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mercoledì 6 Agosto 2008, 01:19

Prospettive di vita giapponese

Oggi ho fatto proprio bene a mettere in programma due cose che i visitatori di breve periodo a Tokyo normalmente non fanno, perché ho avuto un’illuminazione.

La prima cosa è stata quella di investire un po’ di yen in un tour guidato fuori dalla città, a vedere le pendici del Monte Fuji e la zona termale elegante di Hakone. Il tour in sé non è stato il massimo, perché il tempo era coperto e il Fuji si è visto ben poco, ma alla quinta stazione (quasi 2400 metri di altitudine e 28 gradi di temperatura pur in un giorno senza sole) ho di nuovo assaggiato la strabiliante densità di questo popolo: era come andare ad un qualsiasi rifugio alpino di quell’altitudine in estate, solo che invece di esserci un rifugio c’erano sei palazzi di quattro piani, e invece di esserci qualche decina di persone intente a prendere il sole o a partire per le salite più serie ce n’erano probabilmente oltre un migliaio: erano tutti vestiti tecnicissimi da scalatori provetti, ma il sentiero alpino che porta in cima al Fuji era più o meno come via Garibaldi il sabato pomeriggio.

Uscendo dalla città, ho scoperto che il Giappone ha sì 120 milioni di abitanti in un territorio grande come la Germania, ma questi abitanti sono concentrati nel 25% del territorio costituito da pianure o da fondovalli; il rimanente 75% sono montagne praticamente disabitate. Per questo motivo, finché si sta in pianura non si vedono che case, case, case e case a perdita d’occhio per decine e centinaia di chilometri, al massimo – dopo i primi 30-40 km di allontanamento dal centro – inframmezzati da qualche timido campo di riso (non risaia, che a quanto pare qui non li allagano, ma seminano a giugno e raccolgono a ottobre; tanto c’è abbastanza acqua nell’aria per tutta l’estate, è come se le piante fossero a mollo).

Poi, d’improvviso, si arriva al bordo della montagna; e di botto le cose cambiano. Lì gli insediamenti umani sono piccoli villaggi che si fanno faticosamente strada in mezzo a una vegetazione lussureggiante, densissima, quasi impenetrabile; che siano foreste (come per la maggior parte) o prati di erba alta mezzo metro, la natura crea un intrico misterioso che respinge. In più, l’orografia del territorio è labirintica, perché il Giappone non è stato creato da uno scontro di continenti con successiva erosione delle acque, ma da eruzioni vulcaniche che ogni tanto, anche in tempi geologicamente recenti, creavano una nuova montagna dove prima non c’era, in un luogo più o meno casuale.

Si capisce insomma come i giapponesi da una parte si schiaccino in pianura, e dall’altra abbiano questo rispetto atavico per la natura che ce li schiaccia: vorrebbero allargarsi, ma vulcani, terremoti e foreste glielo impediscono.

La sera, poi, sono andato a cena a casa del mio amico Izumi; è un’opportunità molto rara perché non è facile essere invitati in casa da un giapponese. Io mi ero preparato, mi ero portato il regalo, mi ero anche tenuto da parte un paio di calze nuove, ma ero piuttosto teso all’idea di confrontarmi con tutti i vari tabù dei giapponesi, pur se il mio amico ha girato il mondo e in patria è considerato molto occidentalizzato. Invece è stata una bella serata, soprattutto perché ho scoperto un ulteriore livello della cortesia dell’ospite: se il tuo invitato scatarra nel bicchiere perché non sa che è maleducazione (è solo un esempio, non l’ho fatto…), tu non devi semplicemente fingere che vada tutto bene; devi prendere il tuo bicchiere e scatarrare anche tu giurando che quella è la normalità delle buone maniere locali. In alcuni casi ha usato anche l’inganno, ad esempio insistendo perché ci trovassimo alla stazione di Meguro per andare insieme a casa sua, per poi scoprire che casa sua è a 10 euro di taxi, che lui si è fatto una volta per venire a prendermi e una seconda per riportarmi indietro (la terza l’ho pagata io).

Però ho capito una cosa importante: che quel che si vede dall’esterno, cioè la folla inimmaginabile, i formicai umani, il rumore, le luci, la confusione e l’intruppamento, ha un suo contrappeso non evidente nello spazio privato, che pure esiste, nelle viuzze semideserte e silenziose di periferia, e nelle case piccole ma accoglienti che ci si affacciano sopra. Anche esse stracolme di roba, affastellata in modo incredibile, tanto che alla fine mi sono un po’ preoccupato perchè il mio regalo occuperà una trentina di centimetri di diametro e in quella casa è una percentuale significativa dello spazio disponibile. Però tranquille, ben studiate, piene di vecchi mobili di legno o magari di plastica.

