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Archivio per il mese di Luglio 2006


lunedì 31 Luglio 2006, 19:14

L’inflazione corre come un treno

Mercoledì devo andare a Roma, e, non avendo eccessiva fretta, mi sono messo a cercare un treno. Ero convinto di prendere la solita soluzione con interregionale fino a Milano più Eurostar, che nonostante la lunghezza è di mezz’ora più breve che fare il Tirreno; soluzione che ho sempre preso al mattino presto, per un prezzo di 46 euro sola andata, contro i 42 dell’Intercity diretto via Pisa.

Bene, trovo un treno che può andare, clicco, faccio per acquistare… e Trenitalia mi chiede la bellezza di 62 euro: il 35% in più del vecchio prezzo. Guardo meglio, convinto di aver sbagliato qualcosa, poi mi dico: sarà che mi ha messo dentro la nuova tratta ad alta velocità fino a Novara.

E invece no, era un Intercity che tagliava da Alessandria per Bologna; provando a metterci dentro anche l’alta velocità (alta perchè fa risparmiare dieci minuti in tutto), gli euro diventano 74. Con quella cifra, probabilmente avrei potuto prendere l’aereo!

Alla fine ho ovviamente preso l’Intercity tirrenico; parto tre quarti d’ora prima, arrivo 15 minuti in anticipo, mi godo la vista del mare e non devo nemmeno sbattermi a cambiare. Ma che cosa è successo ai prezzi di Trenitalia?

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domenica 30 Luglio 2006, 22:30

Il gatto di montagna

Non so per quale motivo, ma mi succede regolarmente, ogni volta che arrivo nella mia casa in montagna, di stendermi sul letto a leggere, a lavorare col portatile, o semplicemente a pensare.

Oggi pomeriggio, dopo pranzo, il letto era però occupato dal mio gatto Pico. Si tratta di un gatto bellissimo, bianco e grigio di varie tonalità ed incroci, dal pelo spesso e morbido, e con due splendidi occhi azzurri. Si tratta però anche di un gatto sfortunato… quando lo adottammo, su spinta della mia fidanzata di allora, aveva sei mesi e ci dissero che lo davano via perchè la signora che l’aveva cresciuto aveva un cane che aveva ucciso la sorella e ferito lui gravemente; e, appena ripresosi dalle ferite, la signora l’aveva abbandonato e lasciato lì, in cerca di un nuovo padrone.

Quando, dopo altri tre mesi, la suddetta fidanzata piantò il sottoscritto, la casa e il gatto da una sera all’altra, io ebbi un periodo in cui non riuscivo nemmeno a badare a me stesso, e il gatto fu ereditato da mia mamma, a cui era da poco mancato il suo.

A quel punto Pico, a valle di un doppio abbandono e con il residuo padrone ridotto a uno straccio, ebbe una specie di crisi esistenziale con sfogo sul cibo, diventando in poche settimane un vero bidone. Da allora, su consiglio del veterinario, abbiamo cercato di tenerlo a dieta e di fargli fare esercizio (qualcuno ha una cyclette per gatti?), ma anche se è dimagrito è pur sempre un gatto di dimensioni notevoli.

Io lo vedo ormai di rado, e saranno stati mesi che non avevo occasione di stare un po’ con lui: per cui me lo sono coccolato, pacioccato, abbracciato e cacciato, contendendogli la coperta azzurra, usandolo come cuscino o facendomi usare come cuscino, e facendolo rotolare per tutto il letto.

E poi, visto che eravamo entrambi esausti, è scattata la sindrome narcotica del letto da montagna: ci sono il fresco e il silenzio assoluto, e mi viene facilmente da dormire.

