Minimo rispetto, Massimo dispetto
Roma, Quirinale, oggi pomeriggio. I ministri del nuovo governo sfilano, emozionati, davanti al tavolino dove li attendono il capo dello Stato, Napolitano, e il nuovo premier, Prodi. Lì giunti, sorridono, firmano il decreto di nomina, stringono la mano a Napolitano e Prodi, posano per una veloce fotografia, e vanno via.
Tutti, tranne uno.
Massimo D’Alema, nuovo vicepremier e Ministro degli Esteri, si avvicina al tavolino con passo sicuro. Guarda Napolitano, e gli fa la battuta: fa finta di firmare nello spazio destinato al Presidente della Repubblica, anzichè in quello destinato al ministro. Poi alza lo sguardo, sorride, stringe la mano a Napolitano.
E se ne va.
Come se Prodi non esistesse.
Ed ecco, in questo gesto umanissimo, che sarà certamente amplificato dai giornali, dalle tivù, persino dai blog come questo, io mi ci ritrovo. Perchè D’Alema è l’unico politico di statura reale in un centrosinistra frequentato da molti arruffoni, improvvisatori, maneggioni e comparse. Una persona che potrà non piacere, ma le cui capacità sono indiscutibili.
Eppure, forse proprio per le sue capacità , gli arruffoni e i maneggioni suoi compari non gliene hanno fatta passare una. L’hanno regolarmente segato per tutte queste settimane, con cattiveria e insistenza, prima per la presidenza della Camera, poi per la presidenza della Repubblica, poi per il ruolo di vicepremier unico.
Certo, dove può lui non lascia gli episodi impuniti, come testimonia il fatto che Fassino, come peraltro da facile previsione, sia tuttora in castigo dietro la lavagna, altro che ministro di peso. Ma, per la maggior parte, Massimo ha dovuto ingoiare una umiliazione dopo l’altra.
E allora, quando D’Alema tra qualche tempo piazzerà ancora una volta il suo coltello tra le scapole di Romano Prodi, dirò che ci può stare: perchè mai come stavolta sarebbe una rivincita meritata.
18 Maggio 2006, 12:58
Fassino avrà gia’ la sua bella gatta da pelare con il partitone pandemocratico.
.a.c.
P.S. D’Alema per me se ne puo’ tranquillamente andare a quel paese.
18 Maggio 2006, 17:11
Non lo so, Vittorio, stavolta non sono molto d’accordo con te. Leggevo da qualche parte, Scalfari su Repubblica, mi pare, non ricordo, che alle volte la grandezza di uno statista si misura anche quando sa farsi da parte, in ottica di un “bene comune” più ampio. Se D’Alema ha presente questo concetto di “bene comune” e lo identifica, come faccio io, nel bene del Paese Italia, non lo so. Ma dal suo gesto, mi sa di no, mi sa che per lui il “bene comune” è una poltrona bella alta e comoda.
Sarà che è passato di moda, ma il pensiero primo di un politico non dovrebbe essere questo. IMHO.
Inoltre dare fin dall’inizio, in quest’occasione formalissima, un chiaro indizio di dissenso con l’esecutivo che si sta proprio in quel momento insediando, non mi pare proprio una grande mossa. Bella figura!
Sinceramente non vedo come un comportamento del genere possa essere di qualche utilità alla popolazione e alla compagine governativa (qualcuno ha parlato di “bene comune”?).
A presto e in bocca al lupo.
Mandi
7 Luglio 2006, 14:01
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