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sabato 11 Novembre 2006, 16:40

Elogio della censura consapevole

Sono sicuro che il film di Borat, appena uscito con gran successo nei paesi anglosassoni, è divertentissimo. Seguo gli sketch di Baron Cohen da tempo, tramite amici che vivono in Inghilterra, o tramite la rete. Avevo visto in diretta l’apparizione di Borat agli MTV EuroAwards di un anno fa, spanciandomi dalle risate. (Per i pochi che non lo conoscono, Baron Cohen è un comico inglese di grande successo, in particolare con i personaggi di Ali G, un rapper nero e coatto, e appunto di Borat Sagdiyev, un ingenuo e volgare giornalista del Kazakistan alla scoperta dell’Occidente.)

Il film è basato su una serie di “candid camera” in cui Borat raggira americani di ogni genere, da politici e star televisive fino all’uomo della strada, con una serie di comportamenti provocatori, battute razziste, sessiste e omofobe, volgarità di ogni genere, presentate come il normale comportamento dei kazaki. Per questo le esibizioni di Borat provocano regolari proteste diplomatiche del governo di Astana; difatti i kazaki – che sono, tra l’altro, uno dei popoli più variegati dell’ex Urss – vengono rappresentati come una schiatta di bifolchi ignoranti, arretrati e maschilisti, che vivono come bestie, e i cui vanti secondo Borat sarebbero “le prostitute più pulite di tutta l’Asia Centrale” e la bevanda nazionale a base di piscio di cavallo (vedi il trailer). Eppure, in Occidente Borat è un idolo dei giovani.

Bene, dunque? Voi sapete che io ho sempre un’opinione su tutto, ma questo film mi ha spiazzato. Non riesco a capire se è una intelligente provocazione contro l’ignoranza degli americani, o una squallida operazione commerciale per fare dei soldi schernendo un popolo remoto e rinforzando pregiudizi di vario genere. Non riesco a capire se farà del bene al Kazakistan, costringendolo a confrontarsi con la propria immagine internazionale e insieme promuovendolo agli occhi del mondo, o se diventerà un tormento decennale per qualsiasi kazako all’estero. E così, mi sono chiesto se dovremmo esaltarlo, o censurarlo del tutto, come si apprestano a fare la Russia e tutti i paesi dell’Asia Centrale.

Il confine tra libertà di espressione e licenza socialmente inaccettabile è sempre molto difficile da tracciare, perchè si sposta con l’evoluzione della cultura di ciascuna società; è sempre successo e sempre succederà che vi siano individui che rompono le regole e spostano i confini, ma anche che pagano questa scelta con l’ostracismo, magari per essere rivalutati a posteriori. L’errore sta nel pensare che tutto questo sia ingiusto, anzichè naturale, e che possa non esserci un confine, insomma che libertà di espressione significhi che qualsiasi espressione è lecita.

Si tratta di una questione di principio piuttosto seria, perchè rappresenta forse il principale elemento di incomprensione tra la cultura occidentale e quei due mondi, quello islamico e quello asiatico centrale e orientale, che sono i soli nella storia a non essere stati culturalmente colonizzati a forza dagli europei, e che includono però quattro dei sei miliardi di esseri umani.

Solo nella nostra cultura, e solo negli ultimi quarant’anni, è stato progressivamente abolito il cosiddetto senso del pudore collettivo, ossia l’idea che esistano argomenti, comportamenti ed opinioni che deve essere vietato esporre in pubblico. La facilità con cui si parla e si mostra il sesso in pubblico, che per la nostra società occidentale è una conquista libertaria di cui andare fieri, per il resto del mondo è una barbarie cruda e offensiva. La volgarità, la blasfemia – intesa non come offesa a un dio, ma come mancanza di rispetto per le convinzioni religiose di altre persone -, l’aggressività diretta a chi la pensa diversamente – con tanto di risse – che occupano in permanenza la nostra TV, che noi magari deploriamo ma che poi guardiamo con divertimento o comunque come una libertà tollerabile, ci rendono lascivi, perversi e depravati agli occhi di altre culture, che non hanno nessuna intenzione di adeguarsi.

Questo genere di comportamenti è tutto intorno a noi. In alcuni casi scatta ancora un po’ di deplorazione, come nel caso del videogioco in cui bambine di pochi anni seppelliscono viva una coetanea, recentemente assurto all’onore delle cronache; in altri, non è ammesso nemmeno porre il problema.