Dovete sapere che è da due anni e mezzo che non dormo sogni tranquilli; quando va bene, i miei sogni sono pieni di inseguimenti, corse, scale da salire, e agitazione di ogni genere; se no, sono veri e propri incubi pieni di angoscia, di annegamenti e di insetti che mi mangiano vivo. Ebbene, dopo tutto questo tempo, per la seconda volta in una decina di giorni ho fatto un sogno bellissimo, pieno di amore e di sesso, ambientato in quello stesso letto in cui mi trovavo; e se è sempre duro svegliarsi e realizzare che la realtà è diversa, è anche un buon segno trovarsi finalmente, una volta ogni tanto, in un sogno piacevole.

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domenica 30 Luglio 2006, 01:28

Notti d’estate

Anche quest’estate, come nelle due precedenti, si è svolta la grigliata estiva del gruppo di capoeira: e potevo io mancare? No, naturalmente; anche se non faccio più capoeira da due anni, è sempre un buon motivo per rivedere un po’ di gente.

La grigliata si svolge da sempre a Villafranca Piemonte, un posto che si raggiunge facilmente imboccando l’autostrada per Pinerolo, chiedendosi in quale direzione uscire, e poi scegliendo l’uscita che porta in nessuna direzione; ed è pertanto seguendo la freccia None che si arriva al Semaforo di Airasca, il punto da cui inizia il Piemonte meridionale, e la cintura industriale di Torino lascia il posto a quei paesoni popolati di sane vacche, campi di granturco, guidatori col cappello, e celebrazioni paesane rigorosamente in dialetto e rigorosamente tappezzate di bandiere granata.

Lì c’è il villone di uno dei nostri compagni di gruppo, i cui genitori, con ospitalità impareggiabile, accolgono ogni estate (spesso più di una volta) una cinquantina di scalmanati, riempiendoli di costine ottenute dalla cottura di intere bestie su reti di materasso con fondale di laméra, e sopportando persino l’invasione di una tendopoli notturna sotto gli albicocchi, per chi si vuole fermare.

L’esperienza vale, e anche stavolta è stata all’altezza; e se la parte culinaria è come sempre eccellente, vien ancora meglio di raccontare la parte mistica-capoeiristica, in cui un pezzetto di prato viene strappato con le fiaccole al buio della notte e utilizzato come base per un doppio dimenarsi di corpi, nella millenaria “danza assassina” dei guappi brasiliani. Già, perchè alla danza dei giocatori seminudi, ora allegra e ora aggressiva, si somma quella delle loro allungatissime ombre, colorate dalla musica e dal canto in portoghese, un po’ misterioso per noi ma ormai familiare.

Il potere della capoeira è quello di creare un cerchio mistico, astrarlo dal luogo come in un rituale stregonesco, e farvi circolare intensa e percepibile energia astrale. Esso raddoppia in situazioni come queste; e se per me è anche interessante notare come di anno in anno la mia percezione del cerchio si calmi, e il mio tasso alcolemico a fine serata decresca, è l’intero ambiente a valer la pena della prova, come introduzione al dato indubbio che esistono miracoli fatti di persone che la scienza non può spiegare.

Un discorso a parte merita poi il viaggio di ritorno. Faccio per uscire dal cancello e immettermi sulla provinciale, quando devo dare la precedenza a una specie di missile che arriva sul rettilineo ad almeno centoventi orari. E’ il segnale: tutto il gin e lemon e gin e lemon e gin di Andrea ribolle nel mio sangue. Lo stereo butta fuori un epico disco di Brian May che casca a fagiolo. Si va.

Al ponte del Pellice, insomma, il tizio è già ampiamente preso e superato. Proseguo per la provinciale a una velocità da strage del sabato sera, tra due ali di pannocchie e qualche occasionale sorpasso di auto che non vedo nemmeno. Nonostante la strada sia stretta e infestata da rotonde ad ogni passo, chiudo al semaforo d’Airasca in dieci minuti scarsi, con una media sopra ai cento all’ora; non male.

Ma è sulla successiva discostrada che noi giovani d’oggi diamo collettivamente il meglio; lì i centocinquanta sono appena sufficienti per non intralciare sulla corsia di destra. Potevo forse cedere? No, irretito da una Punto rossa che prima mi passa a 180 e poi rallenta di botto costringendomi al sorpasso a destra (grazie a .mau. che mi ha spiegato che si può) ed incitato dall’apparire sullo stereo della leggendaria Resurrection, i venti chilometri dall’uscita per nessuna direzione fino al casello di Beinasco diventano una esperienza metafisica. La chitarra di Brian sfonda la galassia, la batteria di Cozy moltiplica il battito, del cuore e del motore; il Valhalla del metal si materializza; “Ride the night until the morning sun”, mentre le curve strette e i cavalcavia della Torino-Pinerolo si susseguono secchi e sembrano non finire più, in una euforia emotiva finalmente felice.

La città è un’appendice tranquilla, piena dei soliti addormentati sulla corsia di sinistra (uno ci viaggia a sessanta all’ora per un po’ coi fari spenti, per poi girare contromano in via Asiago: e poi sarei io quello pericoloso), con tanto di conclusione strappalacrime a base di Too Much Love Will Kill You. E buona notte a tutti.

P.S. Ok, Cozy Powell è morto prematuramente schiantandosi in autostrada: questo ve lo concedo. Brian May però è ancora vivo!

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venerdì 28 Luglio 2006, 17:03

Ce n’è una sola

Dialogo avvenuto oggi a pranzo.

Io (ricevuto e letto un SMS con evidente scazzo): “Che palle, ma non si può mettere un filtro sugli SMS in arrivo, in modo da ignorare tutti quelli che arrivano da una determinata donna?”

Collega: “No, ma c’è una cosa molto semplice da fare: basta scrivere il suo numero di cellulare nei cessi di tutti gli autogrill, con scritto ‘Chiama qui se vuoi una pompa gratis’!”

Io: “Ma è mia mamma!!”

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venerdì 28 Luglio 2006, 04:19

La notte degli abbonamenti

Sono tornato da poco a casa dopo aver fatto il mio turno di presidio nella Grande Notte degli Abbonamenti del Toro, davanti al Delle Alpi dall’una alle 3:30.

Oddio, in realtà io l’abbonamento l’ho già prenotato tramite club, ma alla fine ce ne mancavano una manciata e abbiamo deciso di organizzare una coda a vantaggio di quelli che erano rimasti fuori. E poi, è sempre una occasione per una specie di festa paesana: lì davanti ci sono persone che chiacchierano, che trincano, che giocano a pallone, persino che vanno avanti con una grigliata infinita dalle nove di sera; il tutto in cronaca diretta sul forum di Toronews, grazie a tam tam telefonici e connessioni via cellulare.

Arrivando alle otto di sera, noi abbiamo preso il numero 14; il primo è lì dalle cinque di pomeriggio. All’appello delle tre di mattina c’erano già 138 numeri distribuiti; ma sarà tra poco, dalle sei alle otto, che ci sarà un vero assalto. Grazie al forum, si è formato un gruppo autoorganizzato che ha provveduto a distribuire numerini, effettuare appelli e così via. Speriamo bene!

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giovedì 27 Luglio 2006, 20:09

[[James Blunt – Wisemen]]

Ve l’avevo promessa qualche giorno fa, questa canzone. In realtà, il disco (di due anni fa) ebbe successo forse oltre i suoi meriti; la storia strappalacrime del soldato inglese che scriveva i pezzi con la chitarra mentre era in servizio in Kosovo – pezzi come You’re Beautiful e High, poi giunti in cima alle classifiche e persino alla consacrazione definitiva, l’uso come colonna sonora in uno spot Vodafone – aveva sicuramente il suo fascino. Il disco è però superprodotto, con suoni curatissimi, insomma un po’ di plastica, ed essendo stato trasmesso all’infinito ha probabilmente rotto le scatole. Certo, i commenti sui forum, tipo “è certamente lui che si scrive i testi: nessun professionista pagato per farlo scriverebbe delle schifezze del genere”, sono impietosi: ma magari è invidia?
Eppure, dopo due anni, provano a rilanciarlo facendo uscire un altro singolo, proprio questa canzone. A me piace molto, l’arrangiamento è eccellente, il giro è solare, il ritornello ribadisce che hanno torto gli assenti: per la fine di luglio, che volete di più?

