Bilancio olimpico
Le Olimpiadi sono finite, e dopo i commenti ai telecronisti, agli sport minori e su Cina e Tibet volevo chiudere con qualche commento sugli italiani (di cui già segnalammo l’olimpicità ); e scegliere le mie immagini olimpiche.
Ce ne sono tante che meritano un ricordo, cominciando dalla bella e sfortunata (ma comunque argentea) gara di Davide Rebellin nella prova di ciclismo il primo giorno, nello scenario mozzafiato delle montagne attorno alla Grande Muraglia. E poi, l’oro sofferto fino allo spareggio finale di Chiara Cainero; il bronzo in grande rimonta nel K2-1000; l’argento miracoloso nel taekwondo; la commovente medaglia di Josefa Idem alla settima olimpiade – un non-oro solo per quattro millesimi – davanti ai suoi bimbi già cresciuti, con tanto di intervista in cui lei a metà interrompe la frase di botto per girarsi e dire ai figli di stare bravi e che è arrivata zweiten. Ma due sono le immagini italiane che più mi sono rimaste impresse.
La prima non è una medaglia: è la semifinale dei 1500 metri uomini in cui correva il nostro Christian Obrist, subito definito “senza speranza” perché passavano in cinque e c’erano almeno dieci atleti più forti di lui. Lui si è messo dietro agli africani, è rimasto per quasi tutta la gara aggrappato coi denti in fondo al gruppo e quasi staccato, poi nell’ultima curva ha visto la luce e se li è rimangiati tutti, uno dietro l’altro, arrivando quarto e qualificato in volata. Alla fine nemmeno lui sapeva cosa aveva fatto e come l’aveva fatto, è rimasto cinque minuti a piangere in pista cercando di capirlo: uno di quei miracoli dello sport in cui nella tua testa scatta qualcosa che ti permette all’improvviso di superare i tuoi limiti, e di lasciar muovere il corpo da solo in modo impossibile, come il calabrone che non potrebbe volare ma non lo sa e lo fa lo stesso. In finale è arrivato ultimo, ma non importava più.
Il simbolo sportivo italiano di queste olimpiadi, però, sono indubbiamente loro: Francesco Damiani e i suoi ragazzi. Il pugilato, in Italia, era sport dimenticato, e in più guardato regolarmente con la puzza sotto il naso, come un residuo di tempi andati in cui nella vita era ancora richiesto di menarsi per strada ogni tanto, e in cui la violenza, anche controllata, attraeva gli spettatori invece di respingerli. E invece, dopo una settimana e mezzo di atleti fighettissimi ed atlete imbellettate, che si presentavano sui campi come fosse una sfilata, già pronti a rilasciare l’intervista della medaglia prima ancora di vincerla (spesso poi fallendo miseramente), e interessati più a discettare di tasse e di politica che alla loro prova, vedere questi ragazzoni ruspanti, un po’ tamarri e un po’ terroni, ha fatto bene al cuore.
Intanto, s’è riscoperto questo sport, che sport è sul serio: perché non c’è mica solo da menarsi (anzi, le risse e gli abbrancamenti si son visti molto di più nel taekwondo o nel judo) ma c’è velocità , tattica, tecnica, intelligenza, resistenza, spettacolo, e tanto, tantissimo cuore. E’ stato incredibile vedere i nostri pugili contro bestioni grossi il doppio di loro (e va detto che i nostri non sono piccoli, anzi) girargli attorno come zanzare fino a tirargli un cazzottone dritto sul mento. E’ stato ancora più bello sentire Damiani fargli da secondo papà , e in quei venti secondi tra un round e l’altro incoraggiarli se erano giù, cazziarli se erano mosci, applaudirli se erano stati bravi, sempre urlando senza respiro come fosse il mitico Roberto Da Crema. Un oro, un argento e un bronzo, su sei atleti presenti, è un risultato da incorniciare: e dato che la boxe è anche lo sport che toglie i ragazzi dalle strade di Cinisello Balsamo (come Cammarelle) o dell’immenso degrado campano (come Russo e Picardi), è anche un segno di riscatto sociale; alla fine, rende di più l’Italia ignorante ma vera, che quella evoluta e montata.
