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Archivio per il mese di Giugno 2006


lunedì 12 Giugno 2006, 19:28

La notte in cui ci facemmo Toro

Attenzione: questo è un post molto lungo…

C’è un momento in cui il Toro ha vinto la serie A. Non è stato in campionato, non è nemmeno stato ieri sera. E’ stato quando, giovedì notte, dopo l’andata persa per 4-2 ci siamo guardati tutti negli occhi – la curva, i tifosi a casa, quelli sul forum, e penso anche i nostri giocatori – e ci siamo detti: ci daremo per vinti? No, mai. A quelli che tremavano, che chinavano la testa, che avevano paura o si sentivano perduti, abbiamo ringhiato e abbiamo ripetuto una semplice verità: che nella vita tutto ma proprio tutto è possibile, basta crederci veramente. Crederci, da solo non basta, ma è un requisito assolutamente necessario. Quello è stato il momento in cui abbiamo conquistato la serie A.

Il resto sono stati due giorni di tensione e di attesa, resa però serena dalla consapevolezza di potercela fare; ma con il batticuore crescente, fino a domenica sera. Arrivo dentro lo stadio, finalmente, alle 19, e le curve sono già piene: fatico a raggiungere il mio posto. Sono al balcone del secondo anello, nel centro perfetto della curva Primavera, appoggiato alla ringhiera contro i tamburi: l’ombelico del mondo. L’aria è solida, un muro di tensione, un arco elettrico invisibile che unisce le due curve.

Giusto il tempo di acclimatarmi ed entrano in campo i mantovani per il riscaldamento: e lo stadio esplode in un treno di fischi, decine di migliaia di persone che assordano gli aspiranti toreri. Il Mantova replica mandando in campo il giullare, nella forma del suo presidente Lori, un figuro inquietante dotato di riccioli biondi tinti, occhiali da sole alla moda e una truzzaggine straripante, che te lo immagini istintivamente bello carico nei bagni del Billionaire, magari in compagnia di Lapo.

Solo un truzzo del genere potrebbe pensare di presentarsi nello stadio del Torino stracolmo di tifosi e mimare con le braccia, con perfetta incoscienza e saltando come un bambino di cinque anni, un aeroplanino che si schianta sotto il settore del Mantova, probabilmente senza nemmeno rendersi conto di quanto ciò sia offensivo per i figli di Superga. E poi ci si stupisce che ci siano stati incidenti.

Poi entrano i nostri, ed è un’ovazione. Nel frattempo, lo stadio si riempie; a un’ora dall’inizio è già delirio. In Primavera secondo anello non ci si muove quasi più, arrivano da noi quelli che vogliono partecipare ai cori, quelli che vogliono iscriversi, i semplici curiosi attirati dai tamburi e dai sacchetti di coriandoli.

Mezz’ora prima dell’inizio vengo spedito a distribuire i palloncini bianchi sul lato destro della curva, con ordini precisi, darne uno a testa, non tirarli, spiegare di non farli vedere fino all’arrivo delle squadre. Il tutto è un’utopia. Appena mi affaccio, un’orda mi travolge come un fiume in piena, mi strappa di mano i palloncini come se fossero banconote da cinquanta euro, se li contende, li gonfia e comincia a giocarci, come bambini al colmo della felicità. Non c’è modo di controllare la curva, stasera: non c’è più nulla di calmo nella nostra furiosa attesa.

Il tempo vola, e siamo già all’ingresso delle squadre; un mare di fischi sommerge completamente lo speaker, e non capiamo nemmeno se veramente esista un’altra squadra di cui sta venendo letta la formazione. Quando viene annunciato il Toro, gli olè fanno tremare lo stadio. La coreografia è bellissima, palloncini da noi, bandiere di là, la scritta dorata “FORZA TORO” nei distinti, tutto lo stadio a scacchi bianchi e granata. E dire che non c’è stato modo di organizzare, in certe zone nemmeno di passare per distribuire il materiale per benino.

