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Archivio per il mese di Ottobre 2010


sabato 30 Ottobre 2010, 11:14

Patria e bandiera

Già so che le celebrazioni per il centocinquantenario dell’unità d’Italia – su cui ho espresso in passato le mie perplessità – ci riempiranno di polemiche quotidiane da qui alla primavera. Quella di oggi riguarda l’idea di tappezzare il centro di Torino – non si capisce se a spese pubbliche – di bandiere tricolori, per tutta la durata delle celebrazioni; proposta dell’amministrazione osteggiata, manco a dirlo, dalla Lega.

Si sa che i veri progressisti non hanno mai amato le bandiere nazionali, dunque quest’improvviso amore per il tricolore da parte di Chiamparino e i suoi non fa altro che confermare la loro transizione salottiera e altoborghese. Ma c’è un altro motivo, oltre alle mie perplessità sopra linkate e relative all’oggetto stesso della celebrazione, per cui questa idea mi piace proprio poco.

Quello proposto mi sembra un uso della bandiera contemporaneamente avvilente e pericoloso. Avvilente, perché la bandiera non è un oggetto decorativo e colorato, da appendere perché fa allegria; usarla in tal senso, replicandola all’infinito come un logo qualsiasi, ne svilisce il valore. Pericoloso, perché è abbastanza esplicito il tentativo di usarla come simbolo di parte, appunto contro la Lega. Il rischio è di generare nella mente di molti torinesi un parallelo del genere: così come la Lega tappezza la scuola di Adro del sole delle Alpi, il centrosinistra tappezza Torino del tricolore.

Se la percezione fosse questa, sarebbe un grosso regalo proprio alla Lega: vorrebbe dire riconoscere e promuovere l’uso della bandiera a fini politici, per la propaganda di una parte contro l’altra, e negarne il valore come simbolo di tutti. Vorrebbe dire riconoscere (come già purtroppo fanno i simpatizzanti padani) che le celebrazioni del centocinquantenario sono una festa di parte e non di tutti – se così fosse, davvero è meglio non farle proprio.

Secondo me la bandiera deve stare là sui pennoni e non altrove, così come l’inno deve essere eseguito nelle occasioni ufficiali e non altrove (trovo scandaloso l’uso dell’inno nazionale come jingle pubblicitario – ultimamente lo fa pure Robe di Kappa). Questo è l’unico modo di onorare e valorizzare i nostri simboli nazionali.

[tags]bandiera, inno, unità d’italia, italia 150, celebrazioni, torino, chiamparino, lega[/tags]

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giovedì 28 Ottobre 2010, 12:56

Bunga bunga bang bang

Oggi vi lascio due link da leggere.

Difficilmente non avete ancora letto il primo: è la storia della minorenne marocchina di bella presenza che avrebbe denunciato la sua partecipazione a festini porno-pedofili nella villa di Arcore, con Silvio Berlusconi e Emilio Fede. La cosa sarebbe venuta a galla quando, fermata dalla polizia per un comunissimo furto, sarebbe stata liberata d’imperio su ordine di Palazzo Chigi e riconsegnata a Nicole Minetti, la splendida “igienista dentale” di Ber… no, dai ragazzi, vaffanculo, non ce la faccio più a scrivere queste stronzate, la verità sulle porcate sessuali di Silvio ormai è chiara a tutti, su Facebook e nei bar lo prendono per il culo all’infinito, il problema è che nel mondo prendono per il culo l’Italia. Ah, e il “bunga bunga” è uno stupro anale di gruppo.

Allora vi lascio invece con un altro link che quasi certamente non avete letto. Viene dal blog di una signora di Napoli che è in piazza a Terzigno e che racconta il vero perché di questa protesta, gli interessi che obbligano a non differenziare e non compostare ma invece ad incenerire e interrare in discarica, a favore dell’Impregilo. Ma potete anche leggere la storia (nell’ambiente nota da settimane) del sindaco Cenname, raccontata stamattina anche da Gramellini, o di come vari dignitari del PDL, con possibili ombre di camorra, guadagnino dalla gestione dei rifiuti napoletani; peraltro, lo stesso amministratore dell’azienda rifiuti Asìa denuncia che gli è stato ordinato di alimentare l’emergenza, forse perchè l’emergenza ora potrà generare appalti con molta maggiore libertà.

Mi sembra che l’Italia di oggi sia tutta qui: in questa depravata fine regime, una piccola élite si diverte col “bunga bunga” mentre se gli italiani, abbandonati a se stessi, osano protestare vengono accolti col “bang bang” di lacrimogeni tossici e scaduti sparati ad altezza uomo.

[tags]berlusconi, ruby, emilio fede, pedofilia, porno, scandali, sesso, bunga bunga, terzigno, rifiuti, emergenza, bertolaso, cenname, gramellini, asia, pdl, camorra, lacrimogeni[/tags]

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mercoledì 27 Ottobre 2010, 18:51

La supercazzola

Che poi, dicono i puristi, sarebbe in realtà supercazzora; ma non divaghiamo. Raccontiamo invece che due giorni fa su Micromega, l’estensione snob del giornale del PD, è comparso un articolo intitolato: “Dibattito. Beppe Grillo è un po’ qualunquista? Dì la tua”. In allegato, due altri articoli per introdurre il dibattito dai due punti di vista: uno di Gilioli, contro Grillo anche se possibilista, e uno di tal Pellizzetti, contro Grillo e basta.

Ora, nessuno nega che nelle uscite di Beppe ci sia alle volte del qualunquismo; la mia risposta infatti è stata “Beppe Grillo è indubbiamente un po’ qualunquista. Tutti gli altri, in compenso, sono un po’ corrotti, nepotisti, ipocriti, raccomandati, incompetenti, collusi, obsoleti, provinciali e incollati alle sedie col Bostik. Continuo a preferire Beppe.”. Ma l’organizzazione del “dibattito” era chiaramente prevenuta, e così, avendo capito che non sarebbe stato possibile discutere seriamente, ho deciso di prenderla sul ridere; questo anche a fronte del testo del suddetto Pellizzetti, che vi invito assolutamente a leggere – un vero capolavoro di politichese quasi totalmente incomprensibile.

E così, ho lasciato sotto l’articolo di Pellizzetti un commento vagamente ironico, e precisamente questo:

Parla come mangi

Sono Vittorio Bertola del Movimento 5 Stelle di Torino e volevo solo dire che ho letto due volte il suo commento ma non sono riuscito a comprenderlo. Ora ho chiesto aiuto a un mio conoscente di vent’anni più vecchio, lui negli anni ’70 c’era e magari lo capisce: parlatevi pure tra voi nel vostro politichese, mentre noi andiamo avanti a cambiare il mondo. Distinti saluti,

Apriti cielo! Ovviamente mi hanno subito accusato di non essere costruttivo. Eppure l’assurdità del testo di Pellizzetti, pieno di paroloni per nascondere un sapido rosicamento, non dovrebbe sfuggire a nessuno; tantomeno è sfuggita a Beppe, che difatti ha cominciato in questi giorni a ripubblicarne ogni giorno un estratto, in fondo al post del giorno, sotto il titolo “La supercazzola di oggi”.

E allora stasera ho deciso di rispondere a Pellizzetti per le rime, e gli ho lasciato una risposta concreta, precisa e scritta in un linguaggio che anche lui potesse capire. Eccola qui:

Una risposta concreta

Chiarissimo professor Pellizzetti, mi pregio di permanere nella mia identità di Vittorio Bertola, artefice del più dibattuto contributo sin qui caduto nel suo acuto commentario, forcipe di un’anticipatoria e preveggente apertura dialettica e prospettica nel dialogo politico del suo sé col non-sé collettivo, sfigurato e – a suo modo – anonimamente deprivato di una identità propria, qual è quello che Lei attribuisce a ciò che implicitamente denomina “grillianesimo”. Ciò che la sua pur puntuale analisi pare non cogliere è l’estensione obnubilante di un’anàbasi politica da molti di noi vissuta, alla quale non può, freudianamente parlando, non corrispondere una sensazione di personale esaltazione. Incorporando dunque cortesemente il suo comprensibile appello a una minore iomaniacità, ma suggerendole l’inevitabile autoriflessività di un simile messaggio, mi pregio ulteriormente di invitarla a recarsi a comporre poesie con Sandro Bondi. Rispettosamente, Suo V. B.

