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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


martedì 3 Febbraio 2009, 10:47

Giuseppe Gatì

È un paio di giorni che cerco di scrivere questo post, senza riuscirci.

Il post parla di Giuseppe Gatì, una persona che voi probabilmente conoscete senza saperlo. Il suo nome non era mai emerso, ma Giuseppe è diventato piuttosto famoso quando durante le recenti vacanze natalizie le televisioni, da Blob in poi, hanno cominciato a trasmettere il filmato della sua contestazione: un ragazzo di ventidue anni che ad Agrigento, davanti alle autorità schierate a festa e alle forze dell’ordine messe a protezione del potere, si alza e ricorda che l’ospite d’onore Vittorio Sgarbi – paracadutato da non si sa chi come sindaco di Salemi, nel cuore della Sicilia – è in realtà un pregiudicato, condannato per truffa ai danni dello Stato; e grida “Viva Caselli! Viva il pool antimafia!”. Naturalmente era stato portato via di peso, spintonato, trattenuto per “accertamenti” per ore.

Giuseppe Gatì, a ventidue anni, lavorava; faceva il pastore e l’operaio nel caseificio del padre, a Campobello di Licata, sulle colline dietro Agrigento. Sabato mattina, solo un mese dopo i suoi quindici minuti di gloria, Giuseppe è stato trovato morto; era andato a prendere il latte da un vicino. Ha afferrato il rubinetto di metallo della vasca refrigerata per aprirlo, ma nell’impianto c’era un filo scoperto; è morto fulminato.

Abbiamo pensato tutti la stessa cosa: che nelle campagne siciliane certi incidenti non succedono per caso. E già mesi fa, da altre fonti, avevo sentito storie preoccupanti, dei ragazzi candidati alle regionali siciliane per la lista di Sonia Alfano – la presidente dell’Associazione Familiari Vittime della Mafia – che vanno ad attaccare Sgarbi in campagna elettorale, e vengono minacciati prima dalla polizia e poi da sconosciuti figuri del posto con un aspetto poco raccomandabile. Ma sarebbe ingiusto, in una situazione così dolorosa, dedicarsi alle illazioni; confidiamo che ci sia ancora qualche investigatore, qualche giudice che voglia prendersi la questione sulle spalle, e darci una risposta attendibile.

Comunque, se fosse un’altra delle tante morti sul lavoro che accadono in Italia, sarebbe altrettanto significativa: uno di quei pochi giovani che non si rassegnano alla corruzione e alla mediocrità dell’Italia, ucciso da uno dei difetti endemici dell’Italia stessa.

Di tutta questa storia, alla fine, resta un senso di vuoto: il senso che davvero, tra un tè pomeridiano e un futile discorso, l’Italia ormai si sia rovesciata, come la definiva Grillo dedicando a Giuseppe Gatì gli auguri di inizio anno. Lo stesso Grillo gli ha dedicato il post, domenica, ma è anch’esso un post pervaso di vuoto, di smarrimento: come se nemmeno lui, l’infiammato per eccellenza, riuscisse a superare lo stordimento.

E però, il vuoto dura soltanto un attimo: perché se c’è una cosa che è chiara e imperativa, è che tutte queste morti non devono avvenire invano.

[tags]italia, sicilia, mafia, gatì, sgarbi, salemi, grillo, alfano, incidenti, morti bianche[/tags]

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lunedì 2 Febbraio 2009, 14:33

Perché sbattersi

Oggi, grazie a Punto Informatico, abbiamo lanciato una lettera aperta al Comitato antipirateria del governo (già citato l’altro giorno) per chiedere un po’ più di equilibrio, e in particolare studi adeguati, attenzione anche agli aspetti positivi della distribuzione digitale in rete, e il coinvolgimento anche delle associazioni e delle aziende di Internet. Io l’ho firmata per conto di NNSquad Italia.

