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sabato 1 Marzo 2008, 12:57

I senza cena

Ieri pomeriggio, uscendo dall’ufficio, sono andato a fare la spesa all’Ipercoop di via Livorno. Come ben sapete, io sono un affezionato del Lidl; tuttavia, circa una volta al mese vado all’Ipercoop per quel po’ di cose che al Lidl non si trovano ma che per me sono vitali – ad esempio le lenticchie precotte in latta, o le confezioni di latte UHT da mezzo litro – o per cui sono rimasto affezionato alla marca Coop (essenzialmente la pasta).

Bene, ieri avrò anche fatto una spesa relativamente grossa, che mi durerà per molte settimane; è vero che ci ho messo dentro sette euro di birre speciali che avevo finito (vuoi mica che venga a trovarmi Andrea e io non abbia la Leffe!); è vero che mi sono sbizzarrito, comprando quattro euro di trota (che sono finiti nella mia pancia in serata, insieme a quattro patate tagliate sottili sottili e sottofritte in qualche millimetro d’olio), e altrettanti di pecorino, e un po’ di mortadella fresca, e poi ho anche investito in sei euro di barattolone di acciughe da immergere nel bagnetto verde (vetro ed etichette comprese).

Però alla fine, per una spesa comunque limitata a alcune cose specifiche, e prendendo dappertutto il prodotto meno caro e quantità da single, ho speso 35 euro; se pensate che il mio scontrino medio settimanale al Lidl è di 15 euro, e l’ultima volta – pur comprando anche lì carne, formaggio e biscotti – sono rimasto sotto i dieci…

Insomma, sarà anche vero che il supermercato del Partito Democratico ti vende insieme alla spesa anche una sensazione di alternativ – equosolidal – progressismo (tutta da giustificare, peraltro); però ho capito com’è che, discutendo del costo della vita sui forum, quando dico che si può vivere tranquillamente con 100 euro di cibo a testa al mese, salta sempre fuori qualcuno che mi dice che sono uno stolto e che con meno di 300 non ce la si fa, e che il suo stipendio misero deve essere aumentato a tutti i costi dalla collettività per permettergli di “sopravvivere”.

Poi vai a indagare, e ti dice che “già per colazione servono sei euro al giorno, perchè io e mia moglie senza il Danone LC1 non possiamo vivere”. Naturalmente comprato nel supermercatino sotto casa perché andare fino all’ipermercato cinque minuti più in là è troppa fatica, e non parliamo del discount, “mica vorrai che faccia la spesa in mezzo ai romeni”.

Io, non avendo problemi di soldi, sono sempre molto cauto nel fare le pulci a chi ne dichiara. Tuttavia, credo che tutta la lamentazione che si sente in giro vada presa con una grossa cautela. Tranne pochissimi, non c’è nessuno in Italia che muoia di fame; c’è invece una significativa fascia di lavoratori piccolo-borghesi che non riesce ad accettare il fatto di non potersi permettere una macchina nuova ogni tre anni, un cellulare nuovo ogni Natale e le vacanze a Sharm quando si ha voglia.

Basta del resto leggere le cifre: a Torino ci sono quattromila persone che vanno a mangiare alle mense, ossia lo 0,4% della popolazione; eppure, a sentirsi poveri sono il 40%. Il residuo 39,6% probabilmente è formato da persone insoddisfatte del proprio stipendio, o al massimo da quelle persone che lo stesso assessore Borgione definisce così: Sono cresciute invece quelle che chiedono aiuto perché non sono più in grado di mantenere il loro tenore di vita. Hanno perso il lavoro, o vivono di occupazioni precarie. Avevano impostato uno stile di vita, e magari fatto ampio ricorso al consumo al credito, sulla base di un reddito che ora non c’è più.”

Definire qual è lo stile di vita minimo che è “giusto” che la collettività garantisca a ogni cittadino – nonché se tale garanzia vada data in termini di soldi in mano, o in termini di opportunità per guadagnarli – è una questione difficile e profondamente legata all’etica personale. Io mi limito a dire che, in un momento in cui si diffonde a livello di massa la sensazione di “aver diritto” a livelli di vita che richiedono una quantità di risorse che chiaramente la collettività non ha, la rivolta sociale e la legge del più forte sono dietro l’angolo.

