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Archivio per il mese di Settembre 2010


mercoledì 15 Settembre 2010, 15:28

Le Nazioni Unite e la libertà di Facebook

La serata di ieri è stata straniante, in mezzo a un lussuoso ricevimento offerto a tutti i partecipanti dal governo lituano all’interno della Galleria Nazionale d’Arte; un’orgia di cibo e di chiacchierate casuali che a me, con poche eccezioni, ormai mettono tristezza (non come un altro italiano che, fattosi presentare una irlandese alta e bionda, alla terza domanda ha sparato “Are you married?” e alla quarta “Do we plan to have children?… sorry, do you plan to have children?”). Se ci aggiungete che come aperitivo mi hanno offerto da bere una roba che sembrava passito ma era brandy, capirete che ieri sera ho scritto un racconto in versi della serata che forse è meglio non postare, anche perché mi sono ripromesso di non parlare della partecipazione del governo italiano a questo meeting.

La mattinata si è invece aperta con un l’incontro della coalizione dinamica per la Carta dei Diritti della Rete, un progetto che lanciammo cinque anni fa insieme a Stefano Rodotà e Fiorello Cortiana e che poi, dal lato italiano, si è arenato nelle secche del ministero Brunetta (in Brasile sono invece arrivati a scrivere una carta dei diritti vera e propria, con tanto di benedizione ufficiale di Lula). Erano dunque un paio d’anni che non ci buttavo occhio, e stamattina hanno presentato una prima bozza di documento (è finita pari pari persino sul blog della Stampa).

Come lavoro preparatorio non c’è male, però gliel’abbiamo già demolita; in pratica è impostata come una ripetizione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, però aggiungendo in fondo a ogni frase “vale anche per Internet”. Fa sempre piacere sentir ripetere che ogni persona ha diritto a non essere processata due volte per lo stesso reato, ma forse non è un grande passo avanti nella difesa delle potenzialità della rete… Però mi è rivenuta voglia di metterci mano.

Altrettanto interessante è stato il secondo incontro della giornata, dedicato alla governance dei social network. Quasi tutti hanno capito che c’è un grosso problema di privacy, ma ora molti iniziano a capire che ci sono anche problemi di proprietà intellettuale, di concorrenza e interoperabilità, e anche di libertà di espressione – visto che quasi in ogni Paese c’è una piattaforma che, per ciò che riguarda l’uso di massa e non specializzato, ha il monopolio di fatto (da noi ovviamente Facebook) e che chi controlla questa piattaforma potrebbe facilmente bloccare i contenuti scomodi e le attività di mobilitazione dal basso.

Purtroppo ci troviamo ancora oggi di fronte alla stupida teoria secondo cui il mercato si autoregolerà e se Facebook si comporterà male o inserirà nel contratto clausole particolarmente vessatorie gli utenti si ribelleranno e andranno altrove. Ma qualcuno di voi ha mai letto il contratto di iscrizione a Facebook? E anche se venisse violato, avete idea di chi e come possa ottenerne il rispetto per conto vostro? La verità è che il valore di una rete sociale è esponenzialmente dipendente dal numero di utenti, per cui si crea un ciclo di reazione che porta alla concentrazione assoluta: tutti si spostano sul social network che contiene già tutti i loro amici. Si tratta, di fatto, di monopoli naturali.

Incidentalmente, la cosa che quasi nessuno ha notato è che più che social network questi sono social database: non c’è nulla di distribuito o decentrato nella loro architettura. Di fatto, per quella fascia di giovani utenti che usa soltanto Facebook e non ha più nemmeno l’email, Facebook è Internet; eppure Facebook è la negazione dei principi architetturali di Internet. I paesi seri dunque si interrogano su cosa fare; ho scoperto che è in corso un processo di discussione al Consiglio d’Europa, e tra poco inizierà un altro workshop sul tema, organizzato dall’UNESCO, dove dovrebbe essere presente anche il direttore policy di Facebook. Vediamo se ne uscirà fuori qualcosa di interessante.

[tags]igf 2010, igf, internet governance, nazioni unite, vilnius, lituania, carta dei diritti della rete, rodotà, diritti umani, privacy, libertà di espressione, facebook, social network[/tags]

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martedì 14 Settembre 2010, 16:18

Della democrazia liquida e di altri pensieri

Oggi è il primo giorno dell’Internet Governance Forum 2010, a Vilnius. Io sono arrivato ieri pomeriggio, e ieri ho avuto appena il tempo di andare al cocktail di benvenuto organizzato dalla Internet Society (la sede centrale americana) all’ultimo piano del Crowne Plaza. Vista magnifica, vini e cibi raffinati, e io e altri “vecchi” commentavamo che dieci anni fa ISOC non avrebbe mai avuto i soldi nemmeno per prenotare la sala, e non sappiamo se questo sia poi un bene.

