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domenica 28 Dicembre 2008, 10:38

I cantieri anticrisi

Anche oggi sul giornale cittadino c’è un articolo cementizio: sotto il titolo propagandistico, “Via ai cantieri anticrisi”, si esalta il nuovo piano di far buttare giù a privati tutta la vecchia zona industriale compresa tra via Monginevro, via Caraglio, via Lancia e via Issiglio, con la ristrutturazione in appartamenti del grattacielo Lancia e la costruzione di due “torri di 17-18 metri”.

Dico anche, perché ce n’era un altro solo cinque giorni fa, che raccontava dell’imminente costruzione di un “torrino” di 24 metri in pieno centro, addirittura su richiesta della Soprintendenza alle Belle Arti, che stando al giornale troverebbe importante preservare l’architettura storica del nostro centro costruendoci un nuovo palazzo di otto piani.

Se è veramente così, attendiamo gli esiti del test del palloncino per il soprintendente; ma perché tutta questa insistenza sulle mille nuove torri di Torino? Che poi, se leggete con attenzione, le due nuove “torri di 17-18 metri” dell’area ex Lancia sarebbero due normalissimi palazzi di sei piani, alti come quelli che esistono lì intorno da quarant’anni, o anche di meno. Tuttavia, proprio in queste settimane stanno iniziando i lavori per il famigerato grattacielo Intesa-Sanpaolo di Porta Susa, osteggiato dai due terzi dei torinesi e disperatamente voluto da Chiamparino, sia per amicizia con i vertici della banca (almeno prima che cacciassero gli ultimi manager ex Sanpaolo e che la banca diventasse totalmente milanese), sia per l’urgenza di incassare trenta milioni di euro di oneri di urbanizzazione, altrimenti il Comune rischiava di non avere i soldi per pagare gli stipendi. E allora, bisogna far sembrare a tutti i costi che costruire “torri” sia una cosa giusta, bella, talmente positiva che non può mancare in alcuna nuova speculazione edilizia, in centro o in periferia che sia.

Il resto dell’articolo de La Stampa è pubblicità sfacciata per il palazzinaro di turno (non so chi sia, se sia la solita De-Ga o altri dei vari giri torinesi): l’area viene presentata come “all’angolo dei corsi Trapani e Rosselli” (cioè davanti al parco e vicina alle Gru e alle tangenziali) quando in realtà è chiusa dentro le strette vie del quartiere; e si prospetta il solito fantastico scenario dell’area “tutta pedonale” che porta a piedi fino nel parco, che poi diventa “tutta pedonale tranne le strade perimetrali”, e trattandosi di un singolo isolato ci si chiede perché avrebbe dovuto essere diversamente.

Insomma, lo spottone prevede la creazione nell’immaginario collettivo dell’idea di un’area ampia, piena di verde, libera dalle costrizioni cittadine, anche quando poi, come succede a chi ci ha creduto e ha comprato le case sulla Spina 3 (via Livornocorso Mortara), i servizi latitano, il presunto parco si rivela una landa desolata piena zeppa di rifiuti industriali cancerogeni, e bisogna costituirsi in comitato e protestare per lustri per ottenere che costruttori e Comune facciano almeno in parte quanto promesso.

Ma questo che importa? La Stampa conclude l’articolo con l’esaltazione del cemento, con una girandola di aree industriali trasformate in palazzine, naturalmente per il bene di tutti e “contro la crisi”. In realtà, non è chiaro chi mai comprerà tutti questi appartamenti – nelle zone della Spina 3, per esempio, moltissimi sono ancora invenduti – né quale sarà il risultato tra venti o cinquant’anni della cementificazione di ogni residuo angolo non densamente abitato di Torino; né se davvero, nel lungo termine, tale cementificazione contribuirà ad alleviare la crisi economica, o piuttosto la incrementerà, creando nuovi problemi di traffico, di inquinamento, di urbanistica, di malattie – problemi che hanno un costo non trascurabile – e nel frattempo riducendo la bellezza e la vivibilità della città e diminuendone l’attrattività.

Qui, l’unica crisi che si vuole evitare è quella delle casse di Chiamparino, e del giro di amici dei salotti bene che con quelle casse ci vive. Nella testa di una giunta comunale che un mese fa pensava di vendere la Mole per far cassa, la frase chiave dell’articolo è una sola: il Comune “si aspetta di incassare altri 3-4 milioni in contanti tra oneri di urbanizzazione rimanenti e oneri sul costo di costruzione. Denaro che, almeno in parte, il Comune ha chiesto di poter incassare al più presto.”. L’importante è nascondere il buco, i tre miliardi di debito; riuscire a tamponarli alla bell’e meglio ancora per un paio d’anni, fino al 2011, quando ci saranno nuove elezioni e un altro sindaco. Chiamparino, si sa, andrà a Roma; dopo di questo, che i torinesi se la vedano loro.

[tags]torino, costruzioni, cemento, urbanistica, chiamparino, spina 3, lancia, la stampa, informazione manipolata[/tags]

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