Perdere le cose
Fervono i preparativi per il mio viaggio pluri-continentale – parto domani mattina presto – e così stamattina, esaurite le ultime incombenze come la chiusura contabile mensile, ho cominciato a smazzare la checklist delle cose da fare prima di partire, che al punto numero uno reca: “passaporto”.
Ossia, tirar fuori il passaporto ed essere sicuri di portarlo con sé; non è bello arrivare fino in Giappone e poi venire rispediti indietro per mancanza del documento.
In realtà , il motivo per cui questa cosa era in cima alla mia lista era che già da qualche giorno si era sviluppata in me una sottile inquietudine. Già , perché le ultime volte che ho aperto il cassetto dei documenti, il passaporto non c’era; non è un caso così strano, perché quando uno arriva a casa dopo un lungo viaggio ha solo voglia di sbattersi sul letto o sul divano, e non certo di risistemare tutto; a partire dal giorno dopo, poi, si viene sopraffatti dal lavoro arretrato. Succede quindi che il passaporto resti per un po’ in altri posti; sulla scrivania, o nelle tasche della giacca, o nel marsupio; fino a quando, vedendolo lì, lo prendo e lo metto a posto.
In questo caso, però, l’ultimo viaggio era stato tre settimane fa ed è un tempo piuttosto lungo; era strano che il passaporto non fosse tornato nel cassetto. Così stamattina ho cominciato a cercarlo; ho perquisito il cassetto, ma niente; ho provato gli altri cassetti, senza risultato; ho smosso le varie pile di carte e documenti che occupano il davanzale della finestra, la superficie del comò, la scrivania, un angolo del divano, ma ancora niente. Ho guardato nelle tasche di tutte le giacche che avevo a Parigi, ma non c’era nulla se non un paio di scontrini e un biglietto del metrò. Ho provato a guardare dentro la valigia, negli altri armadi, sul mobile del tinello, in mezzo ai libri, insomma un po’ dappertutto; ho persino ricontrollato il marsupio, come se avessi potuto lasciarci dentro il passaporto per tre settimane senza mai vederlo.
Poi, non avendo trovato nulla, ho rifatto tutto il giro una seconda volta; ancora niente. Qui ho cominciato ad avere un attacco di panico; a domandarmi se sia possibile in Italia rifare il passaporto in un pomeriggio, a qualsiasi costo (seeh); a immaginarmi scene lacrimose di me che imploro un arcigno doganiere nipponico di lasciarmi entrare nel paese con la carta d’identità .
Alla fine, comunque, ho avuto l’illuminazione: ho notato in un angolo della scrivania la borsa della macchina fotografica; l’ho aperta e il passaporto era lì, infilato nella fessura che sta tra lo scomparto della macchina e il retro della borsa. Solo allora mi sono ricordato che a Parigi non avevo portato il marsupio ma la giacca, ma al ritorno, visto il caldo che faceva, avevo messo la giacca in valigia e avevo usato la borsa della macchina fotografica come marsupio (è una mossa che faccio spesso all’estero, per ridurre il numero di borse con cui giro). Poi, arrivato a casa, avevo buttato la borsa in un angolo e non l’avevo mai più toccata fino ad oggi.
Adesso il passaporto è pronto nel marsupio, e posso proseguire. Certo però che, se fossi più ordinato, eviterei di rovinare il mio sistema cardiocircolatorio.
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25 Luglio 2008, 13:49
Buon viaggio! mangia il fugu e portami del wasabi vero!