chi ha torto – se ne vanno e basta. E’ dunque l’arma perfetta per chiunque voglia eliminare un nemico: basta trovare, come diceva Lenin, degli “utili idioti” da mandare avanti a fare il lavoro sporco (non ridete, è un termine tecnico che identificava gli infiltrati sovietici nelle democrazie occidentali, nell’alta opinione in cui erano tenuti dai loro capi).
Questa tattica politica da manuale di marxismo-leninismo non è peraltro sorprendente, dato che l’ideologo di questo gruppetto (meglio, l’unico che sappia mettere insieme un discorso in maniera intellettualmente presentabile) è un bibliotecario di Palazzo Nuovo che, a protezione della privacy, indicheremo parzialmente con le iniziali: un certo Alberto B., anzi no, facciamo A. Baracco.
Dunque, A. Baracco, pur non ammettendolo mai apertamente, tenta da anni di introdurre nel Movimento il marxismo-leninismo in salsa maoista, ad esempio proponendo l’adozione del “centralismo democratico”, parlando dei cittadini come masse da educare o dedicando interi mesi alla discussione de “Il Metodo” (guarda caso è il titolo del secondo capitolo di Questioni del leninismo, opera maestra di un certo Josif Stalin). Chi segue questo blog lo sa, perché ne ho già parlato in passato. A riprova della sua ortodossia, A. Baracco non appare mai, mandando avanti in riunione e sul web tutta una serie di altre persone; apparirà soltanto quando gli avversari saranno stati screditati.
La storia completa dietro a quello che sta accadendo inizia due anni e mezzo fa (in particolare, l’astio contro di me risale a quando il gruppetto organizzato che ora si lamenta non riuscì a far votare A. Baracco come candidato a presidente della Provincia, e fui scelto io), ma ci vorrebbero venti pagine per raccontarla, e sarebbe più deprimente che altro. Vorrei dunque spiegare solo gli ultimi avvenimenti, dal mio punto di osservazione, e solo perché il gruppetto dei leninisti a cinque stelle (quasi tutti peraltro inconsapevoli di esserlo) sta riempiendo la rete di resoconti parziali.
Il percorso verso le elezioni comunali avanzava a velocità di lumaca, gestito inizialmente dal gruppetto di cui sopra (nel seguito lo chiameremo ossequiosamente il comitato centrale; include persone come T. Errichelli, H. Nevola, E. Cardillo – nessuno li conosce, ma vedrete questi nomi in abbondanza sulla mia bacheca Facebook…). Era un percorso assolutamente non trasparente: non c’era un sito, si discuteva su una mailing list di Google privata e non accessibile al pubblico, le riunioni non erano mai pubblicizzate e la partecipazione media era di dieci persone, di cui otto erano il comitato centrale.
Quando si sollevava il problema della scarsa legittimità e trasparenza di un simile processo, le risposte di A. Baracco erano invariabilmente due: la prima era “sto mettendo in piedi un forum che sarà pronto a brevissimo”, la seconda era “le riunioni sono aperte a tutti”. Chi ha letto la Guida Galattica per Autostoppisti si ricorderà dell’inizio, in cui la casa del protagonista viene distrutta per costruire una superstrada e alle sue rimostranze viene risposto che il progetto era pubblicamente consultabile da nove mesi, in uno scantinato privo di luce e senza scala di accesso, “in fondo a un casellario chiuso a chiave che si trovava in un gabinetto inservibile sulla cui porta era stato affisso il cartello Attenti al leopardo“: ecco, era esattamente quel genere di trasparenza lì.
Dopo le ferie, e più ancora di ritorno da Woodstock 5 Stelle con il relativo entusiasmo, molti di noi pensarono che fosse il caso di dare una accelerata alla questione: per esempio, di fronte alla dichiarazione di intenti di aprire le discussioni sul forum del gruppo regionale, il forum che da sei mesi doveva essere installato ma non lo era mai apparve immediatamente. All’epoca comunque pensavamo ancora che il comitato centrale fosse in buona fede, solo incapace di lavorare in concreto; e allora ci demmo da fare noi a pubblicizzare le riunioni e allargare la partecipazione.
La pubblicizzazione fu resa difficile dal fatto che il comitato centrale aveva delegato qualsiasi comunicazione con l’esterno a un gruppo stampa che io ribattezzai “ufficio stampa senza toner”, perché non comunicava mai niente; era fatto da una persona che voleva lavorare e due membri del comitato centrale che non facevano assolutamente nulla se non bloccare le comunicazioni per inerzia (alla fine cominciammo a comunicare quando l’unica persona cominciò a fregarsene e agire in solitario).
Quando si trattò di decidere il candidato sindaco, il comitato centrale propose una votazione interna al gruppetto di partecipanti alla riunione; io proposi le primarie pubbliche aperte a tutti i cittadini. Il gruppo regionale, volendo mediare, propose la soluzione intermedia che fu poi adottata, col voto contrario, in blocco, del comitato centrale (votano praticamente sempre in blocco, spesso alzando le mani all’unisono: è davvero impressionante).
Nelle riunioni successive, il comitato centrale partecipò a tutte le votazioni che decisero le regole delle primarie che ora contestano, finendo regolarmente in minoranza su tutto. L’unica votazione su cui furono d’accordo, tanto che fu fatta all’unanimità , fu quella di restringere il diritto di voto a una lista di una cinquantina di attivisti riconosciuti, loro compresi, visto che aumentava il loro peso specifico; bloccarono tuttavia la riunione per un’ora finché, per sfinimento, non ottennero l’aggiunta alla lista dell’unico loro membro che mancava, H. Nevola.
Quest’ultima mancava dalla lista perché lei stessa aveva dichiarato mesi prima di non voler più partecipare; ricomparve magicamente dal nulla la sera di quella riunione, e di lì in poi cominciò a presidiare costantemente il forum, giorno e notte. Qualsiasi persona non del comitato scrivesse qualcosa di sgradito sul forum veniva subito attaccata da H. Nevola (ha postato oltre duecento messaggi in quindici giorni), se necessario seguita da messaggi di supporto di E. Cardillo e T. Errichelli.
Sul forum si creò un clima di terrore per cui molti non osavano più scrivere niente; in teoria c’erano dei moderatori, a cui però l’amministratore unico del forum (A. Baracco) non aveva dato sufficienti poteri, che erano stati nominati in gran parte dal comitato centrale, e che non agivano quasi mai (uno mi scrisse addirittura che gli attacchi personali erano permessi). Quel che si scriveva nella parte organizzativa del forum erano soprattutto attacchi personali verso il gruppo regionale e verso di me.
Resta da spiegare perché si decise di restringere la votazione agli attivi: ciò accadde dopo una riunione in cui si presentarono circa 40 persone nuove. La maggior parte erano cittadini volenterosi, ma tra gli intervenuti ci furono anche un ex consigliere comunale della Margherita e poi una certa Alessandra Corino, che fino a prima dell’estate era tesserata e coordinatrice dei giovani PD di Nichelino, e il suo fidanzato Carlo Ferreri (sono altri due nomi che vedrete molto in questi giorni).
Fu la serata in cui si votò che non sarebbe stato permesso di candidarsi a chi aveva avuto in passato tessere di partito; gli ex tesserati avrebbero potuto partecipare e contribuire e magari candidarsi in futuro, ma per queste elezioni ritenemmo che fosse giusto evitare di candidarli. Sia lì, sia nei giorni successivi si scatenò sul forum una lunga polemica per portarci a rivedere questa decisione, discussione di cui i due ex piddini succitati furono i protagonisti.
Di lì in poi, il comitato centrale cominciò a mettersi di traverso per cercare di bloccare i lavori; il motivo ufficiale fu la decisione, presa con un voto a larga maggioranza e con i soli membri del comitato centrale contrari, di votare i candidati sindaco a voto segreto invece che a voto palese. A parte la questione di principio – tutte le istituzioni usano il voto segreto quando si vota sulle persone, tanto che, in politica, esso è definito come un diritto umano dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, articolo 21 comma 3, e dall’articolo 48 della nostra Costituzione – la decisione poneva un problema molto concreto: come può un gruppo organizzato controllare la fedeltà al capo dei propri membri se il voto non è palese? E come può sperare di influenzare il voto degli altri tramite pressioni psicologiche sul forum se poi gli altri hanno la protezione della segretezza del voto? Il voto palese era strumentale per aumentare significativamente le chance di successo di A. Baracco (che naturalmente non era ancora uscito allo scoperto, lasciando andare avanti come candidato di prova l’ingenuo S. Arduino) e dunque bisognava ottenerlo ad ogni costo; e poi è un argomento su cui è facile fare populismo e infiammare le folle.
Si arriva così alla riunione di giovedì 28 ottobre, quando in teoria bisognava decidere le ultime questioni pratiche per poter effettuare la prima fase delle primarie il 7 novembre, come deciso (anche col voto del comitato centrale) alcune riunioni prima. In apertura, la riunione fu immediatamente interrotta da T. Errichelli, che richiese a gran voce di ridiscutere la “violazione dei principi del movimento” avvenuta con l’adozione a larga maggioranza del voto segreto.
L’intera riunione fu deragliata; durante di essa, tra l’altro, Davide Bono raccontò che qualche settimana prima il comitato centrale era venuto in segreto da lui in ufficio, chiedendo addirittura l’espulsione dal Movimento per me e per un altro attivista, Agostino Formichella – guarda caso, le due persone con il miglior risultato elettorale alle regionali, dunque i due potenziali ostacoli più ostici per l’elezione di A. Baracco. Ovviamente Davide si era rifiutato e allora il comitato centrale gli aveva promesso vendetta, in ossequio a “o sei con noi o sei contro di noi” (altro tipico motto dei rivoluzionari di sinistra).
Più volte cercammo di riportare la discussione all’ordine del giorno e più volte questo fu impedito, con continue tattiche dilatorie a cui si unirono i due ex piddini già citati. Alla fine si riuscì a mettere in votazione la seguente mozione: “L’assemblea ritiene che adottando il voto segreto siano stati violati i principi del Movimento”. Per evitare il voto, in cui sarebbe sicuramente finito in minoranza, A. Baracco si alzò e boicottò la votazione, uscendo di corsa dalla sala con uno scatto da centometrista, e cercando di far finire la riunione sul posto; la mozione fu votata e ovviamente respinta, ma il verbale stava venendo scritto da E. Cardillo, H. Nevola e A. Corino (ingenui noi ad accettare che lo facessero loro) che sostennero che la mozione non era valida e la riunione era da considerarsi già chiusa. Fu l’ultima goccia: lì capimmo che continuando in quella situazione il Movimento non sarebbe mai riuscito a presentarsi alle elezioni comunali di Torino, perché qualsiasi questione sarebbe diventata un pretesto per bloccare i lavori, mentre il forum sarebbe rimasto inutilizzabile.
Era chiaro che qualcosa andava fatto; anche se si supponesse che quanto sopra non sia vero, che non ci sia una strategia ideologica ben congegnata ma solo una diversità di visioni politiche, resta una palese impossibilità di vivere insieme produttivamente, il cui unico risultato sarebbe l’immobilità e il fallimento del Movimento a Torino.