L’altra sera, ad esempio, ho assistito a uno spettacolo teatrale (peraltro molto bello) intitolato Elogio della sbronza consapevole, in cui per novanta minuti si spiegava quant’è bello e poetico ubriacarsi volontariamente; la semplice espressione di un dubbio sul fatto che fosse giusto proporre un messaggio del genere (perdipiù finanziato con soldi pubblici) ha provocato imbarazzo, risate di scherno, accuse di bigottismo o tout court di fascismo. Come se l’artista, pur di fare uno spettacolo di successo, avesse il diritto di fregarsene delle conseguenze sociali ed umane del proprio lavoro; come se si potesse assumere che tutti gli spettatori siano in grado di elaborare criticamente il messaggio, in una società di bambini precocemente esposti ai media e di adulti ignoranti ed eternamente immaturi.

Nel caso di Borat, vediamo alcune di queste conseguenze. Gli zingari in Germania hanno protestato per le battute razziste nei propri confronti e hanno ricevuto indietro sonore pernacchie. Alcune delle persone raggirate nel film hanno perso il lavoro e talvolta la fiducia in se stessi. Una bambina kazaka di sette anni, adottata in America, è scoppiata in lacrime sentendo Borat definire il Kazakistan in TV come “un paese da cui nessuno vorrebbe adottare un bambino”.

Tutto questo, a che pro? Borat non fa scherno dei razzisti per contestare il loro razzismo, come sosterrebbero i cultori della “libera espressione”: Borat dileggia chiunque, sia i razzisti che le vittime del loro razzismo, dall’americano medio al kazako medio passando per donne ed ebrei. Egli è un antisociale che se la prende con tutti, probabilmente per sentirsi superiore: un perfetto esempio di persona priva di empatia e di rispetto per gli altri, in un mondo che ha un disperato bisogno di costruire una cultura di rispetto reciproco della diversità, per riuscire a sopravvivere tutti insieme senza spararsi addosso. Una persona del genere andrebbe curata, non certo messa sugli schermi di tutto il mondo come modello di comportamento.

Il problema fondamentale è che in una cultura priva di valori etici e in cui lo scopo della vita di molte persone è più o meno esplicitamente l’arricchimento economico, qualsiasi cosa diviene lecita pur di fare soldi: anche il cosiddetto principio di Paris Hilton, per cui, dato che l’importante per vendere è che se ne parli, e che la violazione del senso del pudore fa sicuramente parlare la gente, si può costruire una fortuna economica sulla violazione del senso del pudore: sulla volgarità, sul sesso esibito, sulla blasfemia, sul razzismo, sull’aggressione verbale verso gli altri, sul prendere in giro i più deboli.

So di dire una cosa che va profondamente contro la nostra cultura, ma del fatto che questo comportamento debba essere permesso dalla legge, o che questo renda arretrate e bigotte le società che invece lo puniscono duramente, non sono affatto convinto. Sono invece sicuro che Voltaire, quando disse di essere disposto a morire per permettere l’espressione delle idee altrui, non si riferiva affatto a tutto questo.

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9 commenti a “Elogio della censura consapevole”

  1. sciasbat:

    Azz… Ma ci deve proprio essere un fine per tutto? Borat non fa ridere, fa sbellicare e Cohen è un vero genio dell’anti politically correct (con Ali G, Borat e Bruno mette a nudo tutti gli stupidi conformismi cui siamo soggetti). Ciò mi basta e quando ci mettiamo a fare troppe seghe mentali sopra non siamo troppo differenti da tutti quelli che, istigati da lui, ci cascano e si mettono a cantare “butta l’ebreo nel pozzo” in un pub o gli spiegano come investire gli zingari con un SUV. Certo, se prendesse solo in giro quei bifolchi ignoranti degli americani, senza toccare tutte le povere minoranze, sarebbe molto più accettabile per noi benpensati. Invece Cohen è un terribile figlio di puttana, maledettamente bravo, tanto bravo da riuscir a reggere bene il ruolo di “solo contro il mondo”. Ho visto Borat, il film è raccapricciantemente ridicolo e dal mio punto di vista ne escono male solo quelli che hanno detto quello che effettivamente pensavano. Tutti gli altri presi per il culo ne escono male solo nel momento in cui non reggono il gioco, come i kazaki che se la prendono. Se avessero risposto con una dichiarazione del tipo “il piscio di cavallo non è più la nostra bevanda nazionale da quando quegli stronzi degli uzbeki ci hanno rubato i cavalli”, la situazione sarebbe chiusa, i kazaki avrebbero fatto un figurone e Borat sarebbe più un film e meno un caso. Invece chi lo denuncia fa il suo gioco e fa correre un rischio al mondo: Borat 2. Sì, perché Borat m’ha divertito, ma mi ha fatto giungere anche alla saturazione del personaggio. Cohen, infatti, per tenere fede alla proprio genialità, ora deve inventare qualcosa di nuovo.

