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Archivio per il giorno 24 Luglio 2008


giovedì 24 Luglio 2008, 13:57

Cara Università

Cari sindacati dei docenti universitari, dei ricercatori, del personale tecnico e amministrativo, dei dottorandi e financo degli studenti di sinistra, scusate se commento il vostro documento relativo agli ultimi provvedimenti governativi in materia di Università e alla vostra reazione totalmente contraria.

Il commento non vi piacerà molto, ma forse vi può essere utile la reazione di un esterno che però segue l’università da vicino, vuoi per averla fatta non solo da studente ma anche da amministratore, vuoi per conoscere direttamente varie persone rimaste nelle pieghe della precarietà universitaria.

Molte delle rivendicazioni sono sacrosante e assolutamente sottoscrivibili; quello che però colpisce leggendo un documento come questo è la totale mancanza di autocritica. Parte dei problemi dell’università sono indubbiamente riconducibili a responsabilità del governo, alla mancanza di fondi e investimenti, a riforme un po’ dissennate tipo il 3+2 e così via; molti altri però dipendono direttamente dalla classe docente, dal personale tecnico, anche dagli stessi studenti.

Per esempio: in molte università si convive ancora con docenti che non si presentano a lezioni ed esami e non ne rispondono a nessuno; con insegnamenti obsoleti tenuti in vita solo per non eliminare i relativi posti di lavoro; con soldi spesi malissimo e servizi scadenti non per via della mancanza di fondi ma per via di incapacità organizzative, rigidità sindacali, malcostume vario; con concorsi che sono tutti truccati dall’inizio alla fine per volere preciso della docenza; con la moltiplicazione di cattedre, istituti, atenei semplicemente per moltiplicare stipendi e prebende. In questo documento non si menziona nulla di tutto questo, si dice solo “non toccate una lira dei nostri fondi e delle nostre prerogative altrimenti faremo le barricate”; una posizione totalmente conservatrice.

In una situazione dei conti pubblici che è quella che è, è indubbio che l’università possa trovare risorse soltanto eliminando i propri sprechi, spendendo meglio ciò che c’è e alleandosi con il privato; non ci si può aspettare che lo Stato, che pure nell’Università investe poco, possa allargare la borsa in questo momento storico, tanto più a fronte di risultati che accanto a punte di eccellenza vedono situazioni totalmente scadenti. Negli ultimi decenni sono stati creati Atenei in qualsiasi angolo del Paese, alcuni utili, molti però ridicoli, pieni di “figli di” e di raccomandati, di docenti i cui curriculum scientifici fanno ridere: tagliargli i fondi è un dovere, non certo un delitto.

E che “trasmissione della conoscenza” fa una Università quando non produce ricerca di livello internazionale, sforna laureati ignoranti che vanno a fare i disoccupati, non collabora con il sistema economico, non produce innovazione e si limita a vivacchiare a spese dello Stato? Siamo sicuri che tutte queste frasi non siano formule che vengono ripetute all’infinito soltanto per giustificare l’afflusso di soldi?

E come si fa a restare seri leggendo che gli aspiranti ricercatori emigrerebbero all’estero per mancanza di fondi e concorsi in Italia, quando sappiamo tutti perfettamente che quelli bravi emigrano all’estero perchè qui non trovano spazio dovendo lasciare la precedenza e le già scarse risorse ai raccomandati di turno, e comunque in molti casi finirebbero in un ambiente di basso livello scientifico che tira a campare e certo non favorisce la loro crescita professionale, anzi alle volte sega i più bravi perchè se no si vede troppo che ci sono anche i mediocri?

Io vorrei una Università che innovi, che si metta in gioco, dove chi lavora bene sia premiato e possa avere molte più risorse di oggi, ma dove chi lavora male o non lavora proprio vada a casa alla velocità della luce. Credo che o l’Università stessa si mette in questa ottica – protestando giustamente contro il disinvestimento e il disinteresse, ma anche proponendo qualcosa di nuovo, passando a logiche di spietata selezione meritocratica, cercando di affrontare dall’interno i propri problemi, puntando a fare meno cose ma più utili, meglio pagate e di livello più alto – oppure finirà comunque per affondare e per trascinare con se stessa il Paese, perchè sul fatto che l’Università sia centrale per la crescita di un paese sviluppato non ci piove.

Dov’è che sbaglio? Forse le carenze di cui sopra le vedo solo io? Perché nessuna di queste decine di organizzazioni sindacali sembra avere alcun problema con lo stato attuale dell’università, ma solo con i tagli di fondi? Qualcuno mi spiega o vivo in un mondo parallelo?

Mi scuso ancora per la passione, sono solo i miei due cent e non intendo offendere nessuno, se mai suscitare qualche riflessione.

[tags]università, ricerca, riforme[/tags]

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