La vita è dura per i giapponesi, e noi bene abituati non sappiamo nemmeno immaginare quanto: io sono andato via alle undici e mezza e la figlia più piccola del mio amico, vent’anni e qualcosa, non era ancora tornata dal lavoro come commessa in palestra; i giapponesi lavorano sei giorni su sette, per tutto il giorno e spesso anche la sera, e per riprendersi hanno una settimana di ferie l’anno. Non è un caso che sui treni del sistema ferroviario più efficiente del mondo, dove nulla si rompe mai e un minuto di ritardo vale le scuse in ginocchio dell’intera azienda, si leggano continuamente nei pannelli informativi, tutti i giorni, uno dietro l’altro, annunci di questa o quella linea bloccata per “incidente”. Dopo dieci minuti, pulito il sangue, i pendolari ricominciano a scorrere.

In origine, dal dopoguerra fino agli anni ’80, tutto questo sacrificio – quello che ti viene richiesto in quanto piccola rotellina senza spazio di manovra, ma con l’orgoglio di contribuire al fatto che la tua comunità primeggi nel mondo – era ripagato da una grande ricchezza collettiva, che faceva essere i giapponesi danarosi quasi quanto gli arabi. Da quindici anni, dopo la crisi e la globalizzazione e l’esplosione degli odiati cugini cinesi, non si vede nemmeno più bene il perché di tutto questo; se non, forse, per godersi per sei o sette ore al giorno – tra vita, pasti e sonno – quei pochi metri quadri di periferia.

[tags]viaggi, giappone, ospitalità, fuji, jinshinjiko[/tags]

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11 commenti a “Prospettive di vita giapponese”

  1. mfp:

    “erano tutti vestiti tecnicissimi da scalatori provetti, ma il sentiero alpino che porta in cima al Fuji era più o meno come via Garibaldi il sabato pomeriggio”

    Qui – sapendo che e’ tutto vero – sono morto dal ridere.

    “In origine … tutto questo sacrificio … era ripagato da una grande ricchezza collettiva … Da quindici anni … non si vede nemmeno più bene il perché di tutto questo”

    Qui – percependo qualcosa di simile anche da noi – mi sono commosso.

  2. Ciskje:

    Prima o poi la rivoluzione cinese ci sarà, e allora bisognerà nuovamente rimettersi a lavorare.

  3. FRANK:

    Il verde lussureggiante del Giappone, ho scoperto da poco, lo si deve agli shogun dal 1500 in avanti. Il quel periodo il Giappone rischiava la catastrofe ambientale, e gli shogun presero la decisione di “nazionalizzare” le foreste. In questo modo salvarono il paese.
    La lezione non è servita, perchè stanno devastando gli oceani, vista la loro fame di pesce.
    FRANK

  4. vb:

    Guarda che da noi la quantità di sacrificio non è certo comparabile a quella giapponese… non che sia un male, però una sana via di mezzo tra lavorare 306 giorni l’anno e darsi malati un mese su tre si potrebbe anche trovare.

  5. vb:

    Oggi, comunque, sono andato al Sony Building (che è un grosso pacco). Comunque, una delle varie stanzette era dedicata al “Sony Life Planner”: mi son chiesto cosa fosse e sono andato a esplorare.

    In pratica, credo che sia la branca assicurativa della Sony; nella stanzetta c’erano dei PC con sopra un programma, che per prima cosa ti chiedeva di scegliere un personaggio – esempio: 35 anni, sposato, impiegato. (C’erano quattro possibili personaggi e tre erano impiegato/a: l’altro era “giocatore di baseball della major league” e dubito che fosse pensato per essere realistico.)

    Dopodiché, il programma ti disegnava un diagramma di Gantt della tua vita, di quella dei tuoi genitori, di tua moglie e dei tuoi figli, con sopra, anno per anno, le milestone – tipo “comprare casa” – e le attività continuative – tipo “una settimana di vacanza all’estero l’anno”; quando qualcuno crepava, finiva la barretta “vita”. Poi ti diceva: vuoi fare un controllo? Tu cliccavi su “sì”, e lui rispondeva: guarda, con il tuo stipendio se vuoi comprare casa entro i 55 anni di età non ce la fai, ti ho cambiato automaticamente l’attività “una settimana di vacanza all’estero l’anno” in “una settimana di vacanza in Giappone ogni cinque anni”.

    Lì ho appoggiato il mouse, e ho cominciato a indietreggiare piano, piano, piano, uscendo dalla stanza cercando di fare meno rumore possibile.