Stamattina, come faccio spesso in questi casi, sono venuto alla conferenza con i mezzi pubblici, e precisamente con il filobus. Mi son studiato online i percorsi e ho trovato quello giusto; ho comprato i biglietti dalla giornalaia senza problemi, sono salito su un mezzo d’anteguerra e… ecco, l’unico problema è stato che io avevo in mano il biglietto da obliterare, ma all’ingresso c’era solo un blocchetto di ferro arrugginito delle dimensioni di un pacchetto di sigarette. Io ho provato a metterci dentro il biglietto in varie posizioni, ma non succedeva niente; non timbrava. L’autista cominciava a essere un po’ scocciato, ma alla fine ho avuto il lampo di genio: l’obliteratrice non era elettrica, ma funzionava ad energia muscolare umana. In pratica, bisogna prendere il lato di dietro e spingerlo con forza contro il biglietto, che peraltro non viene timbrato, ma sforacchiato in sei punti come se trafitto da una scarica di pallini; metodo un po’ brutale ma assolutamente economico, in perfetto stile sovietico.

Superata la lunga coda della registrazione, mi sono infilato nel primo meeting, dove si discuteva dell’uso di Internet per promuovere l’attivismo giovanile – dove per “giovani”, so che sembra incredibile, si intendono le persone da 15 a 24 anni, non i quarantenni. Dopo un po’ ho preso la parola e, a parte raccontare un pochino della nostra esperienza del Movimento 5 Stelle, ho chiesto se negli altri paesi non trovassero difficoltà a mobilitare i “giovani”, e se anche da loro ci fosse il problema di larghe fasce giovanili dedite soltanto a guardare la televisione o a uscire la sera a strafarsi. Mi hanno guardato perplessi, poi da varie parti del mondo un paio di 15-20enni mi han risposto: “No, i giovani hanno molto tempo e la voglia naturale di cambiare il mondo, non conosciamo nessuno dei nostri amici che non sia impegnato in qualcosa.”

Comunque, dopo la riunione ho cominciato a chiacchierare con Eddan Katz di EFF, che mi ha chiesto lumi sul caso Vividown (qualcuno ha una traduzione o commento alla sentenza in inglese?), e con Amelia Andersdotter. Amelia, 23 anni, svedese, diventerà a pieno titolo europarlamentare entro pochi mesi, quando i decreti attuativi del trattato di Lisbona entreranno completamente in vigore e con essi la Svezia riceverà un seggio aggiuntivo a Strasburgo, che andrà al Partito Pirata.

Siamo andati a prenderci un caffé e siamo rimasti lì per oltre due ore a raccontarci di un po’ di tutto, a scambiare opinioni sulla situazione politica europea, sulle conferenze internazionali e sui temi della proprietà intellettuale, che ovviamente sono al centro della loro azione (ma hanno cominciato a capire anche loro che il problema vero è più in là, è nella struttura dell’economia… e lì io ho attaccato con la decrescita). Io le ho passato il puntatore al paper di Van Schewick che prova che le violazioni della neutralità della rete diminuiscono l’innovazione su Internet, e lei mi ha raccontato dell’esperimento di democrazia liquida del Partito Pirata tedesco.

E così mi ha presentato Leon Bayer, 15 anni, il più giovane partecipante alla conferenza, che mi ha spiegato i dettagli del loro modello partecipativo. In pratica, il Partito Pirata tedesco si è messo a scrivere il proprio statuto; come ben sappiamo anche noi, queste sono le situazioni in cui di solito i movimenti politici si avvitano in faide procedurali e finiscono in pezzi. Loro invece hanno scelto il modello chiamato appunto “liquid democracy”; in pratica, grazie a una piattaforma informatica di supporto, qualsiasi simpatizzante può iscriversi al partito e scegliere se votare direttamente sulle questioni in discussione oppure se delegare qualcuno. La delega può essere data per argomento; per esempio, uno può delegare Tizio sulle questioni relative alla sanità, Caio su quelle relative al lavoro, e tenersi per sé la possibilità di voto su altre questioni. La delega inoltre può essere revocata o cambiata in tempo reale in qualsiasi momento.

E’ un sistema interessante, perché rappresenta un giusto mezzo tra la democrazia diretta e quella rappresentativa, permettendo a ogni partecipante di scegliere il livello di coinvolgimento desiderato e allo stesso tempo evitando deleghe incontrollate, dato che anche chi accumula moltissime deleghe può perderle in un attimo se le usa male. A me piacerebbe moltissimo sperimentarlo nel Movimento 5 Stelle; a Berlino ha funzionato benissimo (tra l’altro anche loro, alle politiche di qualche mese fa, hanno preso tra il 3 e il 4 per cento a Berlino) e ha evitato tutte quelle antipatiche discussioni sulle regole interne… e le lotte per scegliere chi fa il capo l’anno prossimo.

Ora sono in mezzo alla cerimonia di apertura, che si è aperta in modo un po’ kitsch quando l’onorevole presidente della Commissione parlamentare lituana sulle comunicazioni ha imbracciato tromba e microfono e ha cantato e suonato What a Wonderful World, su una base di tastiera preregistrata. Era bravo, ma l’ho trovato fuori luogo… Poi ho scoperto che Janis Karklins, ex presidente del comitato governativo di ICANN e mio collega nel Board, è diventato vicedirettore generale dell’UNESCO. Poco fa ha parlato Andrew McLaughlin, la persona che dieci anni fa organizzò le elezioni At Large di ICANN in cui ero uno dei candidati; adesso è vice-CTO della Casa Bianca e parla di democrazia digitale “on behalf of President Obama”. Ve lo vedete il governo italiano fare una scelta così?

[tags]igf, igf 2010, nazioni unite, internet governance, lituania, partito pirata, democrazia digitale, amelia andersdotter, internet society, vilnius[/tags]

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martedì 14 Settembre 2010, 06:50

La marcia No Tav di Chiomonte

Sono un po’ di corsa e il wi-fi dell’albergo funziona a singhiozzo, ma ho finito di montare il video della marcia No Tav di sabato, da Chiomonte a Giaglione, e ve lo lascio volentieri: mostra come anche questa volta la partecipazione fosse oceanica. E’ stata una bella camminata su per i monti e ne è valsa proprio la pena… Naturalmente i giornali si sono subito messi a parlare delle questioni interne al PD, in modo da non dover spiegare perché la protesta continua e quali sono le sue ragioni; e che, francamente, di cosa pensi questa settimana il PD non ce ne frega più niente.

[tags]no tav, torino, lione, chiomonte, giaglione, marcia, politica, pd[/tags]

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sabato 11 Settembre 2010, 12:06

Treni speciali gratis per le Sagre di Asti

Chi fosse intenzionato ad andare stasera o domani al Festival delle Sagre di Asti è incoraggiato ad andare in treno; è un ottimo modo di evitare code chilometriche in auto e di poter mangiare e bere senza preoccupazioni. Quest’anno, finalmente, si sono decisi a mettere un buon numero di treni straordinari da/per Torino Porta Nuova, con fermata in quasi tutte le stazioni intermedie, che trovate elencati qui. L’andata si paga, ma il ritorno è gratuito.

Se volete pianificare, qui trovate l’elenco dei piatti; sono più o meno sempre gli stessi, e aggiungerei per fortuna, perché alcune sono specialità tipiche della sagra e si trovano solo lì… Per chi ci sarà, magari ci incroceremo domani a pranzo in mezzo alla baldoria!

Invece, per chi viene oggi pomeriggio a Chiomonte per la marcia No Tav, l’appuntamento è sul treno che parte da Porta Nuova alle 13:15: sopra troverete un nutrito gruppo di movimentisti.

[tags]asti, festival delle sagre, treni, torino, no tav[/tags]

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venerdì 10 Settembre 2010, 15:26

Dove va la libertà

La EXGAE è una associazione spagnola senza scopo di lucro con sede a Barcellona, creata da amanti della cultura libera, che promuove l’uso e la diffusione delle licenze libere per il rilascio di software e di contenuti musicali, multimediali e artistici in genere. Esiste da parecchi anni, tanto è vero che sono loro ad avere organizzato il Free Culture Forum a cui ho partecipato lo scorso anno, coordinando una interessante discussione. Si chiama così per fare il verso alla SGAE – la SIAE spagnola – ribadendo come “ex SGAE” che dalla prigione del copyright si può anche uscire.

