Perfidia
Non c’è niente di più perfido di un bambino. Anzi sì: un vecchio. Ora in versione avanzata, con tanto di sensori acustici e telecamere a circuito chiuso!
[tags]immigrazione, schiavitù, anziani, perfidia[/tags]
Near a tree by a river
there's a hole in the ground
3/7 | Giappone wtf |
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Non c’è niente di più perfido di un bambino. Anzi sì: un vecchio. Ora in versione avanzata, con tanto di sensori acustici e telecamere a circuito chiuso!
[tags]immigrazione, schiavitù, anziani, perfidia[/tags]
Tutti, nella vita, hanno una droga. E non parlo solo di quelle ritenute droghe a tutti gli effetti, pesanti o leggere che siano; o dell’alcool, che dà dipendenza ma è ritenuto socialmente accettabile, almeno fino a quando non mettete sotto un pedone; e nemmeno di chi è drogato dal sesso o dalla masturbazione. C’è chi si droga di Playstation e chi si droga di libri, chi si droga di palestra e chi si droga di politica; l’importante è disporre di qualcosa di immediatamente gratificante e facilmente disponibile.
Per noi che ci droghiamo di cibo, Lidl è una sicurezza: e quindi, dopo mesi di Butter Cookies Confiserie Firenze, sono ripassato ai waferini alla nocciola ricoperti di cioccolato, o, come dice la confezione, Haselnusscremewaffeln mit Schokolade, che in tedesco suona anche più convincente. Sono piccoli, solidi ma croccanti, e ti lasciano quel bell’alone marrone sulle dita e sulla tastiera dell’iBook. Uno tira l’altro, smettere è impossibile: droga allo stato puro.
P.S. Ieri, in offerta a dieci euro, c’era la macchinetta elettrica per fare i popcorn. Se la volete, magari la trovate ancora.
[tags]lidl, cioccolato, droga, dipendenza[/tags]
Per l’informazione giornalistica, questi sono anni neri: ciò che compare su giornali e telegiornali è attentamente selezionato in modo da non disturbare, fino a istupidirci con storielle amene e servizi di cinque minuti sulle nuove mode dell’estate, ma guardandosi bene anche solo dall’accennare a un qualsiasi fatto scomodo.
Oggi me ne è capitato sottomano un bell’esempio; e no, non è questo (via Pasteris), dove si narra per pagine e pagine di ogni possibile nefandezza fiscale che secondo un’indagine sarebbe stata compiuta da una grande azienda di telecomunicazioni, ma senza mai nominarla (ve lo diciamo noi, è Eutelia).
E’ invece questo articolo della Busiarda, comparso oggi in cronaca. Titolo sparato: “Richi Ferrero attacca la Regione” (Richi Ferrero, per chi non lo conoscesse, è uno dei più noti artisti contemporanei torinesi); e già qui, mi viene il dubbio se si tratti davvero di un “attacco” o magari non di una semplice critica. Bene, andiamo a leggere: dopo aver sparato i numeri della rassegna, il giornalista scrive: “Nel prendere la parola tra il pubblico l’artista Richi Ferrero ha attaccato l’assessore Gianni Oliva, di cui ha chiesto le dimissioni, e in generale la Regione Piemonte che, secondo lui spreca denaro pubblico nell’iniziativa.” – l’iniziativa in questione è Teatro a Corte, spettacoli teatrali nelle regge sabaude. Va bene, quindi adesso seguirà la spiegazione dei presunti sprechi, con qualche parola di Ferrero per illustrare la propria posizione, no?
No. Subito dopo si dice che Oliva non ha risposto, ma la Bresso sì; e il paragrafo successivo è tutto dedicato alla Bresso, che si difende dalle accuse, che però a questo punto ancora non conosciamo, sostenendo che i costi sono congrui e la rassegna è bellissima. Seguono altri tre paragrafi: adesso ci diranno quali sono i presunti sprechi? No: l’assessore Oliva, che non ha risposto, risponde, e per tre altri paragrafi magnifica il grande successo e ribadisce che i costi sono congrui. E poi, parlando di Ferrero, conclude: “Ci aveva presentato un progetto per l’inaugurazione della Reggia di Venaria che non andò in porto.”
Fine. Ci lasciano con l’insinuazione che Ferrero sia solo un rosicone deluso; magari è vero, magari questa rassegna è bellissima e perfettamente organizzata, però a me sarebbe piaciuto sapere quali sono gli sprechi che Ferrero ha contestato alla Regione, se ha delle prove a supporto, o anche solo in cosa sia stato speso il milionario budget della manifestazione. Invece, riempito l’intero articolo con le dichiarazioni dei politici, e ridotta a mezza riga incomprensibile la critica iniziale, il giornalista si ritiene soddisfatto.
E poi criticano Grillo…
[tags]informazione, regione piemonte, teatro a corte, torino, venaria, ferrero[/tags]
La citazione di Luca Sofri nel titolo è doverosa, perché è più o meno l’unico dei very important italian bloggherz con cui non ho ancora scambiato piacevolezze nei commenti di questo blog, e quindi colgo l’occasione. Oggi sono anche più irritato del solito perché persino nei commenti a Specchio dei Tempi mi han detto di tacere, e, dopo aver fatto incazzare gli Ultras Granata domenica sera (con tanto di rischio di spaccamento gambe a un amico come ritorsione, per aver suggerito che invadere il campo a fine partita non è mai una grande idea) e varie persone del CNR martedì, con i blogger vado sul sicuro.
E’ che tramite Mantellini – ovviamente coinvolto nella cosa – ho scoperto un ulteriore buon motivo per non pagare il canone Rai: Kinder, la colonia estiva di Condor. In pratica, qualche decina di VIP che vanno in vacanza a Gressoney, e ci tengono a farcelo sapere a mezzo Web e radio pubblica; e non solo genericamente, ma con grande precisione, tipo “sabato mattina giochiamo con la Wii, poi io mi stendo sul prato a leggere il giornale mentre gli altri vanno in paese a comprare la polenta”. Il tutto è ovviamente inframmezzato da blogger che chiacchierano con altri blogger su quanto sia fico essere blogger, discussione aperta anche ai blogger “non dotati di talento” previa pagamento di biglietto di ingresso – escluso vitto e alloggio – di soli 120 euro (neanche alla Sticcon…). Peraltro il cash flow – chi guadagni cosa, chi venga pagato e chi ci venga gratis – è l’unica cosa che sul sito non viene rivelata, anche se si capisce che la cosa è organizzata da questi qui e quindi le probabilità che la Rai e/o qualche ente locale ci mettano dei soldi (miei) mi paiono elevate; spero nella smentita.
Suppongo che sarà una vacanza divertente; il sito è scritto da marchettari professionisti, Gressoney è un posto splendido, alcune delle chiacchierate saranno sicuramente interessanti, e se a qualcuno piace pagare per far vacanza con Sofri e Mantellini, o magari ne è amico da anni e li vuol rivedere, perché no. Per par condicio, comunque, e come già anticipato da Mante, rivelo che io invece andrò in vacanza a Loano; l’evento clou sarà la leggendaria battaglia di gavettoni sul lungomare del Kursaal, tra me, .mau. e Vint Cerf*, finita la quale a tutti i partecipanti sarà offerto un Calippo presso i Bagni Miramare. Quota d’iscrizione, 120 euro, con i quali sono incluse la spillina e il diploma “Sì, io ho pagato per essere qui”. Accorrete numerosi.
* = Vint Cerf potrebbe anche non venire.
[tags]blog, kinder, rai, blogger, vacanze, gressoney[/tags]
L’idea di rendere reato l’immigrazione clandestina mi pare peregrina: un clandestino che lavora dovrebbe essere regolarizzato, mentre uno che non lavora e non ha lavorato per un certo tempo dovrebbe essere espulso, a maggior ragione se commette reati o vive di espedienti ai semafori; non si capisce a cosa serva metterlo in carcere, se non ad affollare le carceri. Mi sembrerebbe quindi più urgente risolvere il problema per cui l’80% dei clandestini che andrebbero espulsi restano in Italia perché non c’è abbastanza posto nei CPT per accoglierli in attesa di caricarli su un aereo.
