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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


giovedì 6 Marzo 2008, 16:21

La fine del mondo è vicina

dopo aver scoperto che non solo Gabriella Carlucci ha un blog, ma lo usa per discettare di fisica delle particelle!

In realtà sta cercando di prendersela col neo-nominato presidente del CNR Luciano Maiani, fisico di fama internazionale, la cui nomina è stata bloccata dal centrodestra perché aveva sottoscritto l’appello contro la visita del Papa alla Sapienza: qui un breve sunto. Ma l’effetto straniante dato dalla pervicacia di una soubrette che, in un italiano da quinta elementare, commenta gli articoli di Nature e contesta la competenza in tema di fisica dell’ex direttore del CERN è assolutamente un segno dei tempi: dimostra davvero che la fine del mondo (o almeno dell’Italia) è vicina.

Però leggetevi i commenti, sono esilaranti! (Specialmente quello appena postato da tal Gabriella for Pepsident…)

[tags]gabriella carlucci, carlucci, maiani, fisica, cnr, cern, fine del mondo, politica, elezioni[/tags]

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giovedì 6 Marzo 2008, 12:58

Morti bianche e coscienze da pulire

Dopo l’ennesima tragedia sul lavoro, si è riaperta la bagarre sui media e nel mondo politico: bisogna assolutamente fare qualcosa. Naturalmente la soluzione è “ovvia” a tutti: servono più regole – evidentemente non ce ne sono abbastanza – e naturalmente sanzioni durissime per le imprese; anche perché siamo a un mese dalle elezioni, e gli operai votano, mentre le imprese no. E’ il solito giochetto ipocrita in cui ai vari partecipanti nella recita non potrebbe importare di meno degli operai; bisogna soltanto pulirsi la coscienza e mettersi in luce sui giornali.

Peccato che, a fronte di aziende che appaiono già a prima vista scientemente colpevoli di mancata prevenzione come la Thyssen-Krupp, la maggior parte dei casi di morte bianca riguardi quel mondo polverizzato delle microimprese che è così tipico dell’Italia; e quindi, il fantoccio del manager cattivo che sfreccia sul suo Cayenne sghignazzando alle spalle dei poveri operai è un po’ più difficile da trovare, e anzi si giunge alla conclusione sconsolata del procuratore di Molfetta che allarga le braccia e dice che il colpevole era lì sottomano, peccato che sia morto anche lui nell’incidente.

Il concetto di “sicurezza” è semplice in apparenza, ma difficile da definire: è profondamente personale e anche profondamente culturale. Del resto, queste sono foto che ho scattato io a Pechino tre mesi fa:

DSC01969.JPG
DSC01973.JPG

Da noi, un cantiere dove l’impalcatura non ha nemmeno le assi, e gli operai camminano tranquillamente sui tubi, se va bene imbragati ma più spesso no, non sarebbe comunque concepibile; là è la normalità.

In più, certi lavori sono pericolosi per definizione; si possono e si devono prendere tutte le precauzioni possibili, ma un pompiere o uno che svuota cisterne di gas velenoso sono sempre soggetti all’errore, quando non all’imponderabile. Non credo che il titolare dell’azienda di Molfetta, che si è calato nella cisterna cercando di salvare i propri operai ed è morto anche lui, possa aver coscientemente lesinato sul livello di sicurezza che doveva garantire se stesso; e quindi, se proprio non vogliamo rassegnarci a considerare le fatalità come fatalità, dobbiamo concentrarci non sulle regole e sulla ricerca di colpevoli, ma sul fatto che certi lavori, ancora oggi, vengono svolti – sia dall’operaio che dal padrone – con leggerezza, senza preparazione e senza una adeguata coscienza del pericolo.

Forse allora una adeguata formazione sui pericoli del proprio lavoro potrebbe fare molto di più dell’ennesima legge draconiana. In Italia, invece, l’idea per risolvere un qualsiasi problema – e potremmo parlare della privacy, o della nuova procedura per dimettersi, una magistrale esibizione di burocratismo anni ’70 – è di fare una legge dettagliatissima e durissima, che però si concentra sulla necessità di stendere un pezzo di carta, che guarda caso può essere steso soltanto da un “esperto” di qualche casta o da un ufficio pubblico previa riscossione della relativa tassa, la quale va ovviamente a carico dell’azienda perché, si sa, l’azienda è cattiva per principio e ancora grazie che non la chiudiamo del tutto. Come risultato, l’azienda paga, porta a casa 300 pagine di copia e incolla da infilare in fondo a un armadio, e continua a comportarsi esattamente come prima. E gli operai continueranno a morire.

[tags]lavoro, economia, operai, morti bianche, incidenti, sicurezza sul lavoro, molfetta, cina, ipocrisia[/tags]

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mercoledì 5 Marzo 2008, 19:41

Skyfo (3)

Oggi è stata una bella giornatina: ho litigato con chiunque. Mi sembra quindi in tema il proporvi una ulteriore puntata del mio rapporto con Sky, già descritto qui e qui, visto che questa azienda, in termini di correttezza nel rapporto coi clienti, sta cercando duramente di insidiare i pessimi record della Telecom anni ’90.

In pratica, mi è arrivata la prima fattura:

  • con solo due giorni di anticipo sulla scadenza, invece dei 15 previsti da contratto;
  • addebitandomi per il mese di gennaio tutti i pacchetti che io non ho mai richiesto e che loro mi hanno attivato unilateralmente, e che peraltro mi avevano confermato via telefono che sarebbero stati gratuiti;
  • addebitandomi il mese di febbraio, che doveva essere gratis da promozione e successive conferme;
  • e mandandomi in contemporanea il numero di marzo della famosa rivista a pagamento, nonostante io l’avessi disdetta da un mese.

Naturalmente, dopo vari solleciti al servizio clienti via mail (visto che continuo a non poter chiamare gli 199 che loro propongono, avendo solo un cellulare aziendale) mi hanno chiamato loro e mi hanno detto che per gennaio avrebbero prontamente caricato un accredito per correggere l’errore, mentre per febbraio “ha ragione ma aspettiamo a vedere se il sistema le dà gratis marzo, se no chiami di nuovo”. In più, ho chiesto l’invio di una nuova fattura o di una nota di credito – come prova e come obbligatorio fiscalmente, se no la loro contabilità s’annerisce – e mi hanno detto che “il sistema non lo permette”.

Visto che, