M come merdamonio
Vi devo confessare, con un po’ di vergogna, che oggi la mia partecipazione a questo matrimonio è stata decisamente da dimenticare.
Non credo che serva farne un lungo racconto; forse può bastare qualche highlight in collegamento dallo studio. Come quando stamattina verso le cinque, non riuscendo più a tenere a bada i miei fantasmi, ho capito che l’unico modo per dormire ancora un po’ era una sorsata del vino del Lidl; oppure quando in chiesa, mentre la messa era già sulla via del decollo, mia mamma mi ha inseguito e strattonato per presentarmi una ragazza con cui secondo lei dovrei fidanzarmi, nonchè i di lei genitori, e di cui mi stava “casualmente” parlando da settimane. Inutile dir che io, preso in questa specie di commedia di Gilberto Govi cinquant’anni in ritardo, non ho potuto far altro che spallucce; a quel punto, anche mi fosse stata presentata Nicole Kidman sarebbe stato uguale. Ma un bel “FATTI I CAZZI TUOI” gridato forte verso mia mamma è comunque uscito qualche tempo dopo.
Peggio ancora il pomeriggio, in cui, relegato a un tavolo con i miei colleghi di lavoro, due quindicenni, e una ragazza simpatica su cui si è subito avventato il mio collega baccaglione, la conversazione si è rivelata frizzante come un elenco del telefono, e la mia unica compagnia è stata la bottiglia dell’Arneis. Dopo un po’, avendo esaurito sia la capienza alcoolica che la presenza di spirito, ho dovuto escogitare altri strumenti; prima un lungo giro alla toilette, appena in tempo per perdermi i primi; poi una seduta meditativa sul portico, a guardare il panorama lontano di Mondovì, e calcolare mediante le formule di fisica del liceo quanto tempo avrebbe impiegato un corpo di dimensioni approssimativamente simili al mio a cadere giù dal ponte ferroviario (Mondovì, simbolicamente, sarebbe un posto adatto per morire).
Quindi ho dormito un po’ con la faccia sul tavolo, sono tornato dentro in tempo per agganciare i secondi, ma in breve il sonno, aiutato dal Barbera, l’ha di nuovo avuta vinta; e ho appena avuto il tempo di accorgermi brevemente delle risate generali, e di realizzare quindi l’elevata densità di stronzi in sala. Non volendo affatto seguire il mio istinto e spaccare la faccia a qualcuno degli altri invitati, ho preferito andare a dormire all’esterno, su una panchina; cosa abbastanza inutile, perchè i saccenti impaludati si sono presto espansi anche là . Quindi, al risveglio, ho semplicemente deglutito il San Simone e atteso l’inevitabile fine.
Ad ogni modo, si trattava di un matrimonio misto celebrato da un prete giovane, e la messa è risultata per questo molto simile a un talk show; non mi avrebbe sorpreso l’arrivo improvviso di Maria de Filippi per intervistare gli intervenuti a proposito del senso della vita. Eppure, anche in questo caso il prete non si è risparmiato tutte le ipocrite sparate sull’amore dono del Signore e su tutte le meravigliose conseguenze di tutto ciò; e se una parte di me vorrebbe poterci credere ancora, la mia esperienza di vita mi ha insegnato a non fidarmi più.
Più ho amato, e più sono stato ferito, sfruttato, ingannato, usato senza pietà ; e che ciò sia stato fatto per calcolo o più facilmente per inesperienza, poco cambia il risultato. Più ho avuto bisogno di aiuto, e meno l’ho avuto dalle persone a cui ho dato; mentre invece ne ho avuto da persone a cui probabilmente non ho mai restituito abbastanza, a dimostrazione del fatto che le relazioni umane sono per definizione inique e dolorose.
Forse la morale che ne devo trarre è che l’amore non esiste, e che ognuno di noi deve badare innanzi tutto, con sommo cinismo, agli interessi e ai desideri propri. O forse è che (pur con tutta la sincera contentezza per chi è così fortunato da poterne godere) non devo più accettare inviti a matrimoni.