Il resto del pianeta
I bambini di oggi, almeno nelle città , spesso nascono e crescono in maniera iperprotetta. Passano il tempo tra un impegno e l’altro, scarrozzati in auto di qua e di là , tra una scuola, una palestra e un corso di qualche cos’altro. Quando non sono in giro, sono chiusi in casa davanti a un computer o a una console. E se sono in giro, sono sempre sotto controllo tramite il telefonino, tranne quando lo usano per scaricare suonerie o per giocare. Sono, insomma, sempre chiusi e isolati dall’ambiente circostante, che viene considerato come una fonte di pericolo, piena di rischi, di malintenzionati e di brutte avventure.
C’è, però, un momento in cui il bambino esce dal ciclo casa-scuola-playstation: il momento del viaggio. Un viaggio di una certa lunghezza, fuori città , costringe bambini e ragazzi ad accorgersi dell’esterno. In auto, infatti, non c’è molto da fare; e sono ben poche le famiglie in cui un viaggio diventa una occasione per una lunga conversazione. Mentre il papà guida e la mamma ascolta la radio, privi dell’elettronica e dell’abbondanza di ammennicoli che caratterizza molte camerette, sul sedile posteriore i bambini non possono fare altro che guardarsi attorno e scoprire il mondo; vedere la campagna, la montagna, gli animali, il paesaggio, il cielo.
Ma forse è meglio dire “c’era”. Non solo perché cellulare e playstation portatile già da anni colpiscono anche in auto, ma perché in questi giorni ho visto partire le campagne pubblicitarie dell’ultimo ritrovato da ammiraglia familiare: lo schermino sul retro dei sedili anteriori, che permette ai giovani virgulti di rincoglionirsi davanti a un DVD o a un giochino anche durante l’ora di viaggio verso le piste da sci o la casa al mare.
Suppongo che sia un passo avanti necessario, per crescere generazioni di persone con il terrore di qualsiasi contatto con la terra, la paura delle malattie più fantasiose e l’intima convinzione che la verdura cresca nei sotterranei del supermercato, direttamente in cassetta; certi che l’habitat naturale di un cane sia un appartamento al terzo piano. Persone per cui la parte di pianeta non urbanizzato sia soltanto un fastidioso elemento di ritardo tra Milano, Milano Marittima e Courmayeur, o altri posti che, pur trovandosi fuori dalle metropoli, dispongano di condomini di almeno cinque piani e di una strada principale rigorosamente intasata di auto; un “resto del pianeta” da attraversare sempre più velocemente e sempre più indifferentemente, avendo come massimo momento di interesse l’acquisto di una rustichella all’autogrill.
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