Tutto chiaro? Guardate che gli sto persino dando in parte ragione…

La verità è che la supercazzola, prima di venire utilizzata a nostro danno menando il can per l’aia per nascondere la realtà, era un’arte sopraffina del nonsenso; e chi di supercazzola ferisce, meritatamente di supercazzola dovrà perire!

[tags]supercazzola, beppe grillo, movimento 5 stelle, micromega, intellettuali, pd[/tags]

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martedì 26 Ottobre 2010, 18:19

Efficienza italiana

Oggi vorrei pubblicare e farvi leggere questa lettera, scritta da qualche funzionario dell’ambasciata italiana in Pakistan al tecnico locale di una nostra azienda, in risposta alla sua richiesta di visto per potersi recare presso la sede aziendale in Italia.

italian-embassy-544.jpg

In pratica, visto che nonostante il loro duro lavoro non riescono a smaltire la coda, nessuno riesce più ad andare in Italia, a meno di chiederlo con anticipi geologici.

Ovviamente in Pakistan ci stanno già ridendo dietro…

[tags]italia, ambasciate, ministero degli esteri, pakistan[/tags]

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lunedì 25 Ottobre 2010, 10:34

La cresta

La vita può essere tragica; tutti noi speriamo di non trovarci mai di fronte a drammi che però accadono tutti i giorni. Tra questi drammi c’è sicuramente la morte improvvisa e imprevista di persone giovani; esaminando i dati che il nostro Istituto Nazionale di Statistica mette a disposizione dentro uno ZIP contenente un foglio Microsoft Excel (evviva l’accessibilità) si scopre che nel 2007 in Italia sono morte 9375 persone tra i 20 e i 40 anni. La prima causa di morte sono, come noto, gli incidenti stradali (22,7%); meno noto è che la seconda, che presto potrebbe diventare la prima anche in questa fascia di età, è il cancro (21,7%). La terza causa di morte, a debita distanza ma comunque con più di 800 vittime, è il suicidio (8,8%). Queste cause sono tutte e tre, in modi diversi, sintomi di disfunzioni della nostra società, e sono talmente diffuse che se ne parla il meno possibile; si parla molto di più di cause di morte numericamente ben meno rilevanti, come l’omicidio (2,7%) e l’AIDS (1,9%).

Nell’elenco non compare la causa che ultimamente va più di moda sui giornali: la “malasanità”. Soltanto due giorni fa, sulla cronaca cittadina, l’ennesimo caso: una ragazza di 33 anni morta in sala operatoria durante la sostituzione di una valvola cardiaca, una operazione teoricamente di routine. Quasi sempre, il sottotitolo è lo stesso: i parenti che gridano “ce l’hanno ammazzata”, “vogliamo giustizia” e “qualcuno deve pagare”.

E’ comprensibile ed umano che una persona che sta vivendo una tragedia del genere parli così e senta il bisogno di trovare un colpevole (meno giustificabile che ciò venga rilanciato dai giornali e dalle televisioni). Se ci pensate, però, queste affermazioni tradiscono la concezione piuttosto distorta della vita e della morte che permea la nostra società: una concezione basata sull’aspirazione all’immortalità, e persino su una certa fiducia nel fatto che l’uomo possa dominare qualsiasi condizione avversa impostagli dalla natura.

Nel caso specifico, l’operazione di routine consiste nell’addormentare qualcuno in maniera innaturalmente profonda, aprirgli il cuore, togliergli un vecchio pezzo di plastica che sostituisce la sua valvola cardiaca difettosa e metterne uno nuovo. A guardarla bene, non si capisce come si possa essere arrivati a considerare una cosa del genere “di routine”. Come umanità, possiamo senz’altro esserne orgogliosi, ma non credo che abbia senso pensare il successo di queste terapie come un diritto, e dunque il fallimento di una operazione chirurgica come un omicidio; non solo perché la fallibilità è umana – se fosse richiesto il 100% tondo di successo in tutto ciò che facciamo, nessun umano potrebbe guidare un veicolo: ci risparmieremmo quasi ventimila morti l’anno solo in Italia, ma la nostra società non funzionerebbe più – ma perché il rischio di morte è intrinseco ed ineliminabile in una operazione di quel tipo, e nella maggior parte dei casi avviene senza alcun errore da parte dei medici.

