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lunedì 22 Dicembre 2008, 16:09

La folla folle di Natale

Gli ultimi giorni prima di Natale sarebbe il caso di decretare il coprifuoco: infatti uscire e andare in giro per la città diventa sempre un delirio. Quest’anno confidavo nella crisi, e invece niente: sono lo stesso tutti per la strada a fare acquisti.

E così, me le sono viste tutte, a cominciare da una signora in SUV che qualche giorno fa percorreva via Pilo (una via stretta dove le due auto nei sensi opposti passano a malapena) a circa cento all’ora, ovviamente stando nel bel mezzo, perché aveva visto verde il semaforo due isolati più in là: abbiamo mancato il frontale solo perché ho inchiodato e mi sono buttato verso un portone, e la signora non ha nemmeno rallentato.

Qualche giorno dopo è stato il turno di un motociclista che, arrivando da via Fratelli Bandiera, ha pensato bene di svoltare a sinistra in corso Ferrucci col rosso pieno, sfruttando il fatto che sull’altra carreggiata non arrivava nessuno: per cui ha affiancato dal centro strada il flusso di auto in direzione largo Orbassano, percorrendo il corso completamente contromano. Peccato che dopo un po’ stessi arrivando io, e il motociclista prima ha fatto l’indifferente, poi, capendo che non mi sarei spostato, è rientrato in mezzo alle auto in corsa tagliando la strada a tutti.

Lasciamo perdere lo splendido tizio che, mentre ero in mezzo a una lunga fila di auto ferme al semaforo della via che va dalle Gru a via Veglia, ha sorpassato tutta la coda contromano, salvo poi rischiare il frontale con le auto che avevano cominciato ad arrivare in senso opposto; e parliamo della geniale signorina ferma con le quattro frecce davanti a un bar di via Tripoli nel pieno doppio caos del traffico da dopopartita e da mercato di corso Sebastopoli (a proposito: ormai è frequente ma sempre geniale l’idea di tenere il mercato in corso Sebastopoli in contemporanea con le partite all’Olimpico). Centinaia di auto cercavano disperatamente di defluire, ma lei doveva proprio fermarsi lì.

E di gente nelle preferenziali ne ho vista ovunque, ma cosa dire del tizio che, dopo aver parcheggiato nel piccolo spazio (per taxi, credo) che sta in piazza Rivoli all’inizio di corso Trapani proprio sopra lo sbocco del cavalcavia, ha cercato di reimmettersi nella rotonda della piazza percorrendo contromano la carreggiata del bus, finendo faccia a faccia con un 2 che stava uscendo dalla rotonda? (Almeno guardare che non arrivi il bus pare brutto?)

Secondo me sono tutti pazzi; d’altra parte, essendo da quelle parti, l’altro giorno sono andato da Eataly a cercare un regalino mangiabile. Non ho comprato nulla, non perché non potessi, ma perché i prezzi mi sono sembrati immorali: per dire, mezzo chilo di normalissima pasta confezionata (naturalmente fatta a mano nel presidio di San Gennaro Ncoppamunnezza) costava sei euro e mezzo. E sì che qualche indizio sul fatto che sia tutta una operazione di marketing dovrebbe essere evidente, tipo il fatto che vendano anche lo zucchero industriale Eridania (ex Montedison) e il cioccolato Novi: buono eh, ma pur sempre lo stesso che trovi al supermercato a metà del prezzo. Comunque, vedere torme di borghesotti firmati uscire da Eataly coi carrelli pieni mi fa pensare che per la borghesia italiana le tasse siano ancora troppo basse: IVA al 40 per cento su tutto lo slow food, presto!

[tags]natale, regali, consumismo, traffico, torino, follia, folla, slow food, eataly, lusso, tasse[/tags]

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13 commenti a “La folla folle di Natale”

  1. Mike:

    Io credo che ovviamente il problema dell’impazzimento del guidatore torinese sia dovuto ad altre cause rispetto all’avvicinarsi del natale. Io vivo in un posto abbastanza sperduto e quindi tipicamente vado nei mercati periferici oppure nei supermercati. A me non sembra che ci sia quella gran folla in più rispetto agli altri anni. Sono passato l’altro giorno al Carrefour di Collegno e poi al Castorama e l’affollamento era maggiore in quest’ultimo (a meno che il trend di quest’anno sia regalare la motosega Stihl al n ipotino dodicenne non credo si trattasse di regali natalizi, ma di istinto ciappinatorio.

  2. luca:

    Non mi sento e non sono un borghesotto ma un normale impiegato, vado sovente ad eataly, proprio ieri mi sono fatto la scorta di chinotto Lurisia [e si mi piace da matti] ad 1 euro +- a bottiglia, quando in centro costa 1.70. Come vedi, anche li si riescono a fare buoni ‘affari’. ciao

  3. ross:

    Un’ assidua frequentatrice di questo blog,ti invia un saluto e un augurio di buone feste dalla regione d’ ‘a munnezza.
    ross

  4. Fabrizio:

    Il Punt e Mes da Eataly costa assai meno che al mio supermercato di periferia e anch’io come Luca son ghiotto di banalissima Gazzosa che, pensa un po’, diluisco. L’IVA al 40% la metterei tanto ai SUV se la residenza di chi li acquista è al di sotto dei 2000mt e alle biciclette senza la sottoscrizione di un’impegnativa da parte di chi l’acquista a non attraversare sulle striscie credendosi un pedone.

