La ndrangheta, Fassino e le primarie del PD
Abbiamo tutti sempre saputo che la politica e lo Stato, anche al Nord, sono pesantemente infiltrati dalle mafie. E però, leggere nero su bianco le conversazioni dei politici con i capi della ndrangheta torinese è terribile, fa male al cuore; a maggior ragione perché ad essere coinvolti sono nomi eccellenti di tutti gli schieramenti, Fassino compreso.
Da una parte, nel PDL, li hanno proprio in casa: come Nevio Coral, il potente ex sindaco e padre dell’attuale sindaco di Leinì, un mese fa candidato a sindaco di Volpiano, arrestato perché pare andasse a cena con l’intero clan organizzando di piazzare uomini delle cosche nelle istituzioni; e come il consigliere comunale di Orbassano Luca Catalano, nipote del boss Giuseppe Catalano considerato il capo dei capi in città , che porta la Porchietto, allora candidata presidente della Provincia, a incontrare lo zio nel suo bar.
Dall’altra, nel PD e nell’IDV, li chiamano continuamente per chiedergli voti: e qui al centro della storia c’è la ndrangheta rivolese. Tutti sanno che Rivoli è in mano alla ndrangheta, io ne parlo nel mio blog da anni; eppure questi cascano dal pero. Il protagonisti sono il consigliere regionale Nino Boeti, ex sindaco di Rivoli, e l’onorevole Mimmo Lucà , da vent’anni deputato DS/PD di Rivoli, che stando alle carte dell’indagine hanno contatti con Salvatore “Giorgio” De Masi, capo della ndrangheta rivolese e di altre zone della cintura.
Lucà , in particolare, meno di sei mesi fa incontra De Masi al bar Massaua, per parlare delle primarie per il sindaco di Torino; e gli chiede direttamente i voti per Fassino. Il giorno del voto, De Masi gli racconta che ha fatto il suo lavoro, ma che la cosa è stata difficile perché anche Gariglio ha chiesto i voti dei “calabresi”, per tramite di Mangone.
Posso anche capire che Fassino non ne sapesse niente, lui ha chiesto a tutti i capicorrente di trovare voti e poi ognuno ha seguito i suoi canali, e questi della ndrangheta non sono certo gli unici che ha preso, anzi. Però Boeti, Lucà e De Masi sono tutti paesani, tutti calabresi della Locride e dintorni. Ovviamente non tutti i calabresi sono affiliati alle ndrine – tra l’altro pure uno dei nostri eletti è di quelle parti – ma è credibile che persone che fanno politica a Rivoli da trent’anni e che vengono da quello stesso ambiente, dunque lo conoscono bene, per trent’anni non abbiano mai un dubbio, non sappiano chi è De Masi? Una persona che già un anno fa, ben prima dell’episodio citato, era sui giornali per gli stessi motivi? In un Comune in cui già da anni le inchieste sulle infiltrazioni della ndrangheta si susseguono?
E non ci dicano che in campagna elettorale si stringono migliaia di mani, si chiede il voto a chiunque, non si può sapere con chi ci si incontra. E’ vero, ma il beneficio del dubbio può valere al massimo per la Porchietto, alla sua prima campagna elettorale, se veramente si è limitata a farsi scarrozzare per dieci minuti in quel bar; ma per Lucà e Boeti, che chiamano attivamente queste persone, che dicono tranquillamente di frequentarle da anni, non c’è niente da giustificare: se anche non si fossero mai accorti di niente, sarebbero perlomeno troppo stupidi per sedere nelle istituzioni.
Stessa cosa per Gaetano Porcino, uno dei capi dell’IDV torinese, anche lui di Reggio Calabria, ex consigliere comunale di Torino ora onorevole, che ha appena piazzato in Comune il figlio; le sue intercettazioni non sono ancora uscite, ma è scritto che anche lui parlava con De Masi. E poi c’è ancora gente che vota IDV per difendere la legalità …
Forse questi comportamenti non sono reato in sé, non lo so, valuterà la magistratura; sul piano politico, però, è necessario che i tre partiti coinvolti prendano provvedimenti, dimostrino che le collusioni con la ndrangheta non sono tollerate al loro interno. Fassino, Bersani, Di Pietro, Ghigo e così via, sostengono di non averci niente a che fare? Allora facciano piazza pulita subito, e chiedano a queste persone di dimettersi immediatamente da ogni carica pubblica.
Altrimenti avremo la prova che ci prendono in giro, la conferma che la ndrangheta influenza le istituzioni, e – dato che la ndrangheta vive di cemento, edilizia e grandi opere – anche i dubbi sull’incredibile insistenza del PD torinese nel far partire gli appalti del Tav, sulla vera storia dei proiettili che girano, non potranno che aumentare; perché sappiamo quel che non vogliamo vedere, cioé che delle coalizioni che amministrano Torino e il Piemonte, di destra o di sinistra che siano, fa spesso parte anche il partito della ndrangheta.
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