Comunque, sono davvero tanti gli italiani che hanno deluso. La scherma e il canottaggio hanno reso decisamente meno del solito; la ginnastica ha subito un tracollo totale; l’atletica è ormai inesistente; degli sport di squadra meglio non parlare, uno peggio dell’altro e zero medaglie, nonostante in svariati casi partissimo da favoriti per l’oro: centinaia di biglietti aerei che ci potevamo risparmiare. Alla fine è andata peggio di Atene, ma nel medagliere siamo comunque noni e davanti a Francia e Spagna: tanto male non è, ma non tutti possono cantar vittoria.
Nonostante questo, qualcuno ha sentito parlare di sconfitte, delusioni, ammissioni di colpa o di semplice superiorità altrui? Io no. Se c’è una cosa triste in questa Olimpiade sono i tanti, troppi atleti italiani che hanno deluso e poi, invece di fare autocritica, hanno cercato di scaricare le responsabilità sulle giurie, sul clima, sulla sfortuna, sulla cabala e su qualsiasi cosa purché non su loro stessi, in questo purtroppo appoggiati dai commentatori Rai, per i quali ammmettere che un italiano ha perso meritatamente o che qualche nostra federazione sportiva sia in mano a raccomandati incompetenti (anzi, più di qualche) pare impossibile, e così giù di titoli e frasi come “argento che vale un oro†o addirittura “quarto posto che vale un oro†e in qualche caso “eccezionale quattordicesimo posto†(?!?).
Può essere che in qualche caso gli atleti di casa siano stati un po’ favoriti dalle giurie e dall’organizzazione rispetto ai nostri, ma questo fa parte del gioco e succede in qualsiasi Olimpiade: basta confrontare il numero di medaglie vinte dalla Grecia quattro anni fa ad Atene con quelle vinte qui o a Sydney 2000. Del resto, quando noi ospitammo i mondiali di atletica a Roma nel 1987, truccammo clamorosamente i risultati del salto in lungo per far vincere la medaglia al nostro Evangelisti…
Però, da qui a dire che gli italiani erano fortissimi ma hanno perso perché c’è un complotto internazionale contro l’Italia ce ne corre. Vorrei infatti chiudere con quello che ha detto sbottando Simone Collio (centometrista) nell’intervista a caldo dopo la semifinale della nostra staffetta 4×100, squalificata facendo entrare in finale la Cina. I commentatori Rai (l’ineffabile Bragagna) per cinque minuti hanno montato il caso attaccando la Cina e le giurie. Alla fine, Collio è esploso e gli ha fatto notare che la squalifica ci stava perché noi avevamo fatto un cambio irregolare, e che la brutta prestazione, se mai, era dovuta all’incompetenza dei dirigenti dell’atletica italiana, che ogni anno cambiano allenatori e quartetti delle staffette in base alle amicizie e alle pressioni politiche, impedendo agli atleti di affiatarsi e di costruire una staffetta credibile.
Non so cosa succederà a Collio; essendo in Italia, credo che cacceranno lui invece che i capi dell’atletica.
P.S. Ci sarebbe anche da parlare dei non italiani; solo oggi, c’è stato un Usa-Spagna stellare come finale di basket, una partita incredibile con la Spagna ancora in gara a un minuto dalla fine, a forza di bombe e schiaccioni in faccia a Bryant e soci. E poi, entrambe le cerimonie, con alcuni momenti bellissimi: il conto alla rovescia in quella iniziale, e la torre con i fiori umani e i nastri volanti in quella finale. Intanto, i londinesi mi hanno già fatto godere, perché nel loro segmento della cerimonia di chiusura hanno pensato bene di esibire il paesano Jimmy Page, con tanto di chitarra dal vivo, in Whole Lotta Love. Pechino e Londra unite dai Led Zeppelin: yo, fratelli di rock.
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