  5. for those...:

    VB, questa dovevo dirtela da tempo.
    A inizio mese sono stato all’Hiroshima Mon Amour e ho pensato a te a ai tuoi post su Milano.
    Svolto in una strada (una via normale. Non un vialone nè una viuzza privata) e mi ritrovo con una fila di auto parcheggiate a cavallo della linea di mezzeria! Ora, io sono il primo a dire che Milano fa cagare (da pronunciarsi con spiccato accento da baùscia milanese) ma una cosa del genere credo di averla vista solo quando vado a trovare gli zii a Napoli (niente di personale ross. In realtà Messina – dove ho il grosso dei parenti – è uguale. Solo più brutta!)

    A proposito, autoctoni, spiegatemi un po’ ‘sto mistero sociologico della vostra bella città:
    com’è che a Torino TUTTI parlano con accento meridionale? Mi riferisco a ragazzi giovani, non agli over 60.
    Anche qui a Milano e provincia c’è stata immigrazione dal sud, però se vai alla Barona, a Ponte Lambro, a Quarto Oggiaro i giovani hanno tutti l’accento milanese/lombardo (avete presente Costantino Vitagliano?)
    A meno che l’HMA non sia frequantato solo ed esclusivamente da universitari meridionali in trasferta…

  6. vb:

    Beh, da noi in realtà si è sviluppato questo accento meridional-piemontese ben rappresentato dalla “minchia Sabbri” della Littizzetto (che insegnava a poche centinaia di metri dall’HMA). La zona sud di Torino, dove sta HMA, è peraltro quella più tipica dell’immigrazione dal sud, perché era più vicina a Mirafiori.

    (Comunque le biciclette non attraverserebbero sulle strisce se ci fosse un altro modo di passare senza venire stirati e senza dover fare i giri che la viabilità prevede per le auto ma che in bici sono insensati: basterebbe un attraversamento ciclabile a fianco delle strisce stesse.)

  7. Bruno:

    In effetti quando venni ad abitare a Torino da Luino, nell’ormai lontanissimo ’90, mi stupii di quanti meridionali ci fossero a Torino. Soprattutto mi sorprendeva che parlassero senza ritegno con il loro accento, che non nascondessero di essere meridionali, ma anzi ne menassero vanto.
    A Luino i meridionali negavano di esserlo, magari dicendo “i miei genitori sì, ma io sono nato qua”. Paese che vai, usanze che trovi.

  8. Alberto:

    vb, in realtà trovo che gli episodi che racconti di pirati della strada vari siano esperienze quotidiane anche in periodi lontani dal Natale. Ricordo di aver visto questa primavera, verso le sette di sera, una ragazza piuttosto giovane infilarsi con una Smart in contromano in Via Vanchiglia, percorrendola così da Piazza Vittorio a Via Pescatore incurante di insulti e rischi di frontale.
    Temo che alla fine tutto si riconduca alla sacra esigenza di non perdere un minuto di tempo, che porta tutti noi a sacrificare la sicurezza propria e degli altri. L’ebbrezza che ci dà il tempo che scorre fa sicuramente molte più vittime di quella provocata dall’alcool. Purtroppo non è altrettanto misurabile.

  9. roberto celani:

    A volte bastano cronache come questa di quotidiani (e non solo natalizi) isterismi metropolitani a restituirmi tutto il piacere e la consapevolezza della bontà della scelta fatta ormai da una dozzina d’anni.
    Vivere in un luogo che non conosce traffico, dove lo sguardo spazia tra i trecenteschi palazzi e l’orizzonte delle colline è un privilegio che altri chiamano noia.

    La lamentela retorica sul traffico, la concitazione della vita cittadina e più in generale sull’inumanità delle città moderne mal si concilia con le scelte che i più (anche coloro che professionalmente possono sottrarsi al ricatto di un lavoro dipendente non trasferibile) poi fanno.

    Non resta che una domanda.
    Perchè farsi male da soli e poi dolersene?

  10. for those...:

    a scanso di sembrare pedantemente politically correct, vorrei pubblicamente dissociarmi dal “senza ritegno” di Bruno! (a natale siamo tutti più buoni) :)

  11. Bruno:

    Anche io mi dissocio dalle opinioni espresse da “for Those…” e in particolare dall’affermazione “A Natale siamo tutti più buoni”, che ritengo in netta contrasto con il tono del post di VB.

  12. Fabrizio:

    Desidero:
    a) scusarmi per aver scritto il plurale di striscia con la ‘i’
    b) sottolineare che le biciclette così come procedono lungo una via tenendo la destra (ove non presenti piste ciclabili), possono, parimenti, passare oltre a traverse, viali, corsi… Io, se mi accingo a immettermi in una via dove devo la precedenza la dò a tutti a prescindere dalla cilindrata
    c) dire a Bruno che se è vero che a differenza di Milano a Torino, negli anni ’60, gli immigrati (a prescndere da quale regione italiana essi provenissero) ben si guardavano dal nascondere il loro accento, è altrettanto vero che facevano molto bene. Perché avrebbero dovuto? Un dialetto è lo specchio delle radici e patrimonio insostituibile. Altra cosa, noi torinesi, essere così badòla dall’aver tosto abbandonato l’uso del torinese nei negozi e con gli sconosciuti (salvo, per educazione, passare all’italiano se lo sconosciuto fosse stato di altra regione).
    d) scusarmi per la lunghezza :-)

  13. Bruno:

    @Fabrizio
    B) L’accento del paesello ‘Patrimonio insostituibile’? Mah, insomma… Se sei un glottologo è un conto, ma penso che per chi cambia ambiente parlare la lingua del posto, anziché quella del proprio paesello, sia un valore. So di cosa parlo: sono spesso stato discriminato, in quel di Torino, per il mio pur leggero accento lombardo.

 
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