Suzukimaruti e la sindrome di Gabriella
Stamattina, leggendo la mia quotidiana sfilza di blog, sono rimasto affascinato dall’ultimo post di Enrico aka Suzukimaruti. Premetto che Enrico è un amico da oltre quindici anni, e anche se negli ultimi dieci ci siamo frequentati poco, quella polvere di ciclostile che ci ha ricoperto mentre facevamo insieme il giornalino del liceo costituisce un legame inscindibile (e poi era pure cancerogena, che sfiga).
Pur essendo un pensatore anarchico e indipendente, Enrico ha una caratteristica commovente: è rimasto fedele al Partito, quello con la P maiuscola, quello a cui tutti noi sabaudi occidentali, cresciuti nella Greater Stalingrado dell’Ovest (la parte di conurbazione torinese compresa tra piazza Sabotino e il castello di Rivoli), abbiamo dedicato cuori e passioni per anni.
Certo, il Partito non ha nemmeno più la P nel nome (anzi no, in effetti nel passaggio da DS a PD ce l’hanno rimessa), eppure Enrico continua a dedicargli sforzi appassionati e argomentazioni razionali, cercando di riuscire nella disperata impresa di provare come esista ancora la famosa diversità , e come insomma PD e PDL non siano più o meno la stessa roba, come ormai pensa la grande maggioranza degli italiani.
Peccato che il momento sia poco propizio: non solo perché tra il PD di Veltroni e il PDL di Berlusconi c’è la stessa differenza che c’era tra il PSI di Craxi e il PSDI di Nicolazzi, ossia una lettera nel nome e il numero di conto in banca; ma perché la blogosfera è piena di casi come quello di Gabriella Carlucci, dove un esponente di partito si sdraia a difesa di una posizione del partito stesso in maniera talmente acritica ed evidentemente slegata dai fatti – nel senso che qualsiasi fatto opposto alla tesi viene ignorato o rigirato in modo da provare la superiorità del proprio schieramento – da suscitare ondate di commenti che svariano tra lo sdegno e lo sberleffo.
Enrico certo non è paragonabile a Gabriella, non ne ha le tette né il patrimonio e anzi, come dicevo prima, la sua indipendenza di pensiero gelosamente conservata è ciò che gli impedirà una carriera politica che con meno onestà intellettuale avrebbe potuto tranquillamente avere; insomma, loda il PD per amore e non per interesse.
Stamattina l’ho un po’ sbeffeggiato anch’io: d’altra parte come si fa a postare un pippone indignato sull’immoralità del centrodestra nel candidare il leader della protesta di casta dei tassisti romani contro la liberalizzazione, quando il centrosinistra ha come candidato premier il sindaco che ha risolto tale protesta imponendo una tariffa fissa per l’aeroporto del 15% più alta del prezzo precedente, alla faccia del mercato e della concorrenza?
Tuttavia, nonostante questo, credo che sia meglio non infierire più di tanto. Enrico – ma come lui molti altri, chi di noi non ha un amico che è ancora convintissimo elettore del centrosinistra? – è come un fidanzato che tesse le lodi della propria innamorata: a tutti gli amici che la guardano sembra indistinguibile dalle altre dieci ragazze attorno a lei, ma, si sa, l’amore è cieco.
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