She said to me, “Go steady on me.
Won’t you tell me what the Wise Men said?
When they came down from Heaven,
Smoked nine ‘til seven,
All the shit that they could find,
But they couldn’t escape from you,
Couldn’t be free of you,
And now they know there’s no way out,
And they’re really sorry now for what they’ve done,
They were three Wise Men just trying to have some fun.”

Look who’s alone now,
It’s not me. It’s not me.
Those three Wise Men,
They’ve got a semi by the sea.
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?

Really sorry now,
They weren’t to know.
They got caught up in your talent show,
With you pernickety little bastards in your fancy dress,
Who just judge each other and try to impress,
But they couldn’t escape from you,
Couldn’t be free of you,
And now they know there’s no way out,
And they’re really sorry now for what they’ve done,
They were three Wise Men just trying to have some fun.

Look who’s alone now,
It’s not me. It’s not me.
Those three Wise Men,
They’ve got a semi by the sea.
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?

Look who’s alone now,
It’s not me. It’s not me.
Those three Wise Men,
They’ve got a semi by the sea.
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Where are you now?
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?
Got to ask yourself the question,
Where are you now?

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martedì 25 Luglio 2006, 21:45

Il governo degli indulti

E’ difficile commentare una serata come questa, in cui da una parte su Calciopoli, dopo la task force prodiana dei Rossi e dei Borrelli, arriva il prevedibile colpo di spugna, e dall’altra il governo si appresta ad approvare un indulto che gli permetterà di riuscire là dove il governo precedente ha sempre fallito, facendo uscire Previti (Tanzi, Ricucci, Fiorani…) di galera.

La sentenza del calcio è scandalosa; alla fine il tutto si è ridotto a una scoppola alla Juventus – comunque ridicola, per chi ha truccato interi campionati – e poco altro; la Fiorentina si salva (nonostante tre anni di condanna a Della Valle, che evidentemente aggiustava le partite per diletto e non per la sua squadra); il Milan andrà addirittura in Champions League (dovrà solo fare i preliminari, con due partite di cartello in più: che punizione durissima!); alcuni dei personaggi che hanno maneggiato il calcio italiano per decenni, primo fra tutti il capitalio Carraro, sono stati direttamente assolti.

Dell’indulto, che magari Prodi sperava di far passare sottovoce proprio grazie alle sentenze del calcio, scrivono tutti i giornali: per non scontentare Forza Italia, ci hanno messo dentro anche i reati dei finanzieri. Il centrosinistra ha pianto per anni su come il centrodestra facesse gli interessi personali del suo leader, proprio su questi reati; si è indignato per le leggi ad personam; poi, andato al governo, tempo tre mesi e fa la stessa cosa. Per fortuna almeno Di Pietro è sceso in piazza; spero che su questa vicenda non ceda.

Non sono il solo, stasera, ad essere indignato. Ma visto come la legalità viene maltrattata nell’Italia di Prodi II, c’è solo una cosa che mi viene da dire, anche se non avrei mai pensato di doverlo fare: per il bene dei pochi onesti che ancora resistono, ridateci presto Berlusconi.

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lunedì 24 Luglio 2006, 22:55

Catarsi

Sapevo che non sarebbe stato facile; ma, con tutta l’incoscienza di una sera d’estate, e ulteriormente motivato dal ridotto numero di gradi di separazione verso il regista, stasera su Sky ho guardato I giorni dell’abbandono, di Roberto Faenza.

In breve, è la storia di qualsiasi abbandono tra persone adulte e conviventi, dell’avere investito anni della tua vita e di emozioni profonde su una persona che d’improvviso, per un meccanismo inevitabile ma inconoscibile, si nega e ti rinnega, tradendo la tua fiducia, insegnandoti che non potrai mai, per nessuna ragione, capire veramente la testa di un altro; e distruggendo contemporaneamente la tua fiducia in te stesso e quella nel mondo. Ci sono passato, in questi due anni.