Qualche settimana fa, nel bel mezzo del mese di agosto, EXGAE ha ricevuto un fax dagli avvocati della SGAE, che le contestano… una violazione del marchio a scopo di concorrenza illegale. Secondo la SGAE, siccome EXGAE si rivolge agli artisti e fornisce servizi di consulenza per la distribuzione della loro produzione, fa concorrenza alla SGAE, che è il leader del mercato suddetto; e in tale attività non può dunque usare un nome che assomigli al suo. “E’ come se qualcuno aprisse dei negozi di abbigliamento col nome EXZARA”, sostengono gli avvocati.

Quanto EXGAE sia un business lo spiegano loro stessi, da ben prima di questa vicenda, sul loro sito: “Gli avvocati prendono 100 euro l’ora. Noi chiediamo 20 euro alla gente e mettiamo gli altri 80 euro. L’abbiamo fatto per un anno e mezzo e abbiamo accumulato un debito di più di 10000 euro… A fronte di una situazione economicamente insostenibile, a partire da adesso funzioneremo in questo modo. Persone di esperienza ma non avvocati risponderanno gratuitamente alle domande… Se si arriva al punto che richiede un avvocato vi metteremo in contatto con avvocati specializzati con cui concorderete voi stessi le tariffe.”

L’attacco della SGAE è chiaramente pretestuoso; utilizza la legge sui marchi come grimaldello per fermare la diffusione della pericolosa idea secondo cui, per chi vuol distribuire le proprie creazioni anche a scopo di lucro, pagare un intermediario che lucra per legge e redistribuisce gli utili ai soliti noti non è affatto necessario.

Io partecipo da oltre dieci anni alle discussioni sui nuovi principi di condivisione della cultura introdotti da Internet (che poi, non dimentichiamolo, sono in realtà quelli vecchi, quelli che l’umanità ha adottato fino a un paio di secoli fa) e ho avuto modo di conoscere molti avvocati delle lobby della proprietà intellettuale e delle multinazionali del settore, anche a livello internazionale. Non ho paura di dire che, con poche eccezioni, non ho mai visto delle persone più avide, corrotte e false di loro. Uno di questi era un tizio settantenne, americano, curatissimo, perfettamente rasato, con le rughe spianate e incremate, che vestiva abiti elegantissimi e teneva al dito un anello d’oro dall’inquietante aura tolkieniana. Ecco, se dovessi immaginare il diavolo, credo che avrebbe le forme di un avvocato delle lobby della proprietà intellettuale.

Di queste cose i media parlano ancora meno che dei processi di Berlusconi, dato che Berlusconi può anche prima o poi cadere, ma le lobby economiche restano. La proprietà intellettuale fu originariamente introdotta con uno scopo condivisibile, quello di permettere agli artisti e agli inventori di farlo come professione; uno scopo che ormai è stato ampiamente travalicato. Oggi, è la base legale con cui si vogliono vincolare e censurare le idee scomode, ridurre le opportunità di organizzazione dal basso, stringere le catene con cui, in una società basata sull’immateriale, le persone possono essere tenute al guinzaglio.

I media non parlano per esempio di ACTA, il trattato internazionale segreto con cui, con la scusa della contraffazione, i governi e le lobby che li ispirano vogliono introdurre un livello di controllo senza precedenti su Internet e sulle nostre comunicazioni. E’ al centro di accesi dibattiti da anni, ma avete mai sentito un telegiornale parlarne?

Questi sono argomenti su cui la sovranità da tempo non è più del popolo, su cui i Parlamenti hanno poco da discutere (il nostro poi, anche potendo, non capirebbe di cosa si parla); sono questioni che vengono discusse e decise come minimo al Parlamento Europeo, più facilmente dietro le porte dei club privati dei potenti del pianeta.

Eppure, sono questioni su cui davvero, più di tantissime altre, si decide il tipo e il grado di libertà della società in cui vivremo nei prossimi secoli.

[tags]proprietà intellettuale, copyright, software libero, sgae, exgae, avvocati, acta, parlamento europeo, cultura, libertà[/tags]

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giovedì 9 Settembre 2010, 13:40

Di nuovo No Tav

Puntuale come la riapertura delle scuole, riapre anche la lotta sulla TAV. Stando a un messaggio che circola in questi giorni, le forze dell’ordine avrebbero prenotato decine e decine di camere in tutti gli alberghi della Valsusa e della periferia di Torino (a spese nostre, ricordiamolo) a partire da lunedì.

