La nuova stagione calcistica è iniziata già da una decina di giorni, e il Toro era l’unica squadra a non avere ancora aperto la propria campagna abbonamenti. Dopo due stagioni buone rispetto alla storia recente del Toro, ma deludenti rispetto alle aspettative incautamente generate da Cairo, la piazza è abbastanza in fermento; e una campagna acquisti all’insegna della rivendita di pera cotta – in cui il Toro è stato schifato pure da un croato del Livorno, e non è riuscito a comprare nulla se non un ulteriore vecchio e costosissimo attaccante da aggiungere alla collezione geriatrica – non ha affatto aiutato le cose.
Da alcune indiscrezioni, dopo lo iellatissimo slogan dell’anno scorso “Quest’anno ci divertiamo”, la locandina di quest’anno doveva essere così:
Invece, è stato svelato il mistero, ed ecco il manifesto vero:
Per la prima volta in quattro anni, Cairo non ci ha messo la sua faccia sopra (chissà quanto ci hanno messo a convincerlo), e ha invece lanciato un messaggio chiaro: io me ne lavo le mani, mo’ so’ tutti cacchi vostri. A tale scopo, ha prodotto un mostro di photoshoppatura che in confronto quelli di Maxim sono dei dilettanti, montando insieme una coreografia notturna, un cielo azzurro artificiale e un bandierone in primo piano appiccicato col copia e incolla. E nel frattempo, anche quest’anno si è “dimenticato” di praticare un qualsiasi sconto ai ragazzi nelle curve, una strategia suicida per il futuro (per dire, la Lazio gli abbonamenti ridotti di curva li regala).
Insomma, butta male; del resto, di Cairo ormai conosciamo sia le qualità – è un buon manager, sa comunicare, parla italiano – che i difetti – è accentratore, banfa a mille, fatica a riconoscere i propri limiti e, nella scala di misura del calcio, non ha una lira. Il risultato è una società che non sta in piedi, che ha cambiato allenatore cinque volte e direttore sportivo quattro volte in tre anni, che ha una struttura organizzativa che fa ridere di gusto chiunque la guardi e che dipende ancora completamente dalle paturnie del presidente, con i giocatori che fanno quello che vogliono ma che si sentono abbandonati (dopo venti giorni il nuovo DS non aveva ancora parlato con la squadra, nemmeno per telefono…).
Il risultato sono perle amare, una dietro l’altra; in soli dieci giorni ne abbiamo già viste due eccezionali.
La prima è quando Di Michele, già in polemica prima ancora di cominciare, è andato a dichiarare ai giornali che non si sentiva abbastanza considerato dall’allenatore De Biasi. La risposta di De Biasi è stata una lunga arringa in cui dichiarava che i veri uomini le cose se le dicono in faccia, pubblicata tramite il suo sito Web.
L’altra è stata ieri, quando sempre De Biasi ha rivelato ai giornalisti di aver richiesto l’acquisto del laziale Mauri, suo vecchio pallino, che ritiene fondamentale per il suo modulo di gioco. La risposta di Cairo, sempre ai giornalisti, è stata: ma no, Mauri non è adatto al modulo di De Biasi, piuttosto voglio comprare una mezzala. A parte il fatto che di mezzali il Toro ne ha una decina, e quel che manca è una punta centrale, dove si è mai visto il presidente che spiega all’allenatore quali sono i giocatori adatti al suo modulo di gioco?
E però, siamo al terzo anno consecutivo di A e ciò non succedeva da quindici anni; speriamo bene che ce ne sia un quarto.
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