Ma, più ancora di questo, per me è soprattutto la storia della mia infanzia, precisa precisa fino nei minimi dettagli, le scenate in casa, quelle per strada, l’ossessione di sapere, le stanze vuote, il non capire, le colpe, tante colpe dappertutto, per tutti, a piene mani, sempre. Non è nemmeno odio, è soltanto… freddo, un freddo che congela le vite e fa urlare i muri, lasciandoti prigioniero di una scia di maledizione disperata, tanto più orribile perchè priva di un vero motivo; come un cancro che ti tocca, ma che non puoi afferrare.

Quest’anno tra poco sono vent’anni che i miei genitori si sono lasciati, e ancora non ho capito, non ho parlato, non ho perdonato (nessuno dei due). Beh, forse, un po’; ma è un lavoro lungo e difficile, così come è difficile, molto difficile, superare la promessa fatta da bambino davanti allo specchio, di non fidarsi mai più di nessuno. Piano piano, ci si può lasciare andare, spezzare la catena, cominciare finalmente una vita libera, migliore, per te e per le persone che ti stanno attorno. E, alla fine, soffrire moltissimo guardando un film così, ma poterlo fare come semplice catarsi, sapendo di esserne finalmente usciti, e di potersi guardare indietro con serenità.

Ah, il film è ovviamente bellissimo, anche se non so se per chi non l’ha vissuto direttamente possa avere lo stesso significato. Se vi capita, e non avete paura, guardatelo senz’altro.

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lunedì 24 Luglio 2006, 20:18

Addio sopraelevata

E così, anche un altro pezzo della Torino della nostra gioventù se ne sta andando. Stavolta però non è una fabbrica; è un ponte. Una sopraelevata, per la precisione: la sopraelevata di corso Mortara, che per quarant’anni ha costituito una sorta di tangenziale interna, la principale strada per collegare la zona Ovest di Torino con il Po e la collina.

Ognuno di noi ha dei ricordi collegati a quel pezzo di strada; alcuni privati, come le mie trasferte settimanali da casa di mia mamma a quella di mio padre; alcuni pubblici, come l’alluvione del 2000 di cui la sopraelevata fu protagonista. Poi, la distruzione delle vecchie fabbriche – la Michelin, le officine Savigliano, le ferriere Fiat – e la costruzione dei nuovi quartieri – l’Environment Park, l’Ipercoop, le torri della Spina 3. E infine, l’abbattimento della sopraelevata, tanto comoda quanto sgradita ai nuovi abitanti delle torri.

Dal punto di vista del cittadino medio, l’idea di investire miliardi per abbattere l’unico collegamento stradale veloce tra est e ovest è demenziale. Eppure, come dice il Comune, è veramente un abbattimento definitivo; e le macchine dovranno rassegnarsi ad incolonnarsi negli infiniti ingorghi che già hanno invaso la zona, fino a quando, nel 2009 (seeh…), dovrebbe essere pronto un nuovo sottopasso, insieme all’ultimo tratto del passante ferroviario sotto la stazione Dora.

E però, le ruspe vanno avanti (c’è persino chi discetta su tipo e caratteristiche delle suddette). Nel frattempo, sarà costruito un breve raccordo che devierà le auto da corso Mortara sul ponte di via Stradella, uno dei punti più congestionati della città, che sta venendo appositamente allargato; auguri. Penso che i tempi di transito tra est e ovest della città si allungheranno come minimo di dieci minuti, con conseguente incazzatura generale.

Ma, a parte l’irritazione automobilistica, quel che colpisce è come un pezzo di geografia cittadina che dai per scontato da sempre possa sparire di botto, per non ritornare mai più.

Comunque, c’è di più: proprio dietro la sopraelevata, resiste come per miracolo un angolo di città straordinario. E’ l’infilata di case di via Giachino, una sfilza di edifici affacciati su quella che nell’Ottocento era la strada principale di collegamento tra il centro di Torino, Venaria e Lanzo. La strada era talmente importante, piena di traffico, attività e negozi, che ogni centimetro era occupato da case, lasciando solo un paio di strette vie trasversali per accedere alla ferrovia Torino-Ceres e al borgo Vittoria; mentre lo spazio tra la via e le officine Savigliano, incentrato su via Tesso, fu occupato da villette di mezza campagna. Poi, d’improvviso, la chiusura del passaggio a livello della stazione Dora, con il conseguente spostamento del traffico su via Stradella, isolò questo triangolo di città e lo congelò allo stato dei primi decenni del Novecento.

Questo triangolo che non conosci e che raggiungi solo perchè devi andare lì – anche se lì non ci vai mai perchè non c’è niente di niente, se non il leggendario quanto misconosciuto pub Manhattan – è davvero un patrimonio fondamentale per non dimenticare la periferia di Torino del primo Novecento, ancora un paesone agreste travestito da città operaia. Per fortuna, qualcuno finalmente se ne è accorto.

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domenica 23 Luglio 2006, 21:10

Misteri stradali

Oggi sono andato a Prali, in val Germanasca, e ho percorso per la prima volta la nuova autostrada fino a Pinerolo e poi la nuova variante alla ex statale 23 attraverso la valle Ovina, da Porte a Perosa Argentina.

Sull’autostrada non ho niente da dire, ma la variante, che è stata costruita dopo trent’anni di weekend a passo d’uomo e di proteste dei paesi d’origine dell’Avvocato, mi ha lasciato molto perplesso: è una nuova strada a una corsia per senso di marcia, con un certo numero di viadotti e gallerie, ma su cui ovviamente il traffico viaggia ugualmente a passo d’uomo; anzi, almeno sulla vecchia statale ogni tanto si poteva superare, mentre sulla nuova il sorpasso è rigorosamente vietato; in più, ogni paio di chilometri c’è una rotonda prima della quale si formano regolarmente da cinquanta a cinquecento metri di coda.

Allora mi chiedo: qual è il senso di aspettare trent’anni e di spendere millanta milioni di euro, per spostare la coda di cento metri in linea d’aria? Probabilmente ci saranno meno macchine sfreccianti che disturbano il sonno dell’Avvocato nel cimitero di Villar Perosa, ma per chi da Torino va a Sestriere o negli altri paesi di quelle vallate non è cambiato sostanzialmente nulla, anzi la situazione è un po’ peggiorata.

P.S. Ne approfitto per ringraziare il signore con una utilitaria che al ritorno si è piazzato sulla corsia di sinistra dell’autostrada a 130 all’ora e non si è spostato per almeno cinque chilometri. Vero, il traffico sulla corsia di destra era intenso, ma c’erano parecchie occasioni per rientrare; e dietro di lui si è formata subito una fila di almeno una ventina di auto e moto che attendevano di passarlo, cercando continuamente di segnalare con frecce, spostamenti, clacson e tutti gli altri strumenti utili allo scopo, e allo stesso tempo di evitare il tamponamento dovuto al continuo accelerare, avvicinarsi, rallentare per non centrarlo, spostarsi a destra e a sinistra per farsi vedere e così via.

Dopo il primo chilometro di fisarmonica e mancati tamponamenti, e dopo aver tentato in ogni modo un sorpasso regolare, un motociclista lo ha passato a destra e si è girato a mandarlo affanculo; l’auto successiva, quando finalmente si è spostato, ha abbassato il finestrino e gli ha fatto il dito medio sfrecciando a 160; quello subito dietro ero io, che dopo il quarto chilometro di tappo e di tensione mi ero spostato un po’ verso il centro, in modo che mi vedesse bene negli specchietti, e avevo attaccato direttamente a lampeggiare con gli abbaglianti.

Spero almeno che fosse solo uno stordito, e non lo facesse apposta, visto il rischio tremendo di incidente di massa in autostrada a cui siamo stati esposti per tutti quei chilometri.

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