Con tutta la nostra scienza, non sappiamo perché ogni anno decine di neonati muoiano di “sindrome della morte improvvisa nell’infanzia”; muoiono in culla, e basta. Quando si vivono drammi del genere, dal punto di vista del singolo è difficile, forse impossibile, farsene una ragione; dal punto di vista collettivo, però, è un chiaro invito ad abbassare la cresta, e a spiegare agli individui che non tutto è sotto il nostro controllo.

[tags]malasanità, morte, omicidio, medicina, scienza[/tags]

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domenica 24 Ottobre 2010, 20:22

La signora Annarella

Per chi non li avesse visti su Facebook, lascio anche qui i video del mio nuovo idolo, la signora Annarella: altro che Bersani e Di Pietro, questa sì che è opposizione.

[tags]roma, montecitorio, opposizione, annarella[/tags]

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sabato 23 Ottobre 2010, 10:21

Normalità pelosa

Ha fatto molto scalpore in città, in questi giorni, la vicenda del volantino-offerta di lavoro che scriveva esplicitamente “NO PERDITEMPO E NO STRANIERI”. Si sono subito scatenate le analisi sociologiche e le reazioni poltiiche, con Chiamparino che parla di “grave episodio di razzismo” e si prostra davanti al commissario europeo romeno. Dato che sul volantino c’è un numero di cellulare, i responsabili saranno presto presi e assicurati alla giustizia. Tutto risolto?

Per quanto mi riguarda, sono stato più interessato (sorpreso no, le prevedevo) delle reazioni dal basso, che sono molto ben esemplificate dalla lettera pubblicata oggi su Specchio dei Tempi:

«Scrivo in merito ai volantini che girano per Torino: offrono lavoro nei centri commerciali e non vogliono stranieri. Subito si è levato in coro di sdegno e rabbia, con richieste di scusa agli stranieri per questa forma di razzismo. Ma non è razzista anche chi cerca dipendenti dai 18 ai 24 anni? Perchè nessuno chiede scusa anche a chi, come me, ha 49 anni e viene discriminato per l’età? Troppo vecchio per lavorare? Davvero non sono più in grado di fare niente? «Io ho bussato a tante porte ma nessuna si è aperta, anzi non ci sono state neanche risposte. E dire che ho venti anni di esperienza nel settore commercio «Eppure io sono italiana e devo far fronte alle spese come tutti, immigrati e non. Per cui mi sento discriminata anch’io e mi sembra un razzismo per il quale non si indigna nessuno».

Molto pochi, tra i lettori italiani della Stampa, si sono preoccupati degli stranieri discriminati sul posto di lavoro; quasi tutti hanno invece pensato “e io?”. Ognuno di noi si è sentito discriminato per qualcosa, spesso a ragione; non di rado, a un colloquio di lavoro si viene respinti perché si è bassi, perché si è brutti, perché si ha la erre moscia che suona un po’ snob, perché non piace il colore della cravatta, o, più spesso, perché si è donna o perché non si è più giovani (in certi casi anche perché si è troppo giovani).

D’altra parte, uno dei principi basilari della nostra società è la proprietà privata; se l’azienda è mia, assumo chi voglio (se la casa è mia, la affitto a chi voglio) e non sono tenuto a fornire spiegazioni. Questo principio ha cominciato ad essere mitigato con le lotte per i diritti dei neri negli Stati Uniti, nel dopoguerra, e ha progressivamente dato vita a una folta legislazione che discrimina per non discriminare, obbligando i privati ad assumere, per esempio, un disabile ogni 15 dipendenti (uno dei motivi per cui certi grandi gruppi si organizzano in micro-aziende di 14 dipendenti ognuna) o vietando, appunto, l’aperta discriminazione degli stranieri e delle donne (“aperta” perché comunque se tu non assumi qualcuno non sei tenuto a fornire ragioni, dunque ti basta non dire chiaramente che è una questione di genere o di colore della pelle; in molti casi il datore di lavoro non è nemmeno cosciente del suo pregiudizio ed è convinto di aver scelto in modo oggettivo).