Ora, va ribadito che nessuno può espellere nessun altro dal Movimento 5 Stelle; non funziona così. Chiunque è libero di partecipare e di proporre a Beppe Grillo una lista civica per farsi certificare (finché questo non avviene, però, non può usare nome e simbolo; questo è il motivo per cui il sito regionale può usare nome e simbolo, ma l’attuale sito del comitato centrale, che loro stanno linkando in ogni dove, è assolutamente abusivo). E’ Grillo che decide, di volta in volta, quale gruppo rappresenta il Movimento in ogni città . Ne deriva che ogni gruppo può decidere liberamente con chi lavorare; se due gruppi si presentano separatamente, sarà poi Grillo a scegliere quale adottare.
Per questo motivo, nessuno ha espulso nessuno, ma semplicemente 30 attivi (la maggioranza assoluta) hanno votato la chiusura del forum gestito da A. Baracco e hanno deciso di continuare i lavori autonomamente. Una decina sono quelli rimasti col comitato centrale (la rimanente decina erano persone che erano state inserite in lista per attività svolte nei mesi precedenti ma che alla fine, anche visto il clima, avevano deciso di non partecipare proprio, e non hanno sposato nessuno dei due gruppi). Beppe Grillo e il suo staff hanno valutato la situazione e hanno deciso di certificare come unica lista per Torino quella gestita dal gruppo di maggioranza, che è dunque l’unica autorizzata d’ora in poi a presentarsi come Movimento 5 Stelle di Torino.
In sostanza, c’è un gruppo che comprende tutte le persone che si sono sbattute in questi anni, che è riconosciuto da Grillo e in continuo contatto con lui, e che vuole fare le elezioni comunali per portare avanti il programma del Movimento; e un gruppo di persone semisconosciute (il comitato centrale non ha nemmeno partecipato alle elezioni regionali: con l’eccezione di S. Arduino, tutti gli altri non hanno raccolto una firma o affisso un manifesto che sia uno) che le vuole fare solo se il candidato sindaco è un loro uomo.
Questo secondo gruppo, guidato dal comitato centrale, raccoglie anche gli ex piddini – che da noi non troverebbero spazio – e varie persone inconsapevoli che sono state ingannate dai racconti fiammeggianti. La disinformazione urlata all’infinito infatti è un’altra tattica politica ben nota; e le lamentele sulla trasparenza e sull’apertura del gruppo degli attivisti sono davvero fuori luogo, da parte di persone che hanno sempre fatto di tutto per evitare che la partecipazione si allargasse nel tempo e hanno sempre combattuto l’idea della democrazia in rete aperta a tutti.
Dopodiché, noi siamo andati avanti seguendo le decisioni che avevano preso anche loro; le stesse date, gli stessi metodi. Abbiamo dovuto mantenere riservata agli attivi la sola cartella organizzativa (tutte le altre sono aperte in lettura e scrittura) e segreto il luogo della riunione del primo turno delle primarie, perché martedì scorso S. Arduino si è presentato nell’ufficio del gruppo regionale urlando e insultando, bloccando il lavoro (lavoro e non divertimento, retribuito dai cittadini per fare altro e non per discutere di aspirazioni a fare il sindaco) dello staff di Bono per parecchio tempo: avete visto i toni di queste persone, non potevamo pensare di esaminare i candidati col rischio piuttosto concreto che qualcuno si presentasse in massa a bloccare strumentalmente i lavori. Anche i candidati discussi ieri sono tutti quelli che si sono fatti avanti entro la scadenza concordata, il 28 ottobre, con la sola eccezione di S. Arduino visto quanto sopra. E nonostante le accuse sparse a piene mani (“sappiamo già chi vincerà ”, “fanno tutto per far candidare un collaboratore di Bono”) non c’erano collaboratori di Bono tra i candidati e i risultati sono stati abbastanza imprevisti.
Vorrei aggiungere ancora qualche riflessione sui commenti che ho letto in queste ore. Il primo è relativo alle gare di purezza: vedo tantissime persone pronte a fare le pulci al Movimento in maniera veramente dettagliata. Lo prendo come un complimento: da noi si pretende coerenza e trasparenza assoluta. Lo prendo un po’ meno come un complimento, e un po’ più come un attacco al Movimento, quando ciò è fatto in maniera distruttiva, spesso in presenza e con l’appoggio interessato di tesserati di altri partiti (ieri sul profilo di Bono, a dire “bravi” al comitato centrale, c’erano tesserati dell’IDV, tesserati del PD, persino la coordinatrice regionale di Per il Bene Comune <- sì, è un partito e odia Grillo). I principi sono importanti, ma di là , nei partiti, c'è gente che stupra la democrazia ogni giorno, che ruba, che è d'accordo coi mafiosi, che manipola la stampa, che favoreggia gli amici. Ma tu del Movimento, ah! quella volta hai fatto una riunione e non hai messo subito un verbale dettagliatissimo, parola per parola, accessibile a tutti! Ok, noi dobbiamo essere meglio degli altri, ma attenzione a non cadere nel tranello per cui se non si può essere perfetti meglio non far nulla; per non parlare del fatto che cercare di sconfiggere un avversario cento volte più forte di te raccontandogli in anticipo "per trasparenza" tutte le tue mosse è una strategia estremamente pura ma estremamente inefficace. Insomma, occhio a non distruggere la credibilità pubblica del Movimento, per mancanze di un paio di ordini di grandezza inferiori al bene che si sta facendo, o peggio per ambizioni personali frustrate. Le critiche anche pubbliche sono legittime e anzi importanti, ma se sono fatte in buona fede sono misurate e costruttive, accompagnate da proposte e soluzioni invece che da insulti e minacce. Se qualcuno invece critica in maniera distruttiva, come stanno facendo questi adesso, vuol dire che in realtà del Movimento non gli importa nulla, gli importa solo della possibilità di usare il Movimento a proprio vantaggio; e se non ci riesce, preferisce distruggere tutto che permettere al Movimento di candidare altre persone. Se ciò è fatto in buona fede, è un comportamento da bambini; se è fatto in cattiva fede, è ancora peggio; in ogni caso, non ci si può dichiarare attivisti del Movimento e poi cercare di demolirlo in pubblico. Probabilmente, per persone che non hanno contribuito più di tanto alla durissima costruzione della popolarità del Movimento in Piemonte, alle giornate al freddo per strada e al convincimento uno a uno degli elettori, l’idea di distruggerlo non è un problema: meglio che il giocattolo venga distrutto piuttosto che lasciar giocare qualcun altro. Peccato che questo non sia un giocattolo, ma sia per molti versi l’ultima speranza che la nostra città e il nostro Paese hanno per uscire dalla melma, dalla mediocrità , dalle collusioni, dalla devastazione ambientale, morale ed economica.
Sarebbe tanto facile per me fare come hanno fatto altri (pochi per fortuna, temevo di più): tirarsi indietro, non metterci la faccia, cercare di apparire equidistanti perché magari poi si rimedia qualche voto anche di là ; alla fine, queste cose purtroppo pagano, perché l’Italia è un Paese di pavidi e di “armiamoci e partite”.
Invece, io ci voglio mettere la faccia e difendo le decisioni che il gruppo ha preso, persino quelle che non ho inizialmente condiviso. Forse mi costerà la candidatura a sindaco, perché (come avvenuto ieri) appena aprirò bocca su Facebook o dal vivo mi troverò una claque organizzata di dieci persone a fischiare e insultare, prontamente seguiti da tesserati di un po’ tutti i partiti; ma non importa, qualcun altro farà il candidato al posto mio; e non importa, perché la mia coscienza vale più di una candidatura. Del resto, se mai facessi il sindaco mi troverei di fronte la ndrangheta degli appalti, figuratevi se mi spaventano quattro borghesi col culo al caldo che non hanno niente di meglio da fare che divertirsi giocando a Risiko su Facebook con le nostre vite, mentre fuori è pieno di gente che muore di fame, e noi già siamo soli e accerchiati dal sistema. Mi fa incazzare, questo sì, ma che ci volete fare: è l’Italia di oggi.
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