La sentenza sui matrimoni gay
La sentenza della Corte Costituzionale sui matrimoni gay – originariamente prevista per prima delle elezioni – è arrivata, e come previsto è negativa.
La questione legale, a quanto mi consta, era la seguente: nella legge italiana non è scritto da nessuna parte che il matrimonio può avvenire soltanto tra persone di diverso sesso. Si tratta di una di quelle consuetudini e prassi interpretative che fanno parte della dottrina, un po’ come il fatto che l’articolo 575 del codice penale, che definisce l’omicida come “chiunque cagiona la morte di un uomo”, non implica che uccidere una donna sia legale. Tuttavia, dato il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, si può sostenere che la mancanza di un esplicito divieto del matrimonio tra persone dello stesso sesso sia effettivamente coerente con tale principio di uguaglianza; e così, alcune coppie omosessuali hanno chiesto ai propri Comuni di effettuare le pubblicazioni di matrimonio, e poi, ottenuto il previsto diniego, hanno impugnato tale decisione davanti ai giudici per venire poi rimandati in sede costituzionale.
E alla fine a quanto pare la Corte ha detto no: quella di ammettere il matrimonio omosessuale è una scelta che non è implicita nella Costituzione, ma sta nella discrezione del Parlamento che legifera.
Se le motivazioni saranno confermate, vuol dire che la via giudiziaria al matrimonio omosessuale è morta o quasi; resta soltanto quella politica – e visto il clima papalino che vige dalle nostre parti, come dicono a Londra, live horse.
Personalmente credo che alla legge, di un matrimonio, non possa che interessare soprattutto il lato contrattuale, e dunque che sia più che giusto che anche coppie omosessuali possano stabilire tra loro lo stesso contratto concesso agli eterosessuali; e poi, a livello etico, ognuno decida per sé. E’ comunque una posizione personale, e riguarda una di quelle questioni dove la cosa “giusta” da fare non è oggettiva ma è frutto della cultura del proprio tempo. Certo che, partendo dal principio per cui la propria libertà si spinge fino a dove non lede quella degli altri, non capisco proprio su che basi si possa impedire a persone che si amano di sancire davanti alla legge la propria unione, condividendo diritti e doveri.
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