Poste
Oggi ho avuto un incontro ravvicinato con le Poste che merita di essere raccontato.
Dovendo inviare una raccomandata e pagare un bollettino, mi sono infatti recato all’ufficio postale vicino al mio ufficio, quello di via Stradella angolo via Sospello. Si tratta del classico ufficio postale di periferia, quello dove si realizza l’incontro perfetto: una manciata di impiegate imbranate, pigre e permanentemente incazzate a servire un’accolita di vecchietti che utilizza l’ufficio postale come centro d’incontro (alle volte li vedi pagare un bollettino e poi rifare la coda per pagare il secondo, per stare lì ancora un po’ e non dover tornare a casa a star soli, poveri).
Il problema è che, quelle rare volte in cui in uno di questi uffici entra un essere umano, egli viene colto dalla spiacevole sensazione di essere piombato dentro Il ritorno dei morti viventi, o in un universo parallelo del quale non sospettava l’esistenza.
Oggi sono arrivato circa alle 13, e l’ufficio postale straboccava di gente: prevalentemente vecchietti, ma anche un paio di esseri umani, con cui abbiamo subito solidarizzato. Dall’altro lato del vetro c’erano effettivamente tre postali tipici: donne con una età superiore al quoziente intellettivo. Io ero comunque fortunato, in quanto la coda all’unico sportello dedicato alle raccomandate era solo di cinque persone, mentre quella per i bollettini era oceanica.
Peccato che allo sportello ci fosse un vecchietto che stava spedendo pacchi di Natale in ritardo, in luoghi che come parte dell’indirizzo avevano stringhe che suonavano come “su pirru”, “sa puzzetta” e “sas perdas de lupu”, o cose così: insomma ci son voluti dieci minuti per smaltire solo lui. Nel frattempo è arrivata in fondo alla fila una signora con un pacco da spedire; l’impiegata la squadra e le fa “Eh no, scusi, non può arrivare con un pacco così tardi!” La signora è basita, visto che manca ancora mezz’ora alla chiusura, ma l’impiegata sbuffa e decide autonomamente che deve farla passare davanti a tutti, se no poi il pacco non partirà .
A questo punto arriva allo sportello un tizio che deve inviare cinque raccomandate; si fa dare i cinque foglietti e comincia a compilare, visto che per inviare una raccomandata è ancora necessario compilare vari rotoli di papiro egizio di diverse forme e dimensioni. Egli invita quindi il signore successivo a passare allo sportello, mentre lui compila; peccato che l’impiegata di cui sopra risponda con tono incazzato che lei sta già servendo qualcuno (cioè il tizio che scrive). Al suggerimento che forse si può ottimizzare e sveltire la coda gestendola in parallelo, lei non risponde, ma si mette a riordinare pile di carta e di pacchi sul fondo dell’ufficio; e poi ci dice che così si mette avanti col lavoro, se no le tocca restare mezz’ora dopo l’orario di chiusura (ossia uscire da lavoro ben alle 14,30). Io subito penso che comunque la coda si accumula, per cui è semplicemente un modo per far aspettare di più la gente in coda, che però andrà poi servita; poi penso meglio e realizzo che, come ho fatto io tante volte, se c’è troppa coda la gente non entra nemmeno, quindi così facendo l’impiegata si libera di un po’ di potenziali clienti.
A questo punto ci godiamo anche la scena di due vecchietti che arrivano, dopo quaranta minuti di coda, allo sportello a fianco, e chiedono di aprire un libretto di risparmio. L’impiegata di quello sportello fa una faccia scandalizzata, e dice: “Ma no! Signora, ma non vede quanta gente? Aprire un conto è un’operazione lunga, non possiamo farla adesso! Torni domani mattina all’apertura, alle 8 – 8,30 al massimo!” E io penso dove altro nel mondo potrei vedere una istituzione finanziaria che riceve un nuovo cliente che vuole depositare dei soldi e lo manda via sgarbatamente…
Per chiudere in bellezza, quando io finalmente sono allo sportello arriva una signora africana piuttosto anziana, si infila nella coda, batte sullo sportello e dice testualmente: “Io qui per polizia!”. Si capisce poi che non vuole il permesso di soggiorno, ma è stata mandata (non so da quale subappaltatore di subappaltatori) per fare le pulizie nell’ufficio. La risposta dell’impiegata è la seguente: “Non c’è il direttore, vada via, torni domani!”. La signora africana non capisce bene, dice che lei deve lavorare. L’impiegata insiste, chiede alla collega “Vogliamo pulire l’ufficio?”, la collega dice di mandarla via, e così urla alla signora “Vada via, vada via!”. La signora non capisce. Alla fine in due o tre ci offriamo di mediare, e spieghiamo alla signora che per qualche motivo non la lasceranno entrare a pulire, e che lei dica pure che il lavoro l’ha fatto. A quel punto l’impiegata urla ancora “Torni domani!”, e la signora – che magari vivrà a un’ora di bus di distanza da lì – chiede “Che ora?”. L’impiegata non risponde. Allora lo chiedo io, e la risposta è “Che venga quando vuole, cosa importa a me.”
E io mi chiedo perché in Italia non si possa finalmente abolire il divieto di licenziare la gente, specialmente nel settore pubblico; o in alternativa, come si sarebbe dovuto fare con Alitalia, trovare il modo di far fallire le Poste.
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