Detto questo, sono rimasto indignato dall’offensiva anti-italiana che si è scatenata in giro per l’Europa, a partire dal governo spagnolo; Zapatero, peraltro, è un noto affondatore di gommoni, e sta biecamente sfruttando Berlusconi per rifarsi una verginità con l’ala buonista del suo partito, magari anche impaurito dall’idea che un po’ più di severità alle frontiere italiane comporti più gommoni sulle coste spagnole. Tempo fa, a fare la voce grossa era la Romania; e poi, esponenti politici di mezza Europa. E noi che facciamo? Non solo chiniamo la testa, ma ci facciamo del male da soli, ad esempio mandando a Strasburgo l’inneffabile Agnoletto ad esibire un cartello che dà del razzista al governo scelto da quelli che gli pagano il lauto stipendio, cioè i cittadini italiani: senza vergogna.
Noi, se avessimo ancora un po’ di dignità nazionale, risponderemmo nell’unico modo sensato: tutti insieme, di destra e di sinistra, diremmo a Zapatero e soci che l’Italia ha il diritto di scegliersi il governo che vuole e di adottare le politiche che vuole, nell’ambito dei trattati internazionali che abbiamo firmato; e se li stiamo violando, che ci denuncino nelle sedi opportune (dove l’Italia peraltro perde regolarmente le cause). Ma anche se Zapatero e sodali avessero ragione, non è accettabile che si immischino in questo modo, né che insultino regolarmente l’Italia un giorno dopo l’altro.
Sicuramente in Italia c’è del razzismo, alimentato dall’incapacità delle istituzioni (ma anche di troppi gruppi sociali italiani, a partire dalla sinistra e dalla Chiesa) di distinguere tra l’immigrazione sana e i delinquenti, di aiutare i primi e punire i secondi senza lassismo e senza buonismo. Ma dopo questi giorni mi pare chiaro che in Europa c’è altrettanto razzismo: contro l’Italia e gli italiani.
[tags]razzismo, europa, italia, immigrazione, zapatero[/tags]
In occasione di questo giro a Roma, ho potuto provare il nuovo servizio di voli low cost tra Little Boxes e Little River. Da Torino a Roma, le alternative sono sempre state due: il treno, con un costo attorno ai 100-120 euro, e l’aereo, dove si poteva scegliere tra Air One e Alitalia, che si facevano “concorrenza” con prezzi tipo 165 euro una e 168 euro l’altra, fissi e costanti praticamente sempre. Ora, grazie alla compagnia romana Blue Panorama – originariamente specializzata in charter estivi – e al suo servizio low cost Blu-Express, esiste una soluzione che permette, comprando con anticipo, di fare andata e ritorno in aereo per 100 euro o anche meno.
Ci sono tre voli giornalieri, e il servizio è senza fronzoli; niente posti assegnati e cibo a pagamento. Gli aerei non sono nuovissimi, ma sempre meglio dei paleolitici MD-80 Alitalia; a Fiumicino si parte dal terminal AA, che sta all’esterno, subito a sinistra del terminal A. I miei voli erano puntuali, anche se quelli del parcheggio mi hanno detto che per il ritorno pomeridiano non è così frequente. Nel complesso, una buona soluzione, che però è ancora poco conosciuta (il volo di ritorno era pieno al 30%). Speriamo che duri.
[tags]voli, low cost, torino, roma, blu-express[/tags]
Seriamente: mi dispiace che la mia bonaria ironia su un incontro con gli uscieri (oltre che sulle politiche del Dipartimento Toponomastica del Comune di Roma) sia stata presa come un attacco diretto all’istituzione che, tra le altre cose, ha il merito di aver portato Internet in Italia, oltre a supportare quel po’ della ricerca italiana che resiste allo stato comatoso del Paese. Pensavo che non ci fosse nemmeno bisogno di dirlo, ma comunque mi scuso per l’equivoco.
[tags]ricerca italiana, sicurezza[/tags]
Ieri sera stavo preparando una richiesta di rimborso spese per una trasferta a Pisa svolta a gennaio; per fare prima, ho aperto il file relativo a una trasferta analoga svolta nel gennaio 2007. La riga “pedaggio autostradale” del file recitava: “€ 42,30”. Così ho preso gli scontrini del viaggio fatto dodici mesi dopo, ho fatto i conti e ho inserito il nuovo totale: è risultato essere di € 46,40.