Cosa distingue, allora, ciò che è una discriminazione accettabile – richiedere la laurea o una età non superiore a 25 anni – da una discriminazione inaccettabile, da vietare per legge? Non lo distingue niente; è un fattore culturale, una scelta politica. E allora è anche giusto che ogni categoria si faccia sentire per chiedere protezioni migliori; credo che una legge che vietasse le discriminanti di età negli annunci di lavoro riscuoterebbe un enorme consenso, nella nostra società di vecchi.

D’altra parte, non servirebbe a nulla: le aziende continuerebbero ad assumere i giovani, che costano meno e si lasciano sfruttare senza opporre resistenza, così come continueranno a non assumere gli stranieri se non li vogliono, qualsiasi legge venga fatta; a dimostrazione che sui temi sociali la legge ha un importante ruolo di sostegno, ma le battaglie si vincono o si perdono a livello culturale.

E allora, tutta questa indignazione per chi ha messo nero su bianco la normalità, quello che in silenzio fanno in molti, suona anche un po’ ipocrita; come se i politici non sapessero che il razzismo strisciante e crescente deriva dalla loro incapacità ventennale di gestire l’immigrazione in maniera appena decente; come se il problema, come spesso in Italia, non fosse il fare qualcosa di male, ma il dirlo apertamente.

[tags]immigrazione, lavoro, annunci, stranieri, discriminazione, donne, xenofobia, torino, chiamparino[/tags]

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mercoledì 20 Ottobre 2010, 18:06

I cantieri del quartiere Parella (4)

Pensavate che fosse finita? Ma no, certamente… rispetto all’ultimo post, ne hanno combinate ancora!

Dovete sapere che attorno a casa mia è diventato molto difficile parcheggiare, da quando hanno aperto il cantiere del parcheggio di piazza Chironi eliminando un centinaio di posti auto. Se prima parcheggiavo tranquillamente sotto casa fino alle 18, adesso non c’è mai un posto e bisogna andare verso corso Lecce.

Bene, a inizio della scorsa settimana apprendiamo una ferale notizia: troviamo tutto il tratto di via Zumaglia sotto casa punteggiato di segnali di divieto di sosta e fermata, per un paio di centinaia di metri. I lavori del teleriscaldamento sono arrivati anche da noi, e non per breve tempo: su ogni cartello è appiccicato un foglio di carta su cui è scritto che il divieto durerà dal 14 ottobre al 22 novembre, più di cinque settimane per duecento metri di lavori.

Il 14 ottobre, giovedì scorso, la via è perfettamente sgombra: tutto pronto per iniziare i lavori. Se non che, purtroppo, non si vede nessuno: in tutta la giornata non arriva nemmeno mezzo operaio. Venerdì 15 la via è ancora sgombra, ma nemmeno allora si presenta qualcuno. A quel punto molti, stufi di girare inutilmente cercando parcheggio, sfidano il divieto e ricomincia l’occupazione della via. Nel weekend molti sono fuori Torino, ma lunedì la via è di nuovo piena di auto in sosta, infilate alla bell’e meglio tra un cartello e l’altro (visto che sono stati messi sulla carreggiata). Nemmeno lunedì mattina appaiono le ruspe.

Oggi, in compenso, guardo i cartelli e scopro che qualcuno è passato… a cambiare i fogli: ora dicono che i lavori saranno dal 21 ottobre al 30 novembre. Di fatto, per una settimana il parcheggio è stato vietato inutilmente: disagi inutili, inquinamento inutile, rumore inutile, solo perché non sono nemmeno capaci a programmarsi il lavoro. Vedremo se domani mattina si presenteranno davvero le ruspe!

Speriamo almeno che dopo questi lavori sistemino per bene l’asfalto, perché non solo la gobba di cui ho parlato nell’ultimo post è ancora lì, ma ieri mattina su di essa c’è stato un altro bell’incidente…

[tags]torino, parella, cantieri, lavori, traffico, appalti[/tags]

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martedì 19 Ottobre 2010, 17:40

Aggiornamenti sulle comunali a 5 stelle

Alcuni di voi, dopo i post passati, mi hanno chiesto aggiornamenti su come procedano le vicende della lista civica torinese del Movimento 5 Stelle. Il tema è delicato, ma mi sembra comunque giusto fare un piccolo e asettico rapportino.

In queste due settimane si sono tenute due riunioni serali. Nella prima si sono confrontate le due visioni a riguardo della composizione della lista, quella (da me sostenuta) che spingeva per una lista interamente fatta dai cittadini attraverso le primarie, e quella che spingeva per una lista fatta all’interno del gruppo di una ventina di persone che si è riunito regolarmente in questi mesi. Alla fine, in una riunione abbastanza partecipata, si è optato per una soluzione di compromesso che accontentasse o scontentasse ugualmente tutti: dunque si è scelto di affidare la scelta del candidato sindaco (si suppone che per i consiglieri ci saranno meno aspiranti che posti, come è sempre stato) a un doppio voto parallelo – uno tra gli “attivisti” e uno tra tutti i cittadini. Ciascuno dei risultati dei due voti peserà per il 50%.

Chiaramente, un sistema di questo tipo non rispetta in senso stretto il principio “ognuno vale uno”, perché se supponiamo che nel primo voto votino 50 attivisti e nel secondo 500 cittadini risulterà che il voto di un attivista vale come quello di 10 cittadini. D’altra parte lo stesso principio è stato molto dibattuto; varie persone lo interpretano come “ognuno vale uno se è attivo nel Movimento”, conservando la distinzione tra attivista e simpatizzante-cittadino generico; queste persone hanno paura di ogni genere di cattivo fenomeno associato ai voti di massa, cioè di voti non informati, dati con superficialità, manipolati tramite il “rastrellamento” di amici e parenti e così via. Alla fine, la via di mezzo è stata ritenuta l’unica percorribile per non spaccare il gruppo; io sono comunque contento di avere ottenuto che le primarie pubbliche vengano fatte.

Si è anche deciso che soltanto tre candidati saranno ammessi alle primarie, affidando al gruppo degli “attivisti” una scrematura iniziale tra tutte le candidature presentate; si è inoltre deciso che solo chi è attivo nel Movimento da almeno sei mesi possa candidarsi a sindaco, mentre la candidatura a consigliere è più libera, fatti salvi i requisiti di Grillo e un controllo da parte del gruppo per evitare persone poco raccomandabili.

La riunione successiva è stata molto partecipata; si sono presentate una settantina di persone, di cui una ventina mai viste prima, grazie anche all’attività di promozione su Facebook svolta da uno dei partecipanti. Questa attività di promozione ha suscitato notevoli polemiche, in quanto una parte del gruppo ha accusato il suo autore di voler portare in riunione “truppe cammellate” per influenzare il risultato delle votazioni. La polemica è stata acuita anche dal risultato un po’ a sorpresa delle votazioni della serata: si è deciso che anche gli ultimi arrivati, se lavoreranno alacremente nel prossimo mese, potranno essere considerati “attivisti” e votare nella prima parte delle primarie; e si è deciso che per potersi candidare, sia a sindaco che a consigliere, è necessario non aver mai avuto una tessera di partito in vita propria.

Su questo punto, nei giorni dopo la riunione, si è aperto un ulteriore fronte di polemica: un gruppo di persone entrate da poco nel gruppo – tra cui alcune persone che avevano la tessera del PD fino a pochi mesi fa e un ex consigliere comunale della Margherita – hanno iniziato a contestare pesantemente la scelta di vietare le candidature agli ex tesserati, chiedendo che venisse ridiscussa, e anche a mettere in discussione la scelta di non allearsi con alcun partito.

La prossima riunione si terrà domani sera; sarà aperta al pubblico, ma, per evitare le polemiche della scorsa volta, sulle metodiche del voto tra gli attivisti saranno ammessi a votare solo gli attivisti stessi (una lista di 55 persone). Nel frattempo le discussioni continuano sul forum, che è aperto a tutti, in maniera anche parecchio accesa (io stesso ho dovuto smettere di scrivere per alcuni giorni dopo essermi trovato nel mezzo di una classica flame war).

Per quanto mi riguarda, sono in una fase di riflessione: il clima acceso e le parziali differenze di vedute sul rapporto tra Movimento e cittadini non incoraggiano la mia partecipazione, ma per portare avanti un progetto politico bisogna agire in gruppo e per far sopravvivere il gruppo ogni individuo deve accettare qualche compromesso e fare qualche passo indietro. Io ho le idee molto chiare su come vorrei cambiare Torino; non vedo l’ora che si possa finalmente parlare di questo.