Arriva finalmente il fischio d’inizio, e comincia il gioco del calcio. Quel che si vede però non è calcio, e soprattutto non è un gioco; è una sfida vera, in cui ognuno dei sessantamila è coinvolto totalmente fin dal profondo dell’anima. E così, non si creano grandi azioni, e la palla è spinta dai nervi più che dai piedi; tanti falli, tanti ammoniti, tanta, tantissima tensione. Ma siamo tranquilli, perchè i nostri (e quanta differenza dall’anno scorso) sono tesi, ma non hanno paura.

Oddio, un po’ di paura sugli spalti comincia ad affiorare, quando dopo mezz’ora non si è ancora cavato un ragno dal buco, nemmeno una vera grande occasione. Tuttavia, non molliamo, e qualcuno lassù ce la manda buona, sotto forma di un fallo da rigore ineccepibile. E’ il primo infarto della giornata; in curva ci sgoliamo di non fare “ooh”, abbiamo paura per i giovani nervi di Alessandro Rosina, che a vent’anni si prende una responsabilità di quelle che hanno spesso steso anche i grandi campioni. Non ci riusciamo, la curva è ingovernabile, fa come vuole. Io, dentro di me, nego che un tal Dorigo abbia mai giocato al Torino, e fisso Rosina.

Lui si avvicina, sta per calciare il rigore. E’ proprio di fronte a me, dritto, vicino. E a quel punto succede qualcosa di miracoloso: mi guarda.

Sì, Rosina mi guarda, e mi dice: questo non lo sbaglierò, fosse l’ultima cosa che faccio nella vita. Ma non lo dice solo a me. In quell’attimo lunghissimo, prima di muoversi, guarda negli occhi, uno a uno, tutti i sessantamila granata del Delle Alpi. E poi prende la rincorsa, rallenta, riprende e spiazza il portiere, tirando un rigore da manuale.

Lo stadio esplode, la prima paura è vinta: stasera non siamo sterili, stasera ci siamo. Tutto è possibile, basta crederci.

Eppure, è ancora durissima: l’atteggiamento del Mantova non cambia, difesa con grande ordine e attacco su palle inattive. All’inizio del secondo tempo un colpo di testa mantovano, proprio sotto la Primavera, mi fa quasi venire un infarto: in un istante lunghissimo mi passano davanti agli occhi tutti i fotogrammi della mia vita, prima che il pallone esca di tanto così, venti centimetri al massimo.

Poi, però, lo stadio esplode una seconda volta: è Muzzi, il nostro gladiatore, a infilare la porta (almeno così intuiamo dai festeggiamenti, visto che le distanze cosmiche del Delle Alpi rendono il tutto invisibile). L’esultanza è incontenibile, i giocatori del Mantova sono impietriti. Io perdo ogni forma per una trentina di secondi, intorno a me è il caos, io sto fermo sul mio ombelico, padrone dello stadio, e semplicemente urlo. Adesso siamo in vantaggio noi.

E così, devono cominciare a giocare anche loro; e a questo punto sale in cattedra il perverso arbitro Farina, che comincia disperatamente a cercare la “zona Brambilla“, ogni loro azione una punizione scientificamente assegnata sulla tre quarti, ogni nostra azione invece tutto regolare. Alla decima punizione contro di noi, sempre nello stesso fazzoletto di terreno, non ne posso più, e approfitto di una pausa nei cori per urlare “Farina gobbo di merda!”, riscuotendo consensi.

Ma c’è sempre più tensione, compresa la mitica Marzia (ormai un’istituzione) che, con il fuoco nelle vene e la frenesia del soldato alla prima battaglia campale, abbandona balconata e megafono e sale a “discutere” con un tifoso che lamenterebbe poco impeto nei nostri cori. Sotto di noi il Mantova crea qualche rischio, e ogni angolo e ogni punizione imposta da Farina è un infarto potenziale, fino quasi a farci svenire. I quattro minuti di recupero sono una coltellata, ma poi finiscono e si va ai supplementari.