Vedremo che succederà; nel frattempo sono rimasto senza parole, stamattina, nel leggere i primi commenti dei lettori di Punto Informatico. Metà dicono “tanto non serve a niente” (disfattismo) e l’altra metà “hanno firmato FIMI, dmin.it e Microsoft quindi tutti gli altri sono dei venduti” (paranoia). Ho sempre più ammirazione per le qualità morali del forumista italiano medio.

[tags]governo, pirateria, peer to peer, internet governance, nnsquad, italiani[/tags]

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domenica 1 Febbraio 2009, 14:08

La terra dei branchi

Ho apprezzato molto l’editoriale di Barbara Spinelli sulla prima pagina de La Stampa di oggi, intitolato Gli eroi non vivono in branco (era online stamattina sul sito ma l’hanno tolto, spero ricomparirà presto nel blog della Spinelli). In pratica sottolinea ciò che è evidente a tutti, cioé che la società italiana è ormai completamente balcanizzata, divisa in gruppi e gruppetti a cui ogni persona sente di appartenere, e che si pongono in antagonismo forzato sia verso gli altri gruppi che verso il concetto stesso di collettività.

L’Italia è da sempre il paese del tifo: invece di discutere civilmente e pietosamente sul conflitto tra israeliani e palestinesi e su come ricomporlo, ci si divide tra chi tifa per i primi e chi tifa per i secondi; e lo stesso per qualsiasi altra questione politica o sociale. Sempre più spesso, però, il tifo è assoluto: arruolandosi in una squadra si nega la legittimità stessa dell’altra, e ci si pone come obiettivo non la mediazione, ma la sconfitta assoluta dell’avversario.

Qualsiasi discussione, insomma, deve concludersi con la propria vittoria, con l’ottenere ragione completa, e con la sconfitta dell’avversario; se così non avviene, se un terzo osservatore o la collettività prendono un’altra via, si va automaticamente a concludere che essi sono stupidi, ignoranti o direttamente corrotti e in malafede.

E’ sintomatico come, in un paese dove (come riportato oggi dai giornali) “il numero di reati gravi per abitante è pari solo a quello della Bosnia”, si abusi ormai della parola “giustizia”: una parola che, per definizione, dovrebbe essere usata con misura e con ponderatezza, essendo sin dal principio coscienti dei limiti insiti nel suo stesso concetto. Ormai, invece, la parola “giustizia” viene soltanto più gridata: “Giustizia!”.

Non passa giorno che non inquadrino madri tremanti e amici rabbiosi che gridano “Giustizia! Giustizia!” – ed è chiaro invece che ciò che essi davvero gridano è soltanto “Vendetta! Vendetta!”. Ed è, perdipiù, una vendetta tifosa: non interessa a chi la grida alcuna misura di equità né tantomeno di prevenzione o di redenzione del crimine, interessa solo il ripristino delle gerarchie di potere, la prova ufficiale che “noi” abbiamo ragione e “loro” hanno torto, talvolta persino la prova ufficiale che “noi” siamo più forti e “loro”, pur avendo conseguito un temporaneo vantaggio mediante un ammazzamento o una prevaricazione, alla fine soccombono – e tanto meglio se la loro sconfitta è devastante e sproporzionata, come auspicano tutti quelli che reclamano la pena di morte o il pestaggio di piazza per gli scippatori o gli spacciatori di turno.

E’ ancora più preoccupante come la sostituzione mentale del sé-cittadino col sé-membro-del-branco abbia ormai contagiato le istituzioni. I casi di abusi da parte delle forze dell’ordine si moltiplicano, e ormai intere fasce sociali vedono i poliziotti come un nemico a prescindere, anziché come una entità sopra le parti. Cosa potranno pensare i senegalesi d’Italia, dopo l’episodio del poliziotto vicedirettore del locale Ufficio Immigrazione che ammazza a freddo il vicino senegalese perché gli dava fastidio che usasse anche lui il giardino condominiale?