[tags]movimento 5 stelle, torino, elezioni comunali, beppe grillo[/tags]

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lunedì 18 Ottobre 2010, 11:44

La vera finzione

Ho scoperto per la prima volta il lavoro degli Yes Men molti anni fa, ai tempi della loro burla ai danni della Dow Chemical. Per chi non lo sapesse, la Dow è uno dei grandi colossi multinazionali della chimica, ed è anche la proprietaria della Union Carbide, l’azienda il cui stabilimento di Bhopal, in India, provocò nel 1984 uno dei maggiori disastri artificiali della storia.

Migliaia di persone – le stime variano da 2.000 a 25.000 – morirono per una nube tossica sprigionata dallo stabilimento che, essendo in definitiva chiusura, era privo di molte misure di sicurezza (mi ricorda qualcosa). Altre decine di migliaia di persone furono rese invalide, nacquero deformi e così via. Su pressione del governo americano, i successivi processi furono depotenziati e la Union Carbide si limitò a pagare 470 milioni di dollari al governo indiano, una cifra decisamente ridotta per un disastro del genere, mentre le vittime ricevettero, quando andò bene, un sacchetto di perline (molti non ricevettero nulla). La Dow e la Union Carbide hanno sempre rifiutato qualsiasi ulteriore risarcimento, ma in maniera non esplicita: dilazionando, nascondendosi dietro gli avvocati, rifiutando i processi in India e così via.

Nel 2004, gli Yes Men – un duo di attivisti americani che nel tempo si è costruito un seguito di centinaia di aiutanti – decisero di riaccendere l’attenzione sul caso, con una burla mediatica provocatoria ma anche molto interessante per capire il nostro mondo. Prima, su un finto sito web in tutto simile a quello vero, la Dow annunciò ufficialmente di non avere alcuna intenzione di farsi carico dei danni; e non successe niente. Nessuno protestò, nessun giornalista fece articoli, nulla. Poi, con un colpo di fortuna, la BBC cercò di contattare la Dow per invitare un rappresentante a parlare di Bhopal in occasione del ventesimo anniversario – e scrisse al sito sbagliato.

Uno dei due, dunque, si travestì da portavoce della Dow, e si presentò negli studi per una intervista alla BBC. All’inizio pensavano di andare lì e dire la verità, cioè che alla Dow non frega nulla di risarcire adeguatamente i danni che ha causato, ma ormai avevano capito che la verità non interessava a nessuno: dunque dissero una bugia. In diretta su BBC World, il finto portavoce della Dow annunciò che l’azienda aveva finalmente deciso di stanziare i 12 miliardi di dollari necessari per un risarcimento decente.

Questa sì che era una notizia; tutte le agenzie la batterono, e dovettero poi dunque anche pubblicare, un paio d’ore dopo, la smentita della Dow (quella vera), che ammetteva di non avere nessuna intenzione di risarcire le vittime; e il mondo si ricordò di Bhopal.

La questione arrivò alle mie orecchie perché una delle linee di attacco della Dow fu quella che queste persone non avevano il diritto di registrare dowethics.com, visto che “dow” era un marchio registrato. La Dow è molto potente – riuscì persino a far censurare un articolo scientifico da uno dei maggiori editori scientifici del pianeta – ma l’America su queste cose è un grande Paese, per cui il sito, a norma di primo emendamento, è ancora lì (in Italia non credo che sarebbe potuto succedere).

Da allora seguo gli Yes Men, ed è per questo che stamattina, quando mi è arrivata una mail firmata dall’ufficio stampa della Chevron in cui il gigante petrolifero annuncia la campagna pubblicitaria “We Agree” e si prende l’impegno di farsi carico dei danni che causa al pianeta, ho sorriso amaramente. La burla è molto ben fatta: questo è il finto sito delle relazioni pubbliche della Chevron – notate come tutti i link rimandino al sito vero, rendendo la burla invisibile a chi non è allenato – e questo è il finto sito della campagna pubblicitaria. Vediamo se qualcuno ci casca ancora, o se anche la Chevron sarà costretta a smentire pubblicamente di volersi assumere le proprie responsabilità…

[tags]yes men, burle, multinazionali, protesta, responsabilità sociale, dow, union carbide, bbc, bhopal, chevron[/tags]

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