E lì, si inizia presto con il terzo miracolo; uno dei nostri buoni lavoratori del pallone, Davide Nicola, si inventa il gol della carriera. Anche questo è appena intuito, ma non importa: un grumo vivente di almeno un centinaio di persone, giocatori riserve dirigenti raccattapalle fotografi e infiltrati, zampetta sotto la Maratona come un grande ragno, che tutto abbraccia e corre convulso. Se il delirio può diventare iperdelirio al cubo, questo è ciò che succede allora: siamo in Paradiso, convinti di avercela fatta.

E’ a quel punto che Farina decide di tentare l’opera d’arte, prima quando Fantini si candida all’eredità di Tricarico facendosi cacciare da incosciente, e subito dopo assegnando il terzo rigore in due partite a favore del Mantova. Gufiamo, ma non c’è nulla da fare: palla nel sacco e inizia la sofferenza.

Non che non ci siamo abituati, ma centoventi minuti di finale per due anni di fila sono troppo per chiunque; alcuni cedono e si voltano con le spalle al campo. Altri quattro minuti di recupero, roba mai vista per un primo tempo supplementare: più che coltellate sono raffiche di mitra. Il Mantova attacca con l’uomo in più, la nostra difesa è mediamente ordinata, Brevi resiste e Doudou si fa amare definitivamente, azzeccando la sua miglior partita in maglia granata dopo mesi di panchina.

Il finale, e non può essere altrimenti, è paura e preghiera. Intorno a me, più che cantare, contano i minuti, e da lanciacori ci si trasforma in orologi umani. Io sono in trance, i nervi li ho dati, il cuore resiste, l’energia è finita ore fa, rimane solo la volontà. Mi arrabbio con i miei amici quando provano a lanciare cori di festa, che secondo me portano immensamente sfiga; Marzia mi sfancula di brutto. Il Mantova tira di qua e di là, ma stasera non può finire male, qualcuno dall’alto o noi con le nostre menti deviamo quei tiri e li buttiamo fuori ogni volta di qualche centimetro. E’ una partita a calciobalilla in cui gli altri possono rullare, tirando palloni impazziti che incocciano giocatori e sponde. Ma il minuto di recupero è già quasi festa.

E così, finisce in gloria. Con un abbraccio incontenibile di tutto e di tutti. Con innumerevoli “rapporti quasi omosessuali”, ma anche eterosessuali, dove possibile. Con una eiaculazione di tifosi dalla Maratona al campo, che avvolge e travolge tutto e tutti. Con i giocatori che esibiscono il fisico nudo nel giro di campo, e Doudou che fa sbavare tutte le signore e signorine presenti.

Con lo speaker che prega “gli occupanti del settore ospiti di rimanere seduti ai propri posti” (e rosicare in silenzio, aggiungo io), mentre questi si divertono a tirare razzi sui tifosi dei distinti e seggiolini ai festanti in campo, che peraltro li provocano con boschi di braccia piegate nel gesto dell’ombrello, e alcuni anche mimando l’aeroplanino di Lori come sfottò. I mantovani fanno i duri, poi a un certo punto la polizia decide di prenderne un paio: dieci poliziotti dieci entrano da sotto nel primo anello e millecinquecento presunti “ultras” scappano a razzo impauriti.

Noi della Primavera ci limitiamo ad andare vicino al loro settore e mostrargli bello grosso il due aste “Non ce n’è” (tra l’altro, siamo una delle pochissime tifoserie in Italia ad averlo scritto giusto) e farci le foto con loro schiumanti di rabbia sullo sfondo; evitiamo con grazia i loro lanci di bottigliette finchè un finanziere del “gruppo antiterrorismo” non viene a pregarci di sloggiare (aho! va bene che assomiglio a Bin Laden, però…).