Ora, possono anche prendermi in giro con l’inflazione programmata al due per cento, ma se la matematica non è un’opinione l’aumento del pedaggio autostradale in un anno, almeno sulla tratta Torino-Pisa e ritorno, è stato del 10%. Vero è che l’anno scorso avevo ripreso l’autostrada a Viareggio – dopo una famosa sera in Versilia – e non a Pisa, quindi fino a un paio di euro di differenza saranno anche dovuti a quello, ma l’aumento dei pedaggi mi sembra comunque indecente, soprattutto a fronte del miglioramento dell’infrastruttura sulla tratta in questione (zero).
Ah, e ieri ho fatto carburante scoprendo che, in piena sintonia con il rapido passaggio degli italiani da auto a benzina a auto a gasolio, il prezzo del gasolio ha raggiunto quello della benzina. Ci credo che Moratti festeggia e compra un bidone milionario dietro l’altro… Hanno veramente la faccia come il culo.
[tags]prezzi, autostrade, benzina, inflazione[/tags]
Ultimamente pare diventato di moda: a chiunque tu chieda cosa fare per salvare l’Italia, tra le prime cinque voci c’è l’abolizione delle province. Effettivamente, forse potremmo cavarcela con un po’ meno burocrazia… In realtà , si tratta di suddivisioni amministrative, nate per organizzare meglio la struttura burocratico-aziendale dello Stato. Come tali, “servono” o “non servono” a seconda di cosa gli si dà da fare, ragion per cui sarebbe probabilmente più produttivo andare ad esaminare le loro competenze – dalle strade all’edilizia scolastica – e capire se e come possono essere trasferite altrove in modo più efficiente, considerando che comunque qualcuno se ne dovrà occupare.
Purtroppo, però, raramente la questione viene affrontata in termini pratici; sulla discussione prevale sempre un altro aspetto, quello dell’ego collettivo delle comunità interessate, con il desiderio di vedere la propria città riconosciuta a livello nazionale, e con la conseguente creazione di burocrazia, posti di lavoro pubblici, infrastrutture di collegamento.
Del resto, il concetto stesso di provincia non è che l’evoluzione delle suddivisioni feudali in vigore fino all’era della rivoluzione industriale, divenute progressivamente inadatte con l’affermarsi della borghesia e l’incremento del peso centrale degli stati nazionali. In origine infatti non era certo questione di elezioni provinciali, ma semplicemente di governatori o prefetti inviati dal governo centrale per gestire un determinato territorio.
Fu l’inventore dello Stato moderno, Napoleone, a imporne la definitiva affermazione; e così, dopo la Restaurazione, lo Stato sabaudo si divise anch’esso sul modello francese, in dipartimenti (l’equivalente delle odierne regioni) a loro volta suddivisi in province. Erano province decisamente più piccole delle attuali, tanto è vero che per un territorio comprendente un sesto dell’Italia più la Savoia c’erano ben 49 province, a loro volta ulteriormente suddivise in centinaia di mandamenti formati da una manciata di villaggi. Non dissimile era la situazione negli altri regni pre-unitari.
Nel 1859, in piena seconda guerra d’indipendenza e con la prospettiva di annettersi gran parte dell’Italia, il ministro dell’Interno Urbano Rattazzi si rese conto che andare avanti con suddivisioni così piccole avrebbe implicato sprechi e difficoltà ; e così, diede il via a una radicale ristrutturazione, basata proprio sul principio di “eliminare le province” spostando i poteri ai dipartimenti. Questa riforma, purtroppo, fu concepita con un piccolo problema di marketing: difatti si scelse di rinominare i nuovi dipartimenti in province, col risultato di far sembrare a 39 città di aver semplicemente perso lo status di capoluogo provinciale e di essere state “annesse” dalle rimanenti dieci.
Apriti cielo! Da Mortara a Biella, da Vercelli a Casale, da Asti a Savona, tutte le città degradate la presero maluccio. I più incazzosi, manco a dirlo, furono i genovesi dell’Oltregiogo: non solo gli avevano soppresso la provincia di Novi, ma, nonostante fossero da sempre stati parte della Repubblica di Genova, li avevano addirittura annessi ad Alessandria! Fu quello il momento in cui tutti i comuni della zona, in quello che De André avrebbe definito un atto di vibrante protesta, aggiunsero “Ligure” al proprio nome; e sono ancora incazzati adesso, tanto che il profluvio di pagine relative alla storia delle province italiane, in rete e su Wikipedia, viene quasi tutto da quei posti lì; e non ce n’è una che si dimentichi di buttar lì maliziosamente che Rattazzi era di Alessandria.
Tuttavia, questi episodi dimostrano come i confini amministrativi, anche quelli interni alla nazione, possano avere conseguenze significative sull’evoluzione storica dei territori. Per esempio, a tutti ormai sembra pacifico che la Lomellina sia un territorio lombardo, gravitante su Pavia; e invece, fino al decreto Rattazzi era un pezzo del dipartimento di Novara, tanto che non fu annesso al Piemonte in quegli anni come il resto dell’attuale Lombardia, ma faceva già parte del regno sabaudo sin dal 1707.
Oppure prendiamo Ascoli e Fermo, che al momento dell’Unità erano entrambi capoluoghi di provincia dello Stato Pontificio, entrambi con circa ventimila abitanti; per qualche misterioso motivo, nel 1860 lo Stato sabaudo decise che solo il primo sarebbe rimasto capoluogo, mentre il secondo sarebbe stato annesso dagli odiati vicini. Come conseguenza, partendo da condizioni simili – anzi Fermo è più vicina al mare e alle linee di grande comunicazione -, Ascoli e cintura ha oggi quasi il doppio degli abitanti di Fermo: quanto di questo sarà un effetto del ruolo di capoluogo? (Comunque dopo centocinquant’anni i fermani ce l’hanno fatta, e dal 2004 hanno di nuovo la provincia.)
Dopo le guerre d’indipendenza – a territorio sostanzialmente simile all’odierno – le province erano 69; oggi sono 110, cioè quasi il doppio. Certo sono aumentati anche gli abitanti, ma vi è indubbiamente una tendenza a un costante aumento del numero delle province, in seguito alle pressioni di questa o quella città aspirante capoluogo; negli ultimi anni poi è diventata una valanga (toh, divertitevi). In particolare in Meridione, dove la burocrazia pubblica è l’unica industria esistente, ogni buco di quattro case aspira ai suoi bravi uffici provinciali nuovi di zecca; tranne che in Sardegna, dove essendo regione autonoma ci sono già riusciti.
E quindi, forse è l’ora di tirar fuori un nuovo Rattazzi e di vietare ulteriori province, cercando poi di capire se le funzioni delle attuali non possano essere girate ad enti già esistenti, risparmiandoci qualche ciclo elettorale e un bel po’ di spese correnti; o perlomeno, dopo centocinquant’anni si potrebbe rimettere mano a un po’ di sani accorpamenti. Attenti, comaschi e verbani: Maroni è di Varese!
[tags]province, abolizione, burocrazia, rattazzi, novi ligure libera, lomellina piemontese, fermo provincia, collegno provincia[/tags]
Non voglio fare sempre quello che l’aveva detto: ma quando ce vo’…
Oltre un anno fa, questo blog aveva denunciato la demenziale idea del Comune di spendere cinque milioni di euro per costruire un ulteriore impianto, sempre nella zona della Continassa, per ospitare fantasmagorici maxiconcerti che non si sarebbero più potuti fare al Delle Alpi. Idea demenziale per chiunque, tranne che per il genero di Castellani, che aveva prontamente ricevuto l’appalto.
Bene, ieri persino La Stampa ha trovato il coraggio di segnalare lo scandalo: l’impianto, nel frattempo concluso, non sarà mai nemmeno inaugurato, o almeno non quest’anno, perché quei pochi megaconcerti previsti a Torino l’hanno evitato come la peste. Del resto, andate a vederlo: in pratica è un enorme spiazzo sterrato (ossia un mare di fango nei temporali estivi) con quattro lampioni in mezzo e due prefabbricati al bordo a fare da biglietteria. Come possa essere costato cinque milioni di euro è un mistero: lo costruivano tre romeni con una vanga in una settimana. Come si possa poi pensare di spendere cinque milioni di euro in una cosa del genere, quando il Comune dichiara di non avere i soldi per tenere aperti gli asili e per riparare le buche nelle strade, sfugge ad ogni logica se non a quella degli amici degli amici.
Speriamo che venga di nuovo Grillo in città , così Chiamparino avrà la scusa per darsi dei soldi da solo e organizzarci almeno la contromanifestazione…
[tags]torino, sprechi, arena rock, concerti[/tags]