Novecento (1)
Naturalmente vorrei anch’io, in questi giorni, scrivere qualche pensiero per il ventennale della caduta del Muro, sollecitato dall’attenzione generalizzata di questi giorni. Sono però malato, per cui vi dovrete accontentare di qualche appunto sparso ogni tanto.
La caduta del muro è in realtà la fine della seconda guerra mondiale: la seconda parte del Novecento è davvero una appendice quarantennale di guerra gelida progressivamente disciolta, vinta non con le armi ma parte per fame e parte per darwinismo: nulla batte il mercato come sistema per promuovere l’innovazione, dunque a lungo andare i sistemi ad economia centralizzata sono rimasti sempre più indietro, tecnologicamente e socialmente, fino a crollare.
Qualcosa della seconda guerra mondiale, è vero, tuttora resta, partendo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU; ma vedrete che più prima che poi cambierà pure quello, anche se sarà l’ultimo mattone. Il resto sono frattaglie, talvolta con effetti che, non fossero seri, tendono all’esilarante: per esempio a tutt’oggi il Liechtenstein si rifiuta di riconoscere la Slovacchia come stato sovrano e viceversa, per via delle proprietà liechtensteinesi in Cecoslovacchia confiscate dal regime comunista subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Se gli anni ’70 (su cui magari torneremo nei prossimi giorni) sono stati il periodo della lotta impegnata, gli anni ’80 sono stati quelli del “rush finale” verso il traguardo ormai vicino. Le ideologie, apparentemente più forti che mai, già stavano morendo in mezzo alle “metropoli da bere” e al gigantismo plasticato. Ed è per questo che per capire il clima che portò alla caduta del muro ho ripescato una chicca che apparentemente c’entra poco.
Era il 1985 e per capire che anno fosse vi dico solo due date: marzo 1985, We Are The World; luglio 1985, Live Aid. Dopo due cose così, era chiaro come la musica fosse la nuova propaganda dell’Occidente, e gli artisti friggevano per essere generosi. E dunque, a fine anno, uscì questo:
Artists United Against Apartheid era il progetto di Little Steven – storico chitarrista di Bruce Springsteen – contro il casinò-villaggio vacanze sudafricano di Sun City, una roba che oggi considereremmo mostruosa per l’impatto ambientale, ma che vent’anni fa era mostruosa perché riservata ai vizi dei ricchi bianchi, tra i quali figurava in modo prominente l’ascoltare concerti di Cher.
Godetevi questo video, con Bruce vestito da Fonzie che cammina per la strada, Lou Reed in mezzo a due camionisti che passavano di lì per caso, Bono col pizzetto e una pettinatura improbabile (ma che voce!), Ringo Starr che suona la batteria col figlio ragazzino, i primi rapper di una tristezza indicibile… A tratti sembra una imbarazzante demo di un sistema di videomontaggio, di quelle dove ogni effetto disponibile deve essere sfruttato almeno tre volte per dimostrare la straordinaria potenza della macchina (all’epoca l’impatto doveva essere mozzafiato). Ma tutto faceva brodo, in una ondata di buonismo sincero, in cui il credere di poter cambiare il mondo finì, una volta tanto, per cambiarlo davvero.
Ecco, questo era il clima che portò il muro a cadere. Gli amanti del comunismo si lamentano spesso che quel clima fosse falso, che sotto sotto ci fossero i soldi e gli interessi industriali. E’ vero, ma relativo; perché non c’è alcun dubbio che, con tutti gli enormi limiti dell’attuale situazione politica globale, rispetto a vent’anni fa il nostro sia oggi davvero “un altro pianeta”, dove le guerre sono affari locali anziché planetari, e dove tutti gli uomini di buona volontà possono conoscere e apprezzare tutti gli altri. Dunque, come in tutte le cose umane, ci tocca tollerare il fatto che esse incorporino necessariamente delle belle contraddizioni.
I Queen, per esempio, nel 1985 andarono a Wembley per il Live Aid e, contro la fame nel mondo, diedero quella che è generalmente considerata la più grande performance live di tutti i tempi. Un anno prima, erano andati a suonare a Sun City.
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10 Novembre 2009, 20:34
i due camionisti sono Daryl Hall e John Oates, che non sono piu’ famosi da tempo ma negli anni 80 rullavano :P
Dovresti riconoscere almeno uno dei loro successi, Maneater.
10 Novembre 2009, 20:43
Ehm: quello a sinistra è effettivamente John Oates ma quello di destra senz’altro non è Daryl Hall…
10 Novembre 2009, 21:00
s’e’ fatto crescere i baffi :P
11 Novembre 2009, 20:18
Daryl Hall compare in versione “studio” attorno al min 6.
Compare anche Peter Garrett, cantante dei Midnight Oil, divenuti (un po’) più famosi un paio di anni più tardi.
Garrett è poi diventato deputato dei Labor Australiani e, dal 2007, è ministro dell’ambiente, del patrimonio culturale e delle arti.
A proposito di gente che voleva cambiare il mondo…
11 Novembre 2009, 21:17
Ho trovato il video di Maneater: non credo di averla mai sentita e, dopo averla sentita, meglio così. Ma cosa serve un chitarrista come metà di un duo che fa quel genere lì?
(Comunque quello a destra è tal Ruben Blades.)
11 Novembre 2009, 21:21
For those: Sì lo sapevo e mi è venuto immediato pensare che in tutto il mondo diventano ministri gli uomini di spettacolo: in Brasile Gilberto Gil, in Australia Peter Garrett e in Italia Mara Carfagna…
11 Novembre 2009, 23:20
:-D
12 Novembre 2009, 11:31
vb, a quanto pare anche Ruben Blades (ma come cavolo hai fatto a scoprire chi era da un’immagine??) si era buttato in politica. Ha ottenuto il 18% di voti alle elezioni presidenziali a Panama, suo paese natale!
E visto che si parla di revival anni ’80, ieri sera ho visto gli Spandau Ballet in formazione originale.
A differenza di quel mentecatto di Bono che ora è costretto a farsi montare palchi con effetti supersonici per mascherare il fatto che non ha più un filo di voce, Tony Hadley ha ancora una voce della madonna!
Non è colpa mia se la mia compagna mi obbliga a vedere X-Factor! :-(
12 Novembre 2009, 12:01
vb n.7, in California c’e’ Schwarzy…
12 Novembre 2009, 12:32
For those: Ho barato.
13 Novembre 2009, 15:35
@mfp: tra gli ex, un attore di film western è diventato addirittura Presidente degli Stati Uniti… Ronnie!