Consigli per le sagre (2)
Per quest’anno ormai è finita, ma sabato sera abbiamo provato per voi una ulteriore sagra: per la precisione, la Sagra del Cinghiale di Pontey (AO), anche se sarebbe più corretto definirla la Sagra della Coda di Pontey (AO). Infatti, siamo giunti sul posto alle 19:20 – prendendocela anche un po’ comoda, temendo di arrivare troppo presto – e ci siamo trovati in mezzo a un ingorgo da festa di San Giovanni a Torino, con grumi di auto che si inerpicavano su per una stradina per parcheggiare accanto al campo sportivo, dove si tiene la fiera, e poi sopra e su per i monti in ogni tornante e angolo disponibile.
Così, dopo aver parcheggiato, alle 19:35 ci siamo messi in coda; una coda che attraversava tutto il tendone della sagra, poi usciva da un angolo e lo costeggiava per un ulteriore lato, e poi si sfrangiava nel mezzo del campo di calcio. I più esperti si erano dotati di generi di conforto, ma noi non eravamo preparati e siamo così rimasti in piedi praticamente per un’ora e mezza, sbucando davanti al punto di distribuzione del cibo alle 21:00 precise.
Gli è infatti che qui sono valligiani; invece di adottare, come in qualsiasi altra sagra, una coda per la cassa e poi una coda per la distribuzione del cibo – o ancora meglio un servizio al tavolo come a Cortanze -, questi hanno pensato bene di fare un’unica fila modello self service, in cui si prendono i piatti man mano che si scorre e si paga alla fine. Il problema è che i piatti sono cucinati al momento, per cui, su sette o otto pietanze, ce n’è sempre una che è in cottura: a quel punto, invece di far scorrere quelli che non la vogliono, al primo avventore che la richiede tutta la coda si ferma completamente per tre o quattro minuti, in attesa che arrivi la pietanza mancante. Insomma, solo a servire la coda ci sono una decina di volontari del posto, ma per la maggior parte del tempo otto o nove di loro sono lì con le mani in mano a guardare l’unico che deve servire il suo piatto. Aggiungeteci che non sono molto pratici (vabbe’, è una sagra) né molto oculati nelle scelte – mitica la “grigliatina”, piatto che costringe chi lo serve a prendere sei o sette pezzettini di carne inseguendoli uno per uno per il tegame e mettendoci mezzo minuto – e il risultato è un vero disastro.
La coda ha però avuto almeno il vantaggio di farci ammirare due tipi da leggenda: lui, cinquantacinquenne vestito da vela (in piena montagna?) e tutto sportivo; lei, squinzia quarantacinquenne un po’ passatella, tipo “so’ donna dell’omo vero”. Si sono infilati bellamente poco davanti a noi approfittando di una distrazione, poi hanno passato un’ora e mezza in coda affiancati senza dirsi una parola, nemmeno ciao: un grande rapporto! Alla fine dubitavamo persino che stessero insieme, e invece no, perché verso la fine hanno conversato per trenta secondi, argomento “cosa prendiamo”. E poi sono riusciti a prendere l’antipasto (l’unica cosa quasi priva di cinghiale) e la grigliata, schivando le cose più buone. Mah.
Bene, direte voi, dopo tutta questa coda – che mi ha permesso di pianificare abbondantemente le critiche da fare sul blog e le lettere di lamentela da inviare all’edizione locale della Stampa – il giudizio non potrà che essere negativo? E invece no: perché il cibo era davvero ottimo, con punte di eccellenza. Per qualcosa meno di venti euro a testa abbiamo preso un primo, un secondo e un dolce, più vino o acqua; le porzioni erano abbondanti e soprattutto buone. Sia i ravioli al cinghiale che la pasta al forno al ragù di cinghiale erano ottimi, ma la cosa davvero eccezionale era il cinghiale al civet con polenta, con la carne tenerissima e il sugo speziato al punto giusto. La grigliatina di cinghiale, in confronto, era soltanto passabile, consistendo di due bistecchine con l’osso e tre-quattro salsiccette, buone ma non indimenticabili. Infine, il dolce: la torta di pere e cioccolato era buonissima, ma la crema di Cogne – una crema pasticcera con dentro pepite di cioccolato fondente, da mangiare con un torcetto che era burro croccante – era davvero speciale.
Appuntamento quindi al Ferragosto dell’anno prossimo, rigorosamente non oltre le 18:45, che così magari in un’oretta ce la facciamo.
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