E’ difficile, in un clima del genere e in un momento di crisi economica, pensare che la convivenza civile possa durare a lungo: inevitabilmente i vari branchi si scontreranno ogni qual volta vi saranno delle risorse in palio. Per evitarlo, sarebbe necessario rieducare gli italiani alla civiltà moderna; ammesso che vi siano mai stati educati.

[tags]italia, società, giustizia, politica[/tags]

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giovedì 29 Gennaio 2009, 22:41

Il mercato degli ingegneri

Intendiamoci, sono molto contento che si sia trovato il modo per salvare il posto di lavoro a 180 dei trecento e passa ingegneri del Centro Ricerche Motorola, alcuni dei quali sono pure amici. Sono contento anche perché Reply è una azienda torinese a cui bisogna fare tanto di cappello per i successi che riscuote, in cui lavorano altri amici, e il cui amministratore delegato Tatiana Rizzante è stata pure mia collega di attività sociali durante il Politecnico.

Resto però perplesso per le modalità, se sono quelle pubblicate dai giornali: in pratica, per assumere 180 persone, Reply riceve dalla Regione Piemonte e dal governo un contributo a fondo perduto (= regalo) di 20 milioni di euro, più finanziamenti agevolati per altri 5 milioni e una commessa da 10 milioni dalla Regione.

Anche considerando solo il fondo perduto, vuol dire che Reply riceve oltre 110.000 euro per ciascun dipendente ex Motorola che assume: in pratica, per almeno un paio d’anni Reply avrà a disposizione 180 lavoratori pagati da noi contribuenti, ma il cui lavoro sarà venduto e monetizzato dai soci di Reply. Insomma, messa così, pare un caso da manuale di socializzazione delle perdite e privatizzazione degli utili; Chiamparino e Bresso l’hanno fatto prima con Motorola e lo fanno ora con Reply.

Per certi versi è una buona cosa: se con questa spintarella Reply riuscirà a stabilizzare queste persone, ad espandersi, magari a conquistare mercato lontano da Torino e quindi a drenare denaro dall’estero verso di noi, ne sarà valsa la pena.

Esiste però – si è verificato tante volte in Italia in casi simili – anche lo scenario opposto: l’azienda sovvenzionata sfrutta i lavoratori finché non li deve pagare, poi li scarica alla prima occasione; nel frattempo, grazie al grosso vantaggio competitivo derivante dall’abbattimento dei costi del personale, elimina dal mercato locale i concorrenti, senza creare nuova ricchezza in città, ma semplicemente appropriandosi di quella altrui. Quanti ingegneri delle altre aziende ICT di Torino perderanno il posto in silenzio perché le loro aziende non potranno più competere con Reply? Spero nessuno, ma il rischio c’è.

Per non parlare dei 160 che non saranno assunti da Reply, e di quelli che avevano contratti a progetto che sono evaporati da un giorno all’altro già mesi fa: su di loro è già sceso il silenzio, per non turbare la bella figura dei politici cittadini. Eppure, da una parte le casse pubbliche sosterranno altre spese per ricollocarli, dall’altra perché qualcuno dovrebbe assumerli a condizioni più sfavorevoli rispetto ai loro colleghi?

Alla fine va bene così: tra tante sovvenzioni pubbliche che vanno in giro per l’Italia, meglio comunque se qualcosa arriva anche a Torino; ed è difficile dire “lasciate che il mercato faccia il suo corso”, quando di mezzo ci sono persone che conosci personalmente e che da mesi non dormivano la notte. Però, razionalmente, ho come il sospetto che queste nostre manovre tipicamente italiane, che fanno sì che in Italia di economia di mercato non ce ne sia praticamente mai, nel complesso ci facciano molto più male che bene.

[tags]motorola, reply, torino, ict, industria, sovvenzioni, mercato, economia[/tags]

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martedì 27 Gennaio 2009, 17:29

Giustizia italiana

Riemergo da due giorni di febbre per rammaricarmi: se non fossi stato malato, era già in preventivo il giro a Roma per partecipare alla manifestazione indetta dall’Associazione Familiari Vittime della Mafia a sostegno del Procuratore di Salerno Apicella (no, non il cantante berlusconale).

Ormai sparare sui giudici è di moda, per esempio quando agli imputati vengono concessi gli arresti domiciliari, o quando le pene sono troppo leggere (il che, tenendo conto del fatto che la pena media auspicata oggi dall’italiano medio per qualsivoglia delitto varia dalla morte alla castrazione chimica, vuol dire praticamente sempre). In realtà, in questi casi quasi mai è colpa del giudice, ma piuttosto del Parlamento che fa le leggi che i giudici applicano.

Si sa però che per l’attuale classe politica la giustizia malfunzionante è un triplo vantaggio: per prima cosa, permette di additare continuamente al popolo i giudici come insensibili, molli, iniqui, magari mostrando quelle belle scene di madri con la bava alla bocca per il desiderio di vendetta, che si rotolano e si strappano i capelli davanti alle telecamere maledicendo il giudice che ha dato “solo” trent’anni di galera all’imputato. Per seconda cosa, fomenta il clima di insicurezza nel paese, aumentando le richieste generalizzate di “ordine e disciplina”, che possono poi essere usate per manganellare qualsiasi forma di opposizione all’ordine costituito. Per terza cosa, dato che il nostro Parlamento è pieno di criminali o sospettati tali, permette personalmente di sfuggire alla galera e di continuare a corrompere, farsi corrompere e fare i propri comodi.

Succede però che qualche giudice si ostini a indagare sui potenti: come il famoso pubblico ministero De Magistris, che indagava sul ministro della Giustizia Clemente Mastella finché il suo capo (il procuratore generale di Catanzaro) non gli tolse l’inchiesta, e lo stesso Mastella ne chiese e ne ottenne il trasferimento a Salerno. Ma nell’inchiesta di De Magistris compariva buona parte del gotha politico italiano, di destra, di sinistra e soprattutto di centro (Comunione e Liberazione e Compagnia delle Opere: l’equivalente bianco delle coop rosse emiliane).

Qualche mese fa, l’ulteriore scaramuccia: i magistrati di Salerno indagano su quelli di Catanzaro, con il sospetto che quella “sottrazione di inchiesta” fosse appunto una manovra per impedire alla giustizia di compiersi. Scoppia la rissa tra le due procure; qual è l’esito? Su pressione dell’attuale ministro della Giustizia Angelino Alfano, il CSM sospende il capo della procura di Salerno, Apicella, e trasferisce alcuni suoi collaboratori; una punizione epica.

Se avete fiducia nelle nostre massime cariche politiche, potete pensare che giustizia sia stata fatta: questi magistrati arroganti e ficcanaso, che si permettevano di importunare alte cariche dello Stato, sono stati finalmente fermati. Adesso, poi, si metterà fine anche allo sconcio delle intercettazioni telefoniche, in modo che nessuno potrà più sentire Berlusconi che parla di soubrette o Fassino che esulta perché ha una banca (anzi no, Berlusconi lo sentiremo comunque perché ormai fa battute sessiste anche in pubblico: l’anziano che avanza).

Se invece tale fiducia non avete, penserete che poteva essere una nuova Mani Pulite, ma è stata troncata sul nascere; del resto, anche Borsellino fu messo sotto accusa da parte del CSM, quando cominciò a dire pubblicamente delle verità scomode su quel che succedeva all’interno della magistratura. Allora ci fu un’ondata di indignazione, oggi non frega più niente a nessuno; e il giudice Carnevale, quello che negli anni ’80 chiamava Falcone “quel cretino” e che trovava tutti i cavilli per annullare le sentenze contro i boss della mafia, ora è di nuovo in Cassazione, a cassare sentenze e referendum.

Purtroppo, questi sono i tempi che corrono; e i nostri blog sono sempre più pieni di stupidaggini e minuzie, e sempre meno parlano delle cose importanti. Non sono un magistrato, ma condivido le domande angoscianti poste da uno dei magistrati trasferiti da Salerno, Gabriella Nuzzi, nella sua lettera all’Associazione Nazionale Magistrati, quella che dei magistrati dovrebbe essere il sindacato e che invece è ormai un puro e vuoto centro di potere e di raccomandazione. Per questo mi spiace proprio non poter essere domani a Roma.

[tags]mafia, giustizia, magistratura, politica, de magistris, apicella, alfano, roma, falcone, borsellino, berlusconi, fassino, nuzzi, mani pulite[/tags]

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venerdì 23 Gennaio 2009, 12:27

Cinici e cinesi

Hanno suscitato un certo scalpore, in giro per il mondo, le immagini del processo agli industriali caseari cinesi responsabili dello scandalo del latte alla melammina, conclusosi ieri con due condanne a morte, una terza tramutata in ergastolo, e altre pene esemplari:

(potete anche leggere una selezione delle fonti italiane, di cui naturalmente una parte parla di latte alla melamina e la grande maggioranza di latte alla melanina).

Le immagini che hanno fatto scalpore, però, non sono quelle della condanna, ma di ciò che accadeva fuori: i genitori dei bambini colpiti che protestavano con cartelli davanti al tribunale. In termini cinesi, la loro era una protesta durissima: stavano fermi lì, organizzati in forma quasi regolare, sorreggendo dei cartelli nel modo più ordinato possibile (tenere i cartelli ad altezze diverse e non allineati sarebbe una mancanza di simmetria e di ordine, istintivamente repulsiva per un gruppo di cinesi). Per gli standard cinesi, è un evento: naturalmente è impensabile che questi marcino per le strade (perdipiù non irreggimentati a passo da militari) o gridino slogan ad alta voce, come sono abituati a fare i licenziosi occidentali; ma l’esistenza stessa di una protesta, nonché il fatto che venga ripresa dalle telecamere, è molto significativa.

E’ probabile che questa protesta sia stata permessa perché bisogna mostrare agli occidentali che la Cina prende lo scandalo del latte sul serio, e fa di tutto perché non si ripeta mai più. Comunque, resta un evento; un indizio che la Cina, piano piano, si sta occidentalizzando o che perlomeno sente la pressione del mondo in tal senso.

A questo proposito, siete liberi di scegliere se preferite un paese dove uno che coscientemente inquina il latte in polvere invalidando e uccidendo decine di bambini viene messo a morte, o un paese dove uno del genere sarebbe condannato a massimo una decina di anni di carcere, scontati di un terzo per il patteggiamento, poi beneficerebbe di una buonuscita, di un indultino e di ulteriori sconti per buona condotta, e dopo pochi anni sarebbe fuori; un paese dove, anche se a forza di fiato sul collo, le telecamere riprendono una protesta, o un paese dove (visto ieri sera zappando al TG1) nominano come gestore supremo dei musei nazionali l’ex grande capo di McDonald’s Italia, dopodiché gli danno tre minuti nel momento di massimo ascolto sul principale telegiornale pubblico per dire quanto sarà bella la managerialità applicata ai beni culturali, senza contraddittorio e con un giornalista che invece di fare domande chiosa tra l’una e l’altra, ad esempio così: “Ricordiamo ai nostri telespettatori che in Spagna il museo Guggenheim è la prima industria della città” (si è dimenticato di dire quale città, ma ai fini dell’indottrinamento è irrilevante).

Io, personalmente, preferirei una via di mezzo; ma il confronto è sufficiente per trovare il trattamento che i media italiani riservano alla Cina magari anche giustificato, ma soprattutto cinico.