[tags]economia, società, stipendi, spesa, lidl, ipercoop, torino[/tags]

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8 commenti a “I senza cena”

  1. D# AKA BlindWolf:

    Ricordo un floppy di 10 anni fa distribuito gratuitamente e contenente varie statistiche economiche e sociali sulla Comunità Europea di allora: le nazioni con un reddito pro capite minore (Grecia, Spagna, Portogallo) avevano come percentuale di spesa maggiore l’alimentazione (che più di tanto non puoi tagliare); l’Italia, poco più in alto come reddito, aveva spese voluttuarie molto più alte (in particolare era la più spendacciona in Europa per quanto riguarda l’abbigliamento).

    BTW, a parte il mio proverbiale appetito (alle cene dopo la terza portata il cameriere mi serve il bis senza neppure chiedermelo), anch’io spendo in media 300 euri al mese per mantenere la bilancia sopra ai 90 chili. La spesa la faccio all’ipermercato più vicino, ma considera che pranzando spesso fuori casa e non avendo i ticket restaurant meno di 5 euro non li spendo neppure comprando due panini. E che essendo spesso pagato ad ore mi conviene di più spendere 5 euro e cucinare in 5 minuti che spenderne 2 e cucinare per mezz’ora.

  2. Paolo:

    Certo che però dimostri un bel coraggio nel comprare la carne del lidl! :)

  3. MCP:

    Il punto e’ che piu’ si aumenta la sensazione di poverta’ (non importa se vera o presunta), piu’ la gente invece di risparmiare fara’ ricorso al credito al consumo pur di non negarsi gli acquisti voluttuari, favorendo cosi’ i soliti noti.

  4. Mike:

    Io ti consiglierei di andare anche al Penny Market o da LD, in cui la roba
    da mangiare e` di qualita` superiore. E da Penny Market ogni tanto trovi
    le birre “particolari”, come la Leffe o la Staropramer.
    Da Auchan, ma per te penso sia fuori mano c’e’ il pane ad 1 EUR/kg,
    sempreche` tu riesca ad arrivare prima dei pensionati.

    Per quanto riguarda i costi del cibo, per il latte se caspita che passo
    vicino alla cascina con il distributore, ne prendo un paio di litri. Per
    carne e verdure il meccanismo e` simile.

  5. D# AKA BlindWolf:

    Non ricordo con precisione il prezzo, ma il “pane ai cereali” dell’Auchan di c.so Romania è una goduria.

    Per quanto riguarda il latte, in un prodotto con un prezzo così basso il costo del trasporto influisce discretamente sul prezzo: un produttore locale e che non spende tanto in pubblicità può dare un buon succo di tette di mucca ad un ottimo prezzo.

  6. Bruno:

    Porta Palazzo. Qualità superba, prezzi minimi e ci trovi letteralmente TUTTO. Anche la birra del Baladin, se la vuoi.

  7. marcello:

    Io alla Lidl mi dispiace non riesco a comprare neanche un bottone. Preferisco l’ LD market, costa forse qualche centesimo di più ma per una spesa mensile carne esclusa e scatoline e lettiera per il gatto compresa non spendo mai più di una sessantina di euro. E mi porto a casa una bottiglia di mirto e una di sambuca.

  8. Bruno:

    Per la frutta non c’è niente di meglio che girare per la campagna con la bicicletta, un gerlo, una roncoletta. Si trova frutta buonissima e costa letteralmente niente. Inoltre, restituisce quel contatto con la propria terra che nel debosciato mondo d’oggi tende a perdersi; l’occasionale incontro con un agricoltore permette poi di approfondire la conoscenza di antiche usanze rurali. Come quella di rivolgere confuse ma veementi preghiere al divino, per poi sparare a sale in direzioni casuali. Si tratta di una tradizione che risale addirittura ai tempi degli antichi romani, che solevano con i bianchi grani di sale scongiurare (simbolicamente) la grandine.
    E vi è la possibilità, così rara nella svilita vita cittadina, di reciprocare la natura per quello che ci da. Le piante ci nutrono con i loro spontanei frutti, noi possiamo nutrire le piante con quello che il nostro organismo spontaneamente produce. E vi è il meraviglioso aumento di conoscenza, quella sulle piante, le foglie, delle quali si impara a distinguere larghezza, solidità, ruvidità, la presenza o meno di verderame. Per queste visite cosiglio comunque l’ora dell’imbrunire, in cui i contorni dell’esistente sfumano nella trasparenza di certe notti e l’atmosfera diventa rarefatta, irreale, il buio, che nella nostra degradata vita cittadina è cancellato dalla blasfema violazione delle luci al neon, ci accoglie e ci ospita, allarga lo spazio attorno a noi.

 
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