Dunque, è probabile che “nella notte tra lunedì 13 e martedì 14 settembre si possano piazzare delle trivelle per dei sondaggi “leggeri” in uno di questi comuni: Torino, Rivalta, Rivoli, Villarbasse, Buttigliera Alta, Avigliana, Sant’Ambrogio… Venaus, Susa, Vaie, Chiusa San Michele”.

Naturalmente, qui non ci si fa sorprendere: è già in programma una manifestazione intitolata Prove tecniche di Resistenza, che culminerà sabato pomeriggio in una marcia da Chiomonte a Giaglione, a cui ci sarò anch’io.

Nel frattempo, quest’estate è uscita l’ennesima “imprevista” bomba finanziaria legata alla TAV: si sono accorti solo ora che i contratti con gli appaltatori fatti vent’anni fa contengono delle clausole per cui a questi ultimi viene facilissimo contestare i conti e chiedere cifre ingenti, in qualità di “compensazione” per costi aggiuntivi che naturalmente all’inizio non erano stati conteggiati. In altre parole, la costruzione della TAV nazionale (Torino-Salerno) rischia di costare sei miliardi di euro in più rispetto a quanto già pagato, che comunque è già molto di più di quanto originariamente preventivato.

Ricordiamo che la Corte dei Conti già due anni fa ha sottolineato che le promesse iniziali di autofinanziamento della TAV nazionale, via project financing dei privati, erano chiaramente campate in aria, e che ciò ha già creato, contrariamente alle assicurazioni iniziali, “un onere rilevantissimo per la finanza pubblica” (vedi pagina 49 della relazione). Aggiungiamoci ancora sei miliardate di euro… il rischio concreto è il fallimento del Gruppo Ferrovie dello Stato, che, ricordiamo, è una s.p.a. – così può essere gestita un po’ come si vuole senza sottostare ai controlli previsti per gli enti pubblici, incluso l’indebitarsi a piacere – ma è posseduta al 100% dal Ministero dell’Economia – dunque anche qui, alla fine, paghiamo noi.

In questo bello scenarietto, come si possa ancora pensare di costruire la TAV Torino-Lione è un mistero; lo scetticismo e le opinioni contrarie sono penetrate in grandi parti dell’opinione pubblica torinese, da Nuova Società a Radio Flash, dove ieri una conduttrice commentava apertamente la follia di quest’opera nonostante il PD torinese ne sia da sempre il maggior sostenitore. E lo dice uno che cinque anni fa ripeteva ciò che sentiva dai mezzi d’informazione, cioè che un’opera importante per il progresso veniva fermata da quattro montagnini facinorosi, e che poi proprio grazie a una migliore informazione ha cambiato idea su questa e su tante altre cose; in particolare, grazie al lavoro del movimento valsusino e grazie a Grillo che ne è stato il primo megafono… e così spero a mia volta di aver convinto tanti altri abitanti di Torino città.

Comunque, è ancora molto presto per cantare vittoria; la mobilitazione, e soprattutto l’informazione, sono ancora necessarie.

P.S. Ricordo anche che domani sera in via Luserna 8 alle 21 si tiene un incontro pubblico del Movimento mirato agli abitanti della Circoscrizione 3.

[tags]torino, tav, torino-lione, valsusa, ferrovie dello stato, trenitalia, grillo[/tags]

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mercoledì 8 Settembre 2010, 19:05

La moschea tedesca

Non dovrebbe esserci bisogno di fare un post per spiegare perché è una notizia positiva quella dell’apertura di una moschea a Torino, in via Urbino. E non è solo una questione di diritti, del fatto che tutte le religioni devono essere liberamente praticabili e trattate allo stesso modo dallo Stato.

L’integrazione passa innanzi tutto, prima ancora che attraverso il conseguimento di una stabilità economica e sociale tramite il proprio lavoro, attraverso la sensazione di essere rispettati e accolti. Chi, pur straniero, si sente parte della nostra comunità – si sente torinese – avrà molto più rispetto per gli altri, molto più interesse a preservare il quartiere in cui vive dal degrado, molta più voglia di contribuire alla crescita pacifica dell’intera città. Chi si sente emarginato, umiliato e messo da parte invece maturerà rabbia e frustrazione, che poi si scaricheranno in una reazione negativa verso ciò che lo circonda; e dover pregare in un garage o in un sottoscala, vedendosi negare uno spazio migliore, può essere una umiliazione non da poco anche per una persona non particolarmente religiosa.

Naturalmente ciò non vuol dire che tutto debba essere tollerato, che chiunque debba essere accolto indipendentemente da come si comporta, o che non ci debba essere attenzione alla possibilità di derive estremistiche dentro i luoghi di culto (di qualsiasi religione siano). La strada è sempre quella, distinguere tra chi rispetta la legge e la convivenza civile e chi invece le viola, per poi sostenere l’integrazione dei primi ed espellere gli altri.

Tuttavia, esattamente come le parrocchie sono ormai praticamente l’unica struttura di assistenza sociale per togliere dalle strade i ragazzi delle periferie, anche le moschee – tanto più in una cultura ancora meno laica della nostra – possono diventare un buon modo per gestire il territorio, per provare a far sì che anche tra gli immigrati chi si trova in difficoltà possa aggregarsi e trovare assistenza tra i compatrioti, invece di finire ad ubriacarsi per strada con la birra dell’unico punto di aggregazione per gli stranieri della zona – la moschea tedesca di via Aosta.

[tags]moschea, religione, islam, torino, via urbino, integrazione, immigrazione, lidl[/tags]

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martedì 7 Settembre 2010, 16:39

I cantieri del quartiere Parella (2)

Prima delle vacanze avevamo già parlato della triste situazione dei cantieri del quartiere Parella. L’estate non ha migliorato le cose, anzi: su corso Lecce sono continuate le manovre bislacche, spostando chiusure e cantieri qua e là senza grande raziocinio. Su corso Potenza è stata chiusa la carreggiata centrale per realizzare il sottopasso della nuova strada sotterranea che collegherà corso Mortara al retro dell’ex ThyssenKrupp: e ci si chiede se fosse così pressante l’esigenza di una nuova strada sotterranea in parallelo al tratto finale di corso Regina, già asse di scorrimento piuttosto veloce, peraltro portando poi le macchine a ingolfarsi su una rotonda in via Pianezza.

E poi, è stato aperto il cantiere del parcheggio sotterraneo di piazza Chironi, dimenticandosi però di spegnere il semaforo all’incrocio con via Domodossola (divenuto sostanzialmente inutile) che viene dunque allegramente superato col rosso.

Ma il bello è avvenuto proprio sotto casa mia: infatti, a un certo punto i lavori si sono espansi per le vie interne, per portare il teleriscaldamento nei palazzi. Questa è la foto dell’incrocio sotto casa mia tratta dal post precedente, presa a metà luglio:

Questa invece è la foto dello stesso punto presa una decina di giorni fa (soltanto da un angolo diverso):

parella-nuova.jpg

Bene, notate qualcosa? Al posto di quella che era una strada in buone condizioni è rimasto dopo i lavori una specie di duna da Camel Trophy, totalmente irregolare e profonda anche alcune decine di centimetri, che va abbordata praticamente da fermi per non essere sbalzati via.

A un certo punto, dopo qualche giorno, è tornata una ruspa: pensavamo che fosse per sistemare il problema, invece hanno riaperto un altro pezzetto già lavorato per poi richiuderlo peggio di prima.

Segnalo che l’incrocio in questione (via Zumaglia angolo via Pilo) è uno dei più pericolosi del quartiere, perché sta tra una lunga via a senso unico usata come scorrimento in uscita dalla zona e una stretta via a doppio senso al fondo della quale c’è un semaforo che resta verde per pochissimo tempo, invogliando chi lo vede in lontananza ad accelerare. Almeno un paio di volte l’anno c’è un incidente spettacolare con macchine completamente sfasciate, con questo bel lavoretto non oso pensare come sarà l’autunno.

Mi piacerebbe però sapere chi, all’ufficio tecnico del Comune, ha collaudato e accettato i lavori…
[tags]torino, lavori in corso, teleriscaldamento, parella, corso lecce, corso potenza, piazza chironi, via zumaglia[/tags]

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lunedì 6 Settembre 2010, 16:50

La testa oltre i fischi

In questo fine settimana molte cose sono successe, a partire dal discorso di Fini che sembra preludere alle elezioni politiche anticipate. In pratica Fini ha detto “Berlusconi vaffanculo, ti lascio l’onere di rompere, intanto io per fare un governo tecnico e cambiare la legge elettorale ci sono”; d’altra parte è probabile che riandando a votare con l’attuale sistema rivincerebbe Berlusconi, dato che una coalizione-ammucchiata che vada da Vendola e Di Pietro fino a Casini e forse anche Fini provocherebbe il vomito in molti dei suoi teorici elettori.

