Notti arabe (elettroniche)
Come sapete, ho passato tutta una settimana in terra araba, nella città delle mille e una notte; un luogo affascinante e pieno di suggestioni (di cui vi devo ancora raccontare, se non fosse che ho così tante cose da dire che probabilmente a scriverle ci metterei troppo).
E, parlando di suggestioni, ce n’è una che mi è rimasta in testa per tutta la settimana, come un filo conduttore. Alle immagini notturne di Marrakech, difatti, la mia mente ha associato con insistenza e senza indugio alcuno uno dei primi giochi per computer che abbia mai avuto, il mitico Arabian Nights per Commodore 64.
Si trattava di un gioco eccezionale ed affascinante, che nell’anno del signore 1984, passato dalla vecchia console Intellivision al nuovo fiammante C=64, diventò subito un mito. In sè, il gioco era semplice; si trattava di un platform in cui bisognava saltare da una parte all’altra dello schermo, evitando mostri ed ostacoli vari, per raccogliere le lettere con cui formare la parola ARABIAN. Era però arricchito da alcuni particolari straordinari: la grafica arabeggiante e bellissima, che a noi bambini faceva sognare; il primitivo text-to-speech (praticamente incomprensibile, tanto che ci avevano messo i sottotitoli) con cui una voce computerizzata presentava i livelli; e l’eccezionale musica, in cui Chris Cox (uno dei più quotati compositori dell’epoca) riarrangiava la Sherazade di Rimskij-Korsakov in quella che resta una delle pietre miliari della musica per C=64.
Il problema era che il gioco, viste le limitate capacità del C=64, non poteva avere più di tot quadri; e quindi, era per forza difficilissimo! Ricordo giorni e giorni passati a provare senza successo ad andare avanti, arrivando al massimo al secondo o terzo quadro; e una certa intensa frustrazione, superata però senza problemi grazie al senso esotico di meraviglia che il gioco generava. Del resto, beffardamente, il gioco i quadri te li faceva vedere tutti, come demo, uno dopo l’altro; e finivo spesso per guardare quel film di edifici arabi e mostri misteriosi, immaginando di poterci un giorno arrivare anche io.
Pertanto, questa settimana, mi sono messo all’opera; ho scaricato l’ultima versione di VICE, ho trovato il disco con il gioco, e ho provato a giocare. Sul mio iBook girava, ma giocare con la tastiera di un portatile era praticamente impossibile; e così, mi ci sono messo stamattina, sul fisso di casa. Visto a doppia dimensione su un plasma a 42 pollici, con un impianto stereo 5.1, e un segnale audio digitale a 96 kHz, e insomma con tutte le diavolerie elettroniche che vent’anni fa non potevamo nemmeno immaginare, il gioco è ancora bellissimo, e la musica è ancora eccezionale.
Bene, ho pensato, adesso sono adulto, con vent’anni di esperienza coi computer: finalmente riuscirò ad andare un po’ avanti in ‘sto gioco. E invece no: porco cacchio, non sono riuscito nemmeno ad arrivare al secondo quadro, fallendo miseramente e in molti casi in modo ridicolo… Poco male: vorra dire che aspetterò altri vent’anni, e riproverò quando ne avrò cinquanta!