Dopo è soltanto festa; Torino è tutta granata, dalle periferie al centro; per la prima volta in vita mia, a Porta Palazzo vedo girare con bandiere granata persino gruppi di immigrati (e ne sono felice). Via Po, via Roma sono piene zeppe di tifosi; gobbi in giro, nessuno. Il clima è talmente festoso che spunta per strada l’avvocato Marengo e nessuno gli dice nulla, anche perchè il suo sorriso prestampato stavolta sembra troppo sincero.

Tutto questo lo sento anche un po’ mio, mio come di tanti altri. Non so se siano stati proprio la mia notte in piazza, o il mio commento su questa o quella partita in questi mesi, o il mio grido di ieri sera, o la mia strisciolina di guida telefonica, ad essere decisivi, determinanti in questa infinita lotta di millimetri e secondi. Probabilmente, ieri sera, tutti noi siamo stati il Toro; tutti noi siamo stati decisivi.

Insomma, questa serie A ce la siamo proprio meritata. Andando a riprendere l’auto per tornare a casa dopo la festa, passo nella piazza del Comune. In questa serata, quasi un anno dopo, è completamente deserta. Meglio così.

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lunedì 12 Giugno 2006, 03:39

Oltre il ponderabile

Quello che è successo stasera non si può descrivere. Non è nemmeno più umano, è oltre il cervello, è soltanto sangue e nervi.

Domani mattina, se riesco, proverò con calma a scrivere qualcosa. Stasera, mi dispiace solo per chi non può godere delle meravigliose storie del gioco più bello del mondo. Ma non importa, la notte è bellissima, meritata più che mai, e voglio bene a chiunque.

Tranne che ai mantovani, ovviamente :-)

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domenica 11 Giugno 2006, 16:33

Una domenica energetica

Vi scrivo, collegato via wi-fi, da un salone della Cittadellarte di Biella, la fondazione di Michelangelo Pistoletto che funge da punto di incontro e di scontro tra arte, società, politica, tecnologia…

E’ veramente una esperienza eccezionale, quella di potersi chiudere in un luogo carico di suggestioni e di suggerimenti, pieno d’arte e di cultura, a discutere con tante altre persone notevoli su come cambiare la società attraverso la tecnologia. Esco di qui con tanto entusiasmo e tante nuove idee, tante urgenze su quello che non va e che anche io, come tutti, ho la responsabilità di provare a cambiare.

Spero che a breve riusciremo ad uscire allo scoperto, a non rimanere confinati in una dimensione di gruppo pensante ma marginale, e ad usare la rete per permettere a chiunque di scoprire, di capire e di partecipare, liberando la potenzialità, che tutti noi abbiamo, di riprenderci il possesso della nostra società.

Ciò non toglie che, naturalmente, il mio pensiero vada sempre più alla partita di stasera. Se in TV vedrete le striscette di carta volare dalla curva Primavera, pensate che un po’ di quelle vecchie guide telefoniche le ho tagliuzzate io.

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venerdì 9 Giugno 2006, 21:53

Punizione per pirati

Sì, d’accordo, lo ammetto: seguendo le indicazioni di alcuni dei vari forum piratoni della rete, stavo or ora navigando nei canali “extra” del satellite cercandone uno che desse in chiaro i mondiali; e tra quelli consigliati da provare c’era anche TV Bulgaria.

Ma questo non è un buon motivo per presentarmi così, a tradimento, le immagini di Raoul Bova vestito da carabiniere, con un ridicolo doppiatore bulgaro che parla sopra al suo romanesco e sopra a tutti gli altri, facendo da solo tutte le voci maschili, bambini compresi…

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venerdì 9 Giugno 2006, 20:27

La stangata

Stasera, al TG3, servizio trionfante sul processo ai faccendieri rossi della scorsa estate, da Consorte in giù (qui la news da Repubblica.it, che il bollettino DS ha ovviamente nascosto il più possibile, mettendola giusto dopo l’imperdibile “Oxford: I maschi nel college femminile”).

Trionfante perchè, dice, per questi malfattori che pelavano i risparmiatori italiani sono sì state chieste pene miti (sei mesi di reclusione), ma anche una stangata economica memorabile: addirittura trecentomila euro. Una cifra enorme, proseguiva il servizio, perchè “queste persone sono finanzieri, hanno i soldi”, e “bisogna dimostrare che questo genere di truffe non rendono”.

E io ho pensato: certo che gente che ha truffato gli italiani per (stando allo stesso servizio) una cifra superiore ai cento milioni di euro, dopo una multa del genere sarà veramente in lacrime…

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venerdì 9 Giugno 2006, 00:51

Io non sono un gobbo di merda

Sì, ho visto la partita. Sì, il Toro ha perso male. Sì, le possibilità di andare in serie A sono piuttosto ridotte. Ma non capisco le facce smorte e depresse che ho visto in giro.

Intendiamoci, a nessuno fa piacere vedere una partita così, quattro gol quattro presi su episodi, e Taibi Brevi Melara che forse raggiungono la sufficienza sommando i loro tre voti (forse). Ma il campionato non è ancora finito; ci sono altri novanta minuti da giocare. Fino ad allora, nulla è deciso; fino ad allora, nessuno è autorizzato a mollare.

E’ legittimo lamentarsi, è legittimo essere delusi; ma non si può cedere al disfattismo. Non serve, anzi riduce le poche chance che ci sono rimaste. Noi non siamo gobbi, che alla prima sconfitta si mettono a piangere, a buttare merda su tutto. Noi, alle sconfitte, ci siamo abituati, allo stadio come nella vita, tanto più se non sono meritate. Abbiamo preso talmente tante mazzate, dalla vita, che ogni volta abbiamo avuto la sensazione che fosse finita, la tentazione di mollare. Ma poi, cocciutamente, ci siamo rialzati. Non ne avevamo avute abbastanza, e non ne avremo mai. Noi, comunque, ci crediamo.

Domenica, il nostro stadio sarà una bolgia. Dovremo essere in sessantamila, incazzati, a urlare contro un destino già scritto; qualsiasi cosa succeda, qualsiasi sia il risultato, dal primo al novantanovesimo minuto. E poi, se vinceremo, la festa sarà più bella; e se perderemo, piangeremo insieme di rabbia e delusione, e poi ci rialzeremo, e saremo di nuovo lì, alla prima partita dell’anno prossimo, a provarci ancora una volta.

Non esiste che una squadra che fa 150 punti in due anni l’anno prossimo sia ancora in serie B. Ma se succederà, sarà solo un’altra perla che si aggiunge alla nostra collezione di storie da Toro. Del resto, se tutto quel che ci interessava era vincere, avremmo tifato per la Juve. Ma non avrebbe avuto lo stesso sapore; non sarebbe stato così dolorosamente vero.

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giovedì 8 Giugno 2006, 14:40

Al-Zarqawi

Solo una breve postilla al post di ieri: oggi, a quanto pare, gli americani hanno seccato Al-Zarqawi, il presunto capo di Al-Qaeda in Iraq. Cosa cambierà adesso? Beh, la mia previsione è ovvia: nulla di significativo.

L’unico obiettivo pratico dell’uccisione di un presunto leader terrorista è quello di permettere a Giorgino Bush di andare davanti alle telecamere con faccia compunta e fare il Grande Leader In Guerra, per cercare di tirare un po’ su il suo inguardabile indice di gradimento.

Per una cultura iperindividualista e schwarzeneggeriana come quella americana, è difficile afferrare il concetto che, persino in una guerra, gli individui siano tutto sommato poco rilevanti, in un quadro di eventi determinato da motivi sociali e storici di massa.

