Tudo bem
Mi perdonerete se in questi giorni non scrivo molto: in realtà ci sarebbero parecchie cose da raccontare, ma il tempo è speso nelle frenetiche attività di questo luogo. Tutto qui richiede tre o quattro volte il tempo che prenderebbe a casa, per tanti motivi di cui il principale è proprio la dilatazione del tempo stesso: le cose scorrono lentamente e anche gli occidentali, una volta giunti qui, si adeguano naturalmente senza il minimo sforzo. Per questo motivo, non so esattamente in che cosa sia volato via il tempo da giovedì mattina quando siamo arrivati, ma è volato senza grande fatica.
Maputo non è molto diversa da una qualsiasi città del Sudamerica o del Nordafrica; non sembra nè degradata nè pericolosa, naturalmente riferendosi agli standard del mondo non sviluppato; comunque siamo quasi sempre accompagnati, anche se il portoghese è comprensibile. Di zanzare ne avrò viste tre o quattro in tre giorni, soltanto di sera e nei ristoranti, e apparentemente senza la minima intenzione di pungere qualcuno; del resto la reazione della comunità ospite – locali e bianchi insieme – alla vista delle nostre pastiglie di Malarone è stata unanimemente “ah ah che polli, anche voi come dei gonzi vi siete fatti gabbare dalle multinazionali farmaceutiche e gli avete regalato centodieci euro”.
In teoria dovevamo avere la connettività wi-fi in casa, ottenibile andando sul balcone del quattordicesimo piano e orientando il computer verso l’ufficio di un progetto di cooperazione di un amico – situato al sesto piano di un palazzo a un duecento-trecento metri di distanza in linea d’aria – che ha messo il router wifi accanto alla finestra. Purtroppo l’hardware Apple in questo fallisce miseramente, e l’unico portatile che riesce a prendere il segnale è un bisonte Windows-dotato; visto che non ho nemmeno un pacchetto di Pringles per costruire una cantenna, facciamo prima ad andare all’Internet cafè del centro commerciale costruito dagli arabi per i ricchi del posto e prendere un PC per mezz’ora con 25 metticaso, circa 70 centesimi di euro. (I metticaso sono la moneta locale; qui almeno non hanno scelto una moneta a caso, come hanno fatto i sudafricani, ma le hanno dato un nome preciso.)
Comunque, io scrivo e salvo sulla chiavetta (se mi ricordo) per cui cercherò di mandare tempestivamente qualche racconto nei prossimi giorni. Nel frattempo, vi saluto con la vista del centro cittadino dal balcone di casa.
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