Allora, cosa bolle in pentola? Io sospetto che il piano partorito da qualche stratega de noantri (avete letto le dichiarazioni di Massimo D’Alema?) sia quello di costringere Berlusconi a far cadere il governo, fare un governone tecnico di due mesi sostenuto dall’ammucchiata, e andare a votare col sistema francese (maggioritario a doppio turno) o con quello tedesco (proporzionale con selezione uninominale degli eletti), ossia con un sistema che permetta all’opposizione di presentarsi alle urne divisa in due o tre poli (Fini-Casini-Montezemolo, PD, Vendola-Di Pietro) per poi accordarsi rispettivamente dopo il primo turno o in Parlamento in base ai risultati conseguiti. Naturalmente non è detto che la cosa riesca, ed è anche possibile che Berlusconi la tiri per le lunghe o che si vada a votare subito col sistema attuale.

Noi del Movimento 5 Stelle, di fronte a questa prospettiva, come ci poniamo? La contestazione di sabato, di cui non rinnego nulla, è stata un momento importante e che ci ha portato altre simpatie in chi combatte per un’Italia nuova, libera e pulita; certamente mi dispiace che non si sia riusciti a raggiungere l’obiettivo iniziale della contestazione, almeno per noi del Movimento, che era quello di ottenere trenta secondi per fare le famose due domande a Schifani, e chiedere spiegazioni sulle sue frequentazioni mafiose e sull’insabbiamento dell’iniziativa di legge popolare “Parlamento pulito”. L’unica cosa che ci è stato concesso di fare è ribadire coi fischi che persone in serio odor di mafia, condannate o no, non devono avvicinarsi a cariche istituzionali di quel rilievo; e che la degenerazione delle istituzioni non può più essere tollerata passivamente.

Il rischio, però, è di passare presso ampi settori dell’opinione pubblica come quelli che sanno soltanto contestare, finendo ghettizzati nell’angolino degli estremisti, magari con sopra una bella etichetta di “sinistra estrema” che proprio non ci appartiene (né “sinistra”, né “estrema”). Contro questo rischio ci vuole una strategia: noi abbiamo tante idee, tante esperienze di società sostenibile, equa e virtuosa che sui nostri Facebook circolano a dozzine… ma solo sui nostri Facebook.

Grazie alla parzialità dei media, il rischio è che tutte le nostre proposte spariscano e vengano cancellate dalla scena; contro questo rischio ci va calma, preparazione, capacità di argomentare le nostre idee, e anche un po’ più di nervi saldi da parte di alcuni di noi. In giro la rabbia è forte, palpabile, a tratti incontrollabile, ma l’esagitazione davanti alle telecamere serve fino a un certo punto; meglio la protesta delle agende rosse e degli striscioni, per dire. Anche se poi, quando lo striscione viene strappato a forza dopo dieci secondi, che altro puoi fare se non gridare?

E non è tutto qui; anche per presentare una proposta credibile alle eventuali elezioni politiche (ma anche alle già certe elezioni comunali) serve una strategia coerente. Serve una pianificazione attiva, per mobilitare le forze anche in quelle parti d’Italia dove sono meno organizzate, per ampliare il sostegno alla nostra proposta in tutto quel mondo alternativo e associativo che la pensa come noi ma magari nemmeno lo sa. Serve l’individuazione di una manciata di punti programmatici fondamentali, magari tramite gruppi di lavoro aperti a tutti sulla famosa “piattaforma”, e di candidati giovani ma competenti e credibili, scelti dal basso dopo ampia discussione e presentati con sufficiente anticipo per farli conoscere. Serve l’implementazione pronta e ben ragionata dei nostri metodi di democrazia partecipativa, permettendo a tutti i cittadini onesti di impegnarsi nel Movimento e di darci forza, e garantendoci contro qualsiasi aspirante “capetto”.

Serve, insomma, un piano di lavoro intelligente e ben concepito in anticipo; costruito con una grande discussione tra le centinaia di persone di valore che si sono impegnate in questi anni nel Movimento, e realizzato con cura. Se veramente si andasse a votare in primavera i tempi sono molto stretti; spero che a Cesena ci potrà essere lo spazio e l’occasione per un primo incontro.