[tags]cina, italia, informazione, latte, musei, mcdonald’s, resca, tg1[/tags]

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mercoledì 21 Gennaio 2009, 14:27

Tecnologia avanzata

Pochi minuti fa al TG1 (giuro che non lo guardo mai, è successo per caso) hanno intervistato, a margine di un convegno sul mitico digitale terrestre, il sottosegretario alle Comunicazioni Romani, il quale ha dichiarato che il digitale terrestre è importantissimo non solo perché permetterà finalmente agli italiani di “accedere all’alta definizione” (tette e culi ad altissima risoluzione!), ma perché “grazie alle funzionalità interattive, fornirà finalmente alle pubbliche amministrazioni la possibilità di offrire servizi tecnologicamente molto più avanzati ai cittadini”.

E io avrei voluto aggrapparmi al televisore per chiedergli: capisco che il digitale terrestre vi sia avanzato, ma signor sottosegretario, lei ha mai sentito parlare del World Wide Web?

[tags]italia, politica, comunicazioni, romani, televisione, digitale terrestre, web, pubblica amministrazione[/tags]

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domenica 18 Gennaio 2009, 11:29

Vergogna e diritti

Oggi è giorno di partita e, sui forum granata, è scoppiato il “caso vergogna”.

Il caso è nato quando in settimana i gruppi della curva Primavera, dopo la deludente prestazione di sabato scorso a Genova, hanno chiesto il permesso di esporre il seguente chilometrico striscione: “Quarti d’ora, maniche rimboccate, pugni chiusi, sedie alzate al cielo, la nostra gloria… voi la nostra vergogna!â€.

Personalmente vado controcorrente e aggiungo che non condivido lo striscione: non c’è nulla di vergognoso nel perdere, anche male. La vergogna, questa sì, può esservi quando questi ragazzotti plurimiliardari fanno i capricci, saltano gli allenamenti, fanno la fronda all’allenatore, finiscono vittima delle proprie bravate, scommettono sulle proprie partite, smettono di giocare per essere venduti a una squadra che gli aggrada di più (e queste cose nel calcio sono comunissime). La vergogna, più ancora, è istruire la propria squadra a fare continue sceneggiate in campo per perdere tempo, è pagare i giocatori quindici milioni di euro l’anno, è finire in serie B per illecito sportivo (e per fortuna queste cose al Toro non si sono ancora viste).

Nel caso si perda perché si è semplicemente scarsi, non vedo vergogna; né si può pretendere che una squadra come il Toro di questi anni non infili in una stagione parecchie brutte sconfitte, o indignarsi per esse. Al contrario, forse iniettare un po’ di fiducia nell’ambiente potrebbe rivelarsi più utile.

La vergogna maggiore, però, è il motivo per cui quello striscione non si farà. Le attuali regole prevedono che tutte le bandiere e tutti gli striscioni non minuscoli debbano essere sottoposti con una settimana d’anticipo a una doppia approvazione: quella della Questura della città dove si svolge la partita, e quella della società ospitante.

In pratica, qualsiasi richiesta che contenga una qualsiasi espressione di opinione, anche se priva di insulti e di riferimenti violenti, viene regolarmente respinta. In questo caso, poi, la bocciatura non è stata imposta dalla Questura, ma (pare) dallo stesso Torino FC, per impedire la contestazione. Come dicevo, penso anch’io che esporre quello striscione sarebbe stato un errore; ma che senso ha che i contestati possano vetare la contestazione dei tifosi?

