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domenica 4 Aprile 2010, 21:03

Infelice come una Pasqua

Nel giorno di Pasqua sarebbe meglio raccontare una storia a lieto fine; e questa non lo è. Però è una storia che dice molto dei nostri tempi.

E’ la storia di un camionista che gratta, gratta e infine vince: trova il biglietto della vita, un milione e 740 mila euro vitalizio compreso. Ma lui non è pratico di quel particolare tipo di biglietto, la cassiera si sbaglia, in due non capiscono e buttano via il biglietto, credendo che non valga niente. Dopo una settimana, scopre la verità; torna, setaccia la tabaccheria, perquisisce i cassonetti, visita persino la discarica; ma il biglietto, ovviamente, non esiste più.

Se il biglietto ora saltasse fuori, o se perlomeno (impossibile) gli fosse riconosciuta ugualmente la vincita, sarebbe una storia pasquale: di morte e resurrezione. E non sembri blasfemo il fatto che la morte in questo caso sia una morte di denaro, la scomparsa non di una vita ma di una montagna di soldi; perché nella nostra società, nella testa degli esseri umani che qui e ora vivono, la montagna di soldi vale come e spesso più della vita.

La ricchezza improvvisa è un bel problema da avere, ma è lo stesso un grosso problema; gli annali sono pieni di persone che, dopo aver vinto alla lotteria o al totocalcio, in breve tempo finiscono male; rovinati, imprigionati, persino ammazzati. Perché nella nostra società essere ricchi è, in apparenza, la soluzione ai propri guai, la libertà dalla schiavitù di un lavoro infame, dai creditori alle porte, dai mobili di cartone comprati a rate; è, soprattutto, la rimozione dei propri freni inibitori, perché ai ricchi tutto è permesso (soltanto i poveri sono pazzi, i ricchi sono eccentrici). Nella realtà questo non è poi così vero, ma, se è vero che i soldi non danno la felicità, almeno si evita l’infelicità che certamente dà la povertà.

Molto peggiore è il problema di aver perso la ricchezza improvvisa. Le dichiarazioni del camionista nell’articolo sanno di shock profondo; e, in una società in cui la ricchezza è propagandata come il principale obiettivo della vita, ci vogliono mezzi culturali e caratteriali molto forti per reggere a tale shock… e li deve avere anche chi ti sta attorno, altrimenti passerà la vita a rinfacciarti l’occasione perduta.

L’infelicità da povertà, peraltro, è indotta; viviamo in un sistema economico che si regge sul rincoglionire le persone con la comunicazione per indurre in loro falsi bisogni, distraendoli da quelli fondamentali (affetto, compagnia, cibo, calore e poco altro). La nostra è una società in cui l’infelicità è calcolata e promossa come strumento per rendere schiave le persone, per convincerle a lavorare docilmente e poi a ridare a chi di dovere il denaro faticosamente guadagnato, in cambio di un benessere materiale che per la maggior parte non serve, né compensa l’alienazione e il dolore provocati dalla competizione e dallo stress. Una vera riforma dovrebbe partire anche da questo; ma vorrebbe dire, davvero, rovesciare completamente il nostro ordine sociale.

[tags]torino, gratta e vinci, lotteria, ricchezza, povertà, ordine, schiavitù, infelicità, bisogni[/tags]

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3 commenti a “Infelice come una Pasqua”

  1. BigFab:

    > La nostra è una società in cui l’infelicità è calcolata e promossa come strumento per rendere schiave le persone, per convincerle a lavorare docilmente e poi a ridare a chi di dovere il denaro faticosamente guadagnato, in cambio di un benessere materiale che per la maggior parte non serve, né compensa l’alienazione e il dolore provocati dalla competizione e dallo stress. Una vera riforma dovrebbe partire anche da questo; ma vorrebbe dire, davvero, rovesciare completamente il nostro ordine sociale.

    Tu non sai quanto sono d’accordo con te! Passiamo la maggior parte della ns. vita a lavorare per pagare… dalle bollette al mutuo, dalle rate ad un numero enorme di cose totalmente inutili e, quel che è peggio, ricompriamo le stesse cose perché diventate obsolete, fuori moda, ecc. ecc.
    Siamo tanti Tafazzi e non possiamo non esserlo… :(
    Non possiamo non esserlo perché quando perdiamo quel lavoro che ci lega come catene di carcerati (o quando, pur avendo un lavoro, questi non ci paga le spese, come accade a molti lavoratori autonomi in questo periodo) siamo finiti, rischiamo la serenità, la casa, la famiglia, giungendo fino alla povertà ed alla miseria.
    “In medio stat virtus” dicevano gli antichi… è una parola!!!

    Saluti.

  2. raccoss:

    Il concetto di “peccato” come motore del mondo.

  3. Piero:

    Le lotterie di Stato come il “gratta e vinci” e similari, a ben pensarci, sono da promuovere e incentivare, perché sono il modo più elegante per pagare felicemente, divertendosi, con la speranza in un fututro “migliore”.

 
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