Quel che non si può fare, invece, è andare ad eventuali elezioni politiche alla chetichella, in ordine sparso, magari scoprendo solo alla fine che in certe zone non si raccolgono le firme o che non si riesce ad elaborare un programma sufficientemente approfondito (un social network è un ottimo elaboratore di idee ma ha comunque bisogno che qualcuno dentro ce le metta; non possiamo fare l’errore di pensare che lo strumento informatico generi automaticamente i contenuti). Lo sbarramento al 4% su base nazionale (difficilmente sarà rimosso, qualunque sia il sistema elettorale, anzi potrebbe salire al 5% tedesco) è tutt’altro che semplice da superare, visto che partiamo dal 3,7% di media nelle cinque regioni in cui siamo più forti, ma in alcune parti d’Italia non siamo praticamente presenti. Lo spazio c’è, ma bisogna lavorare molto e bene, tutti nella stessa direzione.

Con tutti i limiti e gli errori che possiamo aver compiuto fin qui, credo che il Movimento 5 Stelle sia ancora l’unica speranza di cambiamento vero, oltre che l’unico movimento politico veramente fatto dai cittadini e libero da interessi privati e logiche di attaccamento al potere; e chiunque abbia critiche da fare è benvenuto tra noi a far di meglio. Possiamo, dobbiamo credere di poter cambiare le cose; basta ricordare che, dopo i fischi e la rabbia, serve anche la testa.

[tags]movimento 5 stelle, politica, elezioni[/tags]

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lunedì 6 Settembre 2010, 09:40

Selezione dal PD’s Digest

La prima selezione è fatta di battute prese dal forum di Spinoza (*):

“Festa del Pd, Schifani fischiato durante un incontro con Fassino. A fermare i contestatori non è bastato l’imbarazzo della scelta.”

“Festa PD, Schifani contestato. No, non dal PD.”

“Schifani contestato alla festa PD: “Fuori la mafia dallo Stato”. Ma lui aveva già risposto che preferirebbe evitare le elezioni anticipate.”

“Bersani ha telefonato al presidente del Senato per esprimere solidarietà e profondo rammarico per quel che è avvenuto oggi a Torino. E ha auspicato che la mafia possa metterci una pietra sopra.”

“Festa Pd, i grillini irrompono contro Schifani. Che si è dimostrato indignato per la presenza dell’opposizione.”

“La contestazione ha portato scompiglio alla festa PD. Alcuni militanti si sono svegliati.”

“Fassino: “la festa del Pd è un luogo dove si discute e si mettono a confronto le idee”. In effetti era interessante sapere il punto di vista della mafia.”

“Alla festa del PD aspra contestazione durante il dibattito fra Schifani e Fassino. Al primo i fischi, all’altro i fiaschi.”

La seconda selezione è composta di frasi che mi sono state rivolte su Facebook da militanti e sostenitori del PD:

“Ma vai via te, coglione. Siamo l’ unico partito che elegge i suoi dirigenti con una consultazione popolare, e dovremmo sottostare alle condizioni da uno che lecca il culo di un miliardario per un posticino da assessore di Vattelapesca. Altrimenti “non se ne puo’ parlare”, pensa te. Buffone.”

“voglio vedere se tu e i tuoi amici avete le palle di rompere le scatole ai razzisti che stanno al valentino. ma non mi devo illudere il tuo leader bono del resto ha dichiarato di avere votato lega in passato. avevo fatto finta di non sentire fino a ieri e di tollerare. ma la violenza fisica e la mancanza di rispetto per chi cerca di far rispettare le regole democratiche non l’accetto. quando sentirò che spaccherete un braccio ad uno della lega avrete il mio rispetto.”

“Siete semplicemente patetici. è una festa nazionale, dove a parlare sono i politici, non gli incompetenti! Dove sta scritto che chiunque doveva poter parlare?”

(Nota: 1) se volevo fare l’assessore mi iscrivevo al PD dieci anni fa, certo non mettevo la mia faccia per un movimento che non controlla alcuna posizione di potere e che sta sulle scatole a tutta la casta; 2) al di là della strana logica di non accettare la violenza e poi incitarci a rompere un braccio ai leghisti tutto nella stessa frase, l’ultima volta che siamo andati dalla Lega era non più di due mesi fa… e ci saremmo andati anche ieri sera se la Digos, dopo il casino di sabato, non ci avesse schedati tutti e bloccati a prima vista)

(*) gli autori sono FrancescoCocco, Po’Lentone, Archi il Leone, Starrynight, cocosauro, Dante Docet, mancio1971, Puccio di luce.

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