Sono sicuro che gli americani immaginano ‘sto Zarqawi come il cattivo dei film di Stallone, un supernemico in armi che viene immancabilmente spianato nel finale. In realtà, Al-Qaeda è figlia dei tempi di Internet, opera per cellule diffuse e vagamente coordinate sparse in tutto il mondo, esiste perchè ne esistono le cause sociali e culturali, non perchè ne esistono i leader.

Del resto, le Brigate Rosse furono sconfitte quando il rapimento di Moro eliminò il supporto sociale diffuso ai loro obiettivi, e non certo quando la “prima generazione” fu catturata. E così, soltanto l’instaurazione di un governo che disponga di un largo consenso può salvare l’Iraq dalla guerriglia in cui è caduto; non certo la morte di qualcuno.

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giovedì 8 Giugno 2006, 12:29

Malati di Toro

Scusate se insisto sull’argomento, ma questa è la settimana del delirio pro Toro! I biglietti per domenica sono già sostanzialmente esauriti; si è sfondata quota cinquantamila, e si calcola che nella giornata di martedì sia stato venduto in media un biglietto ogni 1.5 secondi. In alcune ricevitorie che vendevano i biglietti, la coda ha raggiunto le cinque ore, ed è stata esaurita solo all’una di notte.

E così, sul forum ci si chiedeva: ma noi che rifiuteremmo un invito al matrimonio di un amico per andare alla partita, siamo dei coglioni? Nell’ondata di orgogliose autoassociazioni all’orda dei coglioni, è venuto fuori il seguente racconto, che trovo esemplare:

Guarda l’anno scorso [la sera di Toro-Perugia finale playoff, ndr] mi hanno obbligato a presenziare alla cena del battesimo di mio figlio…..nn lo faranno mai piu’,ti dico solo che nel locale dove abbiamo mangiato ,c’e’ la taglia sulla mia testa :lol:

in breve: cameriere gobbo esulta al gol del perugia con tanto di “in culo granata di emme”,lo ho terrorizzato ,obbligandolo a nn dire piu’ un cazzo fino alla fine,e augurandogli che tutto andasse bene se no mazzate…gia’ li i parenti impietriti….. alla fine testa a testa con il gestore (fronte contro fronte) bloccata la rissa da amici suoi e parenti miei(tieni presente che li andavamo sempre),cmq una sedia gliel’ho lanciata…

ricordo la frase del gestore “fuori dal mio locale”, ricordo anche la mia risposta..”locale? hai detto locale? hahahaha e girandomi verso i miei parenti…..topaia ,voleva dire topaia,tieni presente che offriva mia suocera…..nn la prese bene neanche lei,neanche gli altri,per un mesetto i parenti nn mi rivolsero la parola…

Ora, purtroppo può capitare di avere parenti insensibili alla causa granata, ma potete risolvere con il fai da te, come da questo altro racconto:

e dove sta il problema?

07.05.1995 giorno del mio matrimonio, ero sull’altare di pomeriggio e avevo auricolare e ascoltavo la partita del toro… bari-torino 3-1

Siamo un po’ matti? Forse… Io non sono (ancora?) al punto da portarmi l’auricolare sull’altare (ammesso che mai ci arrivi). Certamente questo genere di tifo estremo tocca il limite della nevrosi, o perlomeno è un modo di coprire bisogni di appartenenza che le altre persone soddisfano in altri modi. Ma, lasciatevi dire, è bellissimo lo stesso; mi spiace di cuore per chi non lo può capire.

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mercoledì 7 Giugno 2006, 14:14

Islam batte Occidente

Probabilmente ce ne vergogniamo tanto da mandare questa notizia quasi sotto silenzio, ma l’avvenimento di politica internazionale dell’ultima settimana è stata la presa di Mogadiscio, capitale della Somalia, da parte delle truppe di milizie islamiche, che hanno definitivamente cacciato dal potere i cosiddetti “signori della guerra”, che lo avevano a loro volta ottenuto all’inizio degli anni ’90 esautorando il dittatore Siad Barre (grande amico di Bettino Craxi).

Ricordate la Somalia? Fu proprio in seguito a quella sanguinosa rivoluzione che le Nazioni Unite inviarono una missione di pace, prevalentemente costituita da americani. Ricorderete forse le immagini da film di guerra dello sbarco dei marines sulla costa somala. Ricorderete certamente anche la storia della loro precipitosa fuga, raccontata in quel gran film che è Black Hawk Down. E, nel mezzo, anche dei morti italiani, il checkpoint Pasta, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Quel fallimento, insieme a quello in Bosnia, segnò la fine delle missioni di pace delle Nazioni Unite, sostituite dalla NATO e dalle “coalizioni di democrazie”. Eppure, la storia si ripete: nessuno degli sforzi occidentali per “conquistare” questi paesi alla causa occidentale è riuscito ad avere successo nel lungo termine, nè in Afghanistan, nè in Iraq. E, oggi, è evidente, nemmeno in Somalia.

Dove i tank dell’esercito americano hanno fallito, hanno invece avuto successo gli insegnamenti del Corano. Perchè? Non lo so, ma il mio sospetto cade sull’idea che, invece di essere centrati sulla violenza, questi insegnamenti propongano un modello di vita; un modello di sviluppo che invece di prevedere la colonizzazione e lo sfruttamento delle risorse da parte di ricche elite “collaborazioniste” (vedansi gli sceicchi in Ferrari) dà delle risposte plausibili, per quanto a noi sgradite, alle masse che muoiono di fame.

Si può occupare un paese con la forza, forse anche sconfiggerlo, ma non lo si può tenere in eterno contro la sua popolazione: è la lezione che Napoleone e Hitler appresero in Russia, e che gli americani hanno appreso in Vietnam e in Iraq. O meglio, dovrebbero ma non hanno, visto che ora parlano apertamente di invasione dell’Iran, un paese di 70 milioni di abitanti, grande cinque volte e mezzo l’Italia.

Mi verrebbe da dire “Auguri”, se non fosse che queste sono le persone che guidano il nostro blocco economico e culturale, e che quindi, nel lungo termine, ne decreteranno il successo. O la sconfitta.

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martedì 6 Giugno 2006, 23:29

[[Duran Duran – What Happens Tomorrow]]

Questo brano mi è venuto fuori adesso, nella playlist, quasi per caso. E così ho pensato di dedicarlo a tutte le persone là fuori che in questo momento si sentono confuse e perdute, come è successo a me, in altri momenti, tante volte. Respirate, e lasciatevi andare.

Child, don’t you worry
It’s enough you’re growing up in such a hurry
Brings you down the news they sell you
To put in your mind that all mankind is a failure

But nobody knows what’s gonna happen tomorrow
We try not to show how frightened we are
If you let me I’ll protect you however I can

You’ve got to believe
It’ll be alright in the end
You’ve got to believe
It’ll be alright again

Fighting, because we’re so close
There are times we punish those who we need the most
No, we can’t wait for a saviour
Only got ourselves to blame for this behaviour

And nobody knows what’s gonna happen tomorrow
We try not to show how frightened we are
Would seem lonely, if you were the only star in the night

You’ve got to believe
It’ll be alright in the end
You’ve got to believe
It’ll be alright again

time is a river
a silent icy river
pulls us all
running deep
deep and fast enough to get lost down in the flow
thrashing around me
tiny lives mean everything

And nobody knows what’s gonna happen tomorrow
So don’t let go, now we’ve come this far
Hope I have peace, understand me, you’re never alone

We’ve got to believe
It’ll be alright in the end (nobody knows)
You’ve got to believe
It’ll be alright my friend (so don’t let go)
And yes we believe
It’ll be alright again (no don’t let go)

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