Sogno un’occupazione
Questa mattina su Specchio dei Tempi è comparsa una lettera (firmata A.B.) che lamentava di una situazione apocalittica al parco della Tesoriera: gente nuda che fa la cacca in pubblico davanti ai bambini dell’asilo, rifiuti lasciati sui prati all’inglese, rumore a qualsiasi ora, cani che scorrazzano liberi aggredendo i passanti. Il tutto a causa di una invasione degli immancabili “squatter”, anche detti “anarco-insurrezionalisti” o, per il dottor La Spina, “paraterroristi”.
Come la penso in materia è noto, almeno a chi mi segue da tempo: sono favorevole al recupero anche forzoso degli edifici abbandonati, sono contrario al rumore e alle mancanze di rispetto per la convivenza civile, apprezzo chi cerca di creare spazi di socializzazione e cultura nelle periferie, non approvo però il farlo tramite occupazioni non autorizzate – vorrei che ciò venisse fatto in maniera regolata e condivisa con le istituzioni.
Nel caso specifico, abitando a pochi isolati dal parco, oggi pomeriggio sono andato a vedere. Mi aspettavo una specie di campo nomadi davanti alla villa settecentesca, e invece niente. La parte anteriore del parco era occupata da due sposini in abiti civili con un cineoperatore davanti, che li faceva correre, roteare attorno a un lampione e infine darsi un bacio (ragazzi: non fatelo, di solito più è faraonico il matrimonio e meno dura). Verso la villa era pieno di anziani che giocavano a carte. Dietro la villa, il prato all’inglese era effettivamente sotto attacco, ma da parte di alcuni ragazzini che giocavano a pallone. Le giostre sembravano normali, la bocciofila dall’altra parte era popolata dai soliti vecchietti, di cani nemmeno l’ombra. Boh?
Ho fatto il periplo dell’asilo e alla fine ho capito: hanno occupato la casetta che sta ben fuori dal parco, lungo il muro di cinta di via Asinari di Bernezzo all’altezza di via Fogazzaro. Quel terreno è il mio ex liceo e funziona come la via Gluck al contrario: la dove c’era una città ora c’è l’erba, in quanto il prefabbricato in cui io e Michele Coppola abbiamo speso sospiri e sudori della nostra gioventù è stato raso al suolo dieci anni fa. E’ rimasta solo la casetta accanto all’ingresso, un tempo abitata dal custode; dentro, ho visto solo due ragazze che prendevano il sole sullo spiazzo, le immancabili scritte sui muri (ecco, quelle potrebbero risparmiarcele), nessun cane ma solo un po’ di attrezzatura.
Gli occupanti hanno affisso sulla via un comunicato che vi riporto integralmente:
A questo punto forse vi aspetterete che prenda posizione, e invece io vorrei soltanto raccontare un sogno: quello in cui gli abitanti delle case vicine non cominciano subito a diffidare degli occupanti per partito preso, e gli occupanti si sforzano di non fare rumore di sera e di tener buoni i cani (non a tutti piacciono), e la signora A.B. va a conoscere i ragazzi del No Way Squat e fanno amicizia e alla fine lei gli porta le torte fatte in casa, e loro la aiutano quando deve portare la spesa su per le scale, e tutti sono contenti e nel frattempo un pezzo morto di città è ridiventato vivo.
Alla Maddalena di Chiomonte succede, e mi sembra preferibile alle scene che da anni accadono a Torino, quelle dei raid pro sgombero in prima pagina a cui segue una nuova occupazione il giorno dopo, quelle in cui il primo politichello in cerca di visibilità sui giornali cavalca le paure della gente e va a “controoccupare” un centro sociale coi suoi amici squadristi, ma siccome sono pure poco furbi entrano nell’unico centro sociale di Torino occupato legalmente e finiscono sotto indagine in Procura.
Chissà se anche su questo, come succede in tante altre cose, i cittadini riusciranno ad essere più costruttivi e lungimiranti dei loro amministratori pubblici: spero che il sogno si avveri presto.
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