  6. simonecaldana:

    Scusa, che differenza c’e’ con i processi mentali che fai ogni giorno? ;)

  7. raccoss:

    E val la pena lavorare 364 giorni l’anno, così nell’unico giorno di pausa puoi bivaccare davanti al negozio di Sony/Apple/Gucci/Samsung e comprarti il nuovo e costosissimo PSP/iQualcosa/Borsetta firmata/Televisore plasma 106 “.

    E son soddisfazioni eh?

  8. mfp:

    vb, si si… da quanto scrivi si capisce che loro – quanto a sacrificio – stanno vari passi avanti. Ti assicuro che non ne ho dubbi! Ho smesso di averne quando anni fa lessi un saggio sulla “propensione” dei giapponesi al suicidio… e poco tempo dopo il primario di psichiatria dell’ospedale qui vicino mi chiese se conoscevo un sito dove recuperare stime attendibili dei suicidi in Italia, che gli servivano per una ricerca, visto che l’Istat aveva smesso di fornire questo dato qualche anno prima…

    Ora, al di la’ dell’ingenuita’ di certi professionisti della generazione precedente… pensano che nel computer i risultati si ottengano automagically… come se “i dati attendibili” li generasse algoritmicamente dal nulla alla faccia di Lavoisier/Postel… l’attuale modello socio-economico di sviluppo ci spinge nella direzione giapponese! Se – solo a titolo d’esempio – la complessita’ della tecnica medica porta (in USA) ad una spesa pari al 20% del PIL (USA) entro 4 anni… e’ chiaro che quel PIL va aumentato perche’ non esiste solo la sanita’… e per aumentare il PIL bisogna ridurre i giorni non lavorativi, aumentare gli orari di lavoro, aumentare l’efficienza del lavoratore, etc. Cioe’ (tentare di) copiare i giapponesi.

    (“tentare” perche’ non credo che abbiamo lo stesso livello di disciplina, di senso di comunita’ nazionale, di senso dell’onore personale, etc; Brunetta rischia il linciaggio… e per misure che – al netto delle esternalita’ tipo (ri)aumento del secondo lavoro ai livelli Fantozziani – avranno solo effetti “una tantum”, se li avranno)

  9. D# AKA BlindWolf:

    @mfp: al passo degli stipendi attuali, più che i giapponesi finiremo per copiare i cinesi.

  10. homing pigeon:

    VB,

    anche questo post mi è piaciuto molto. Sono al secondo commento, dopo quello sui cinesi e le olimpiadi.

    Rara e fortunata opportunità, quella di essere invitati a casa da un giapponese. Deve proprio essere un amico, di quelli con la A maiuscola.

    Mi ha colpito questo post, per la quasi identica percezione dell’evento. Ho scritto, non più tardi di un mesetto fa, un post sullo stesso argomento: La casa giapponese. Se ti incuriosisse, passa a trovarmi. é l’ultimo nella categoria Giappone.

    bel post davvero il tuo. Complimenti. E salutami il Giappone, se sei ancora lì.

    a presto,
    HP

  11. ARIBIIIRù:

    ciao!ah ah,me le posso fare due risate?mi è piaciuto il tuo post,parli del giappone proprio da italiano,secondo me le altre nazioni non si stupiscono così tanto del rigore giapponese quanto la nostra,gli italiani sono dei viziosi viziati!io non bevo,non fumo,non sono ninfomane,non ho nessun vizio,studio,lavoro,non mi lamento..e credo di essere una delle poche… chissà che c’è nel meccanismo mentale di un giapponese,di un cinese.. sono lontani da noi,dal nostro modo di concepire la vita e viverla.
    Tre anni fa sono partita per un viaggio in cina,un gemellaggio con una scuola, lì ho conosciuto per la prima volta la vera competizione. i ragazzi delle superiori studiano,vita sociale zero se non nei banchi di scuola come nei cartoni giapponesi,non escono,dopo la scuola lavorano e hanno una vita piena,piena che straborda,e lì c’è la legge del primo figlio,quindi ogni figlio che una famiglia “produce” dovrà essere un prodotto efficiente,verrà mandato nelle scuole migliori… è un massacro di umanità,ma se vuoi diventare ingegnere già da due anni di vita,stai tranquillo che i tuoi desideri verranno ascoltati e riuscirai perchè ben ti prepareranno.
    Questo mondo mi affascina e allo stesso tempo mi sconcerta, siamo diversi e se mai mi dovessi trasferire lì (come già avevo pensato) dovrei entrare nell’ottica di una smagnetizzazione della mia vita qui in europa.. tu che ne pensi?

 
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