Blog e censure
Ha fatto scalpore, negli ultimi giorni, il caso del blog del giornalista e critico gastronomico dell’Espresso Enzo Vizzari, che l’Espresso stesso ha chiuso dopo che il giornalista l’aveva usato per dichiarare di “vergognarsi profondamente” della copertina dell’ultimo numero della testata. La copertina in questione è intitolata Velenitaly e presenta l’inchiesta, contenuta all’interno, che svela l’abbondanza di vino adulterato in Italia; il fatto di essere stata pubblicata proprio in contemporanea al Vinitaly, la fiera che determina il business estero dei vinificatori italiani, e perdipiù prendendolo esplicitamente in giro, non è certo stato ben accolto dagli addetti ai lavori enologici, che immagino si siano lamentati col Vizzari stesso.
Anche qui, in rete si è subito scatenata un’ondata di conformismo da caso Luciani: tutti, da Mantellini in giù, a condannare l’Espresso con parole di fuoco: giù le mani dai blog. Eppure, qualche espressione di dissenso c’è, anche se guarda caso sui blog dell’Espresso stesso: è quella di Gilioli, colui che diventò famoso per la questione della mancata intervista a Grillo. Io dissento dalla retorica di Mantellini & friends, ma anche sulla replica di Gilioli concordo solo in parte: sostenere che un blog ufficiale è diverso da un blog personale e che su un giornale nessuno si deve permettere di insultare i colleghi è condivisibile, ma il dissenso è la base di una discussione proficua: ricordo sui giornali inglesi e americani la presenza tra gli editoriali di rubriche costruite appositamente mettendo a confronto ogni volta due opinioni contrapposte sullo stesso argomento.
Nessuno però ha notato una cosa secondo me importante: è vero che il blog di Vizzari è stato censurato dall’Espresso per avere criticato la pubblicazione della copertina, ma è altrettanto vero che ciò che Vizzari aveva richiesto era altrettanto censorio. Vizzari, dicendo che la copertina dell’Espresso è vergognosa, suggerisce implicitamente che quella inchiesta non doveva andare in copertina, o comunque non doveva richiamare il Vinitaly, e insomma non doveva essere presentata con tale evidenza, anzi magari sarebbe stato meglio aspettare e pubblicarla in un altro momento. Perché? Ovviamente perché non doveva disturbare il business dei suoi amici produttori di vino.
Io trovo invece che sia una grande fortuna che esista ancora in Italia qualche rivista che fa inchieste giornalistiche, e che ci rivela come anche in quei business che vanno di moda, che vengono presentati come ecologici e solidali, e su cui c’è gente che lucra moltissimo – una volta si comprava il Barbera a pintoni per due lire, adesso costa quasi di meno il whisky – ci sia abbondanza di fregature, quando non di attentati alla nostra salute. La risposta di Vizzari, permettetemi, è un po’ da casta: vergognatevi per aver messo in evidenza che anche tra noi ci sono dei farabutti.
Che poi questo giustifichi la chiusura di un blog, non è detto; anche se vale comunque il principio che l’editore decide cosa pubblicare, il che è un pilastro della libertà di espressione esattamente quanto il principio che il giornalista decide cosa scrivere. Ma se l’Espresso avesse deciso di privarsi dei contributi di Vizzari non per “lesa maestà ” della testata, ma perché non gli piace chi dichiara l’obiettivo di far passare la trave nei propri occhi per una pagliuzza, non ci sarebbe proprio niente di male.
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