Lo stadio di calcio ormai è un luogo speciale, dove tutti i diritti civili sono sospesi a prescindere. Il principio base dello Stato di diritto – che ognuno è innocente fino a prova contraria – viene ribaltato solo per i tifosi, che per entrare devono identificarsi, farsi perquisire in ogni modo e dimostrare di non avere cattive intenzioni. Alle volte non basta: già vi parlai del Sampdoria-Torino del febbraio 2001 (ben prima della morte di Raciti) in cui, in risposta alle intemperanze di un gruppetto, tutti gli oltre mille tifosi furono trattenuti dentro lo stadio fino all’una di notte, identificati, fotografati, e successivamente almeno cinquecento di loro, scelti non si sa come, vennero diffidati, compresi donne e anziani che sicuramente non c’entravano niente. Alcuni di questi, solo per aver assistito a una partita senza fare niente di male, ebbero problemi sul lavoro, furono rifiutati come volontari per le Olimpiadi, furono fermati e rifermati e trattenuti per controlli in ogni occasione successiva.

C’è chi sostiene che, per la Questura di Genova, quel Sampdoria-Torino fu una prova tecnica per il G8, che si sarebbe tenuto di lì a pochi mesi. Infatti, gli ultras sono una minoranza che contiene numerosi violenti e che aggrega in certe città (Napoli in primis) tutta la feccia delle periferie, ma che è stata criminalizzata a tal punto da essere perfetta per le prove di repressione e di regime; repressione che viene poi applicata tale e quale a tante altre forme di dissenso, alle tante manifestazioni di piazza sgradite al potere (dai No Tav agli studenti in piazza Navona pochi mesi fa). Ed è inquietante la totale somiglianza tra la morte di Carlo Giuliani e quella di Gabriele Sandri; l’agente Spaccarotella che uccise Sandri, stando alle testimonianze dei presenti e in particolare di una turista giapponese, si fermò, prese la mira e sparò ad altezza nuca attraverso l’autostrada; e se Giuliani era nel mezzo di un tafferuglio, quando Sandri fu colpito stava andando via, e tutto si era calmato. Quanto in questi casi c’è di iniziativa personale, e quanto c’è di forze dell’ordine sovreccitate e gasate per cultura o per scelta dei propri superiori?

Frequentare gli stadi, specie in trasferta, fa bene: ti apre un mondo, ti aiuta a capire che non è tutto bianco o tutto nero, che sia tra gli ultras che tra i poliziotti ci sono brave persone e persone meno brave, gente tranquilla e gente violenta, alcuni comprensivi e altri prepotenti, alcuni altruisti e altri egoisti; e che l’antipatia che molti portano per le forze dell’ordine non si basa su rifiuti ideologici o sulla propensione a delinquere, ma su episodi di discriminazione o di violenza subiti senza motivo, per aver incontrato il poliziotto sbagliato.

Del resto, sarebbe possibile eliminare la violenza nel calcio con qualche azione mirata alle poche persone che ancora la praticano, proprio come si potrebbe fare molto contro la criminalità legata all’immigrazione con interventi mirati e pene severe; ma è più conveniente non farlo, per alimentare nell’italiano medio un clima di paura, che poi giustifica ulteriori manganelli e ulteriori criminalizzazioni, finalizzate alla conservazione del potere, e che in futuro potrebbero venire dirette anche contro di noi. Tutte le volte che ci viene istintivo auspicare cariche e repressioni, è bene che questo pensiero ci venga in mente.

[tags]censura, diritti civili, calcio, ultras, immigrazione, violenza, polizia, repressione[/tags]

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venerdì 9 Gennaio 2009, 10:57

Nevica, cittadino ladro

Mentre riprendo la via della Liguria, chiudo questo trittico di post con un’ultima considerazione.

Da giorni, a Torino (ma anche a Milano…) infuriano le polemiche: praticamente tutti i cittadini, di qualsiasi ceto, cultura e credo politico siano, si lamentano per la scarsa preparazione e per l’inefficienza delle istituzioni nell’affrontare la nevicata.

La novità che mi ha fastidiosamente colpito è stata però che stavolta le istituzioni hanno risposto: essendo risultate inutili a calmare gli animi le solite interviste e le scuse più o meno credibili degli amministratori, il giornale cittadino – una istituzione in sé – pubblica con evidenza un editoriale di Gabriele Ferraris in cui, letteralmente, si prendono per il culo i cittadini che si lamentano.

