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domenica 14 Maggio 2006, 02:12

Discovery Channel

Avvertenza: il mio avvocato mi ha pregato di specificare che questo post contiene alcuni riferimenti, circoscritti ma decisamente espliciti, ad atti sessuali di vario genere, tra uomini e tra animali, etero e omo. Se la cosa vi può turbare, non leggetelo.

Era iniziato come un sabato sera normale, con una festa per un amico che si sposa, e nemmeno con le canoniche spogliarelliste. Mi avevano portato in un locale alla moda della Torino post-industriale, a cena, per festeggiare. La cena è falsa e pretenziosa, e il locale è troppo trendy per i miei gusti, con camerieri snob che si credono déi, tutti griffati e pieni di sè; ma il locale è atto allo scopo, visto che al nostro tavolo di soli uomini si contrappongono almeno due tavoli di sole donne.

Il mio collega, esperto del settore, organizza varie occasioni di contatto intertabulare; e con una bottiglia di Moet-Chandon conquistiamo l’attenzione. Peccato che, a disagio e drogato di Nebbiolo, io sia già steso con la faccia sul tavolo, accarezzandomi da solo i capelli per poter credere che qualcuno mi ami; le signorine dalle vesti succinte accerchiano il nostro tavolo per un istante, ma non è qui che posso mostrare le mie apparenze migliori.

D’un tratto, dopo l’ennesimo maltrattamento da parte dei camerieri snob, il locale cambia; i tavoli spariscono, si spengono le luci, e parte la musica. Alta, ostinata, martellante, cerca di uccidere ogni pensiero. La stanza si popola di donne seminude, alcune con vestiti che farebbero arrossire una pornodiva; e si riempie altrettanto di maschi in calore. La musica è un pretesto, come lo è il bar aperto, rum e coca per tutti; chi può, chi osa, si avvicina e allunga le mani, in una danza rituale e millenaria.

La carne, si sa, è debole; ma io, diverso, sono istintivamente sopraffatto nella mia mente dalle immagini di innumerevoli documentari di Discovery Channel. Quella stanza, ormai versione ipocrita di un bordello, mi richiama alla mente immagini di cani che si ingroppano, uccelli che si leccano, cavalli che si inculano; in un trionfo dell’animalità, non c’è più nulla da chiedere e nulla da sperare, ma solo da cedere ai propri istinti.

Eppure, io obietto. Non c’è niente di male nel baccaglio, nel sesso disilluso da discoteca; ma io continuo a pensare alla magia di due persone che si pensano, a quella stella meravigliosa di passione luminosa che si accende senza un perché, e che sola è degna di una dedizione lunga una vita, di una cessione di sovranità e di un sacrificio felice, cosciente e valoroso, ben ripagato da un altro cuore, per scelta e per desiderio.

Ma la serata continua, e sono sempre più fuori posto. Fuori dall’uscita di sicurezza, i tarri si accalcano, cercando di capire se nel locale c’è figa. Dentro, alcuni si divertono, altri fanno finta di divertirsi; decine, centinaia di solitudini si strusciano l’una con l’altra, facendo finta che un rullante violento possa spezzare il muro dell’alienazione della vita moderna.

Io decido di uscire, nonostante abbia appena lasciato quaranta euri per una cena vergognosa. Arrivo alla porta, dove un australopiteco mi ferma, e mi apostrofa: c’hai il pass? No, non ce l’ho, non so nemmeno cosa sia. Allora, ce l’hai la drincàr? No, rispondo, che è la drincàr? Il tizio mi guarda come si guarda un bulgaro a Manhattan. Il foglietto blu, mi dice, quello coi pallini. Senza quello non ti faccio uscire. Io lo guardo e dico, come non mi fai uscire? Ma questo è sequestro di persona. Come Moggi con gli arbitri renitenti. Lui non fa una piega. Stavolta, mi guarda con le braccia da palestra. Portami il pass, dice. E mi rimanda dentro.

Io torno dentro, e ritrovo l’organizzatore della serata. Gliel’ho già chiesto due volte, il foglietto blu. E’ che siamo entrati in N+1, ma abbiamo mangiato solo in N; e indovinate chi è quello a cui non è stata porta la drincàr. Lui comunque rimedia, pietisce un altro foglietto, che ci viene dato con sorprendente arrendevolezza. Bene, con quello posso andare alla cassa, e pagare il mio riscatto: otto euro, solo per poter uscire. Li pago; chi se ne frega, i soldi non sono un problema, anche se darli a gente come voi mi fa girare le scatole. Finalmente, ottengo il pass. Sono libero.

Esco, dopo aver lasciato scemare il flusso di tarri che allaga la porta. Fuori sono comparse le transenne, per tenere a bada la ciurma assetata di baccaglio. Mi allontano, vado alla macchina. Ma ancora, di fronte a tutto quel rito di accoppiamento, non posso cancellare dalla mia mente il gigantesco schermo di un Discovery Channel, di animali dediti al proprio genetico destino di propagazione dello sperma, di abdicazioni a ciò che è più puramente ed esclusivamente umano, di disillusioni amare e riduzioni a ginnastica.

Arrivo a casa in un lampo rosso, e solletico il cervello con la musica; California rest in peace. Non mi sento nè migliore nè peggiore; mi sento lo scoglio messo lì ad arginare il mare. Ogni istruzione è meritoria, quando si tratta del mistero della vita. Quella di stasera, comunque, è stata di valore; perché io sappia ciò che voglio, e ciò che proprio non voglio.

Lasciatemi, vi prego, qualche valore etico ed astratto, qualche dignità speciale dello spirito, in cui continuare a credere.

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5 commenti a “Discovery Channel”

  1. Marco:

    Il foglietto per poter uscire e’ davvero incredibile… mi pento di essere andato in disco solo due volte in vita mia e di non aver potuto assistere a questo fenomeno :-o

  2. Andrea:

    Dovevi venire a sentire Fiamma. Io te l’avevo detto :)
    .a.c.

  3. Simone:

    una volta un mio amico ha bevuto cosi’ tanto in un disco pub che buttando via il foglietto e pagando la “penale” per lo smarrimento ha risparmiato.

  4. .mau.:

    ah, sono cose che non mi capiteranno mai, credo!

  5. trepiccanti.:

    sudore, nitriti e barriti.
    sembrerebbe il locale ideale. nome?

 
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