  2. Massimo Manca:

    Più che altro, il povero (povero davvero) Kazakistan è messo in mezzo in modo un po’ pretestuoso. Probabilmente lo stesso effetto si sarebbe potuto ottenere inventandosi un paese ex-novo, come la mitica Croda dei Gemelli Ruggeri.

  3. BlindWolf:

    Sinceramente non ho mai visto le gag di Borat (la televisione praticamente non la guardo) ma la mia considerazione è la seguente: se la caratteristica del tuo modo di fare spettacolo è la scorrettezza politica a tutto spiano dai per scontato che le tue “vittime” si incazzino, polemizzino, ti contestino, ecc. Fa parte del gioco (e dell’ulteriore promozione). Se Cohen avesse preso in giro una nazione immaginaria (anche se sempre un’ex repubblica sovietica dell’Asia centrale) avrebbe probabilmente ottenuto solo un decimo del successo attuale e fuori dell’Inghilterra sarebbe famoso come i Gemelli Ruggeri fuori dall’Italia.

    Commento la frase “Non riesco a capire se è una intelligente provocazione contro l’ignoranza degli americani, o una squallida operazione commerciale per fare dei soldi”: una cosa non esclude l’altra :-).

  4. vb:

    Sì, quella di essere esclusivo è un residuo del mio passato triste :)

    Io non sono mai stato un amante del politically correct, soprattutto quando si riduce stupidamente a pura forma, cioè invece di prenderti per il culo perchè sei handicappato, ti prendo per il culo perchè sei diversamente abile.

    Allo stesso tempo, il politically correct serve a stabilire un livello minimo di rispetto reciproco; se violarlo in parte per trasmettere un messaggio può essere una provocazione intelligente, violarlo continuamente e ogni minuto solo per far gara a chi è il più provocatorio equivale a fare i bulli di terza media che per sentirsi fighi fanno a gara a chi imbratta di più i muri della scuola. Non è nè intelligente nè intellettuale, è semplicemente becero e cattivo.

  5. sciasbat:

    Ma sta violando il politically correct? Chi lo critica dovrebbe farsi questa domanda: quando in mezzo a della popolazione “normale” mi metto a fare delle battute antisemite per vedere le reazioni, cosa sto facendo in realtà? Per me un ingegnoso esperimento di psicologia applicata (questo per fare da contraltare ai giornali che lo criticano come comico becero che fa solo battute contro le minoranze)

  6. vb:

    Mah: ho il dubbio. Se poi prendi le battute, le spari su schermi grandi e piccoli dove metà del pubblico non afferra il tuo ingegnoso esperimento e comincia a ripetere i tuoi tormentoni a pappagallo, e nel frattempo ti fai i miliardi…

  7. sciasbat:

    L’ho scritto che è un gradissimo figlio di puttana… Cmq mettiamola così: il giorno in cui faremo una censura a prova di idiota significherà che anche il buon senso comune non alloggia più fra noi.

  8. Bruno:

    Borat è divertentissimo. Questo tuo post, mio caro VB, è forse un’audacissima trollata?

  9. .mau.:

    Se poi prendi le battute, le spari su schermi grandi e piccoli dove metà del pubblico non afferra il tuo ingegnoso esperimento e comincia a ripetere i tuoi tormentoni a pappagallo, e nel frattempo ti fai i miliardi…

    sei uno che ha capito tutto dalla vita. Buon per lui. I miei soldi non li piglierà, ma tanto non ci perde molto.

 
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