Io sono incerto: da una parte concordo anch’io che molti cittadini si siano fatti prendere impreparati, non abbiano ottemperato ai propri doveri di spalare marciapiedi e garage (o non sapessero nemmeno di averli), non si siano minimamente adattati alla situazione e si siano infuriati a sproposito contro la prima autorità che capitava. Però mi ha dato molto fastidio leggere un editoriale in cui si dà per scontato che non ci fosse nulla di cui lamentarsi, che tutto sia stato fatto alla perfezione e che le proteste siano solo qualunquismo di madame schizzinose e studenti svogliati.

Mi sembra, quella sì, una forma di qualunquismo alla rovescia, da cui traspare tutto il fastidio che le istituzioni (non solo il sindaco e gli altri amministratori, ma evidentemente anche il giornale cittadino) provano per questi loro elettori e clienti che non si rassegnano a prendere in silenzio quel po’ di servizi sempre più singhiozzanti e scadenti che vengono loro graziosamente elargiti, e “fa’ che ‘t n’abie”. Sembra un po’ che, dopo anni di critica generalizzata alla politica, la politica reagisca con una critica generalizzata ai cittadini, dimostrando apertamente che li vuole soltanto zitti e sudditi, e che la loro eventuale faciloneria va benissimo quando si tratta di cavalcarla per farsi votare, ma va meno bene quando si ritorce contro i politici una volta che, giunti al potere, non hanno più bisogno dei voti.

[tags]maltempo, neve, torino, istituzioni, politica, cittadini, la stampa, informazione[/tags]

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mercoledì 7 Gennaio 2009, 19:54

Nevica, usate l’auto

Entro stasera dovevo tornare a Torino, causa un impegno di lavoro domani mattina.

Il mio piano originale era di tornare in auto, per poi tornare a Diano Marina in treno per il weekend. Tuttavia, vista la situazione meteo, ho pensato che fosse più comodo e sicuro fare l’opposto: lasciare l’auto in Liguria fino a domenica, e fare il giro a Torino in treno.

Non l’avessi mai pensato! Innanzi tutto, i collegamenti offerti da Trenitalia tra Diano Marina e Torino (circa duecento chilometri che, in condizioni normali, in auto si percorrono in meno di due ore) richiedono da orario tra le quattro e le sei ore. C’è un solo treno diretto al giorno, che ci mette quattro ore e quattro minuti. Negli altri casi, la scelta è tra usare una coppia di Intercity cambiando a Genova e passando da Alessandria (!), oppure andare fino a Taggia per prendere la storica linea del Tenda via Cuneo, mettendoci generalmente tra quattro ore e mezza e cinque ore e un quarto.

Sono andato stamattina in biglietteria a Diano Marina, e il ragazzo allo sportello, con un bell’accento ligure, mi ha totalmente dissuaso dal pensare a prendere il treno: persino i regionali che percorrono solo la costa avevano da una a due ore di ritardo.

Da sempre, uno dei vantaggi competitivi del treno è quello di essere poco ostacolato dal cattivo tempo: il traffico è già regolato, il treno non può scivolare e sbandare, per pulire i binari se la neve è alta ci sono gli spazzaneve su rotaia, e bisogna al massimo controllare che non gelino gli scambi. Da sempre, tutte le volte che c’è maltempo, si susseguono gli appelli ad usare il mezzo pubblico.

Eppure, alla fine io mi sono preso la mia macchinina e, facendo un bel po’ di bolina sui viadotti dell’Autofiori, e subendomi la solita bagarre dietro gli spazzaneve sull’Appennino, sono arrivato tranquillamente a Torino in due ore e mezza; avessi preso il treno, probabilmente avrei dormito sul Tenda. Ma non è deprimente?

[tags]treno, auto, traffico, trasporti, neve, maltempo, trenitalia[/tags]

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