Tecnofobia
Stamattina, Torino Porta Susa, ora di punta. Mancano pochi minuti alla partenza del regionale per Milano e l’atrio della vecchia stazione è pieno di gente in coda agli sportelli per fare il biglietto: urla, spintoni, sceneggiate sul tema “fatemi passare, il mio treno sta per partire”.
E lì nell’angolo, tre macchinette automatiche perfettamente funzionanti, una occupata, due completamente vuote. Ho persino potuto fare anche il biglietto del ritorno, visto che non c’era nessuno dietro di me!
Effettivamente la procedura di acquisto Trenitalia è piuttosto bizantina e tutt’altro che usabile: geniale l’idea per cui puoi impostare un luogo di partenza diverso dalla stazione attuale, ad esempio per fare il biglietto di ritorno, ma l’elenco delle destinazioni più popolari che subito dopo ti offre la macchinetta è standard e non contiene la destinazione del 90% dei biglietti di questo tipo – ovvero la stazione in cui sei. Comunque, davvero non si spiega come così tanta gente preferisca perdere il treno che mettersi a usare la macchinetta (e se lo fa, si guarda bene dal pagare col bancomat, che pure quasi tutti hanno in tasca: insiste nell’infilare venti volte banconote spiegazzate e poi spendere trenta secondi a raccogliere il resto in monetine); a meno che davvero gli italiani siano convinti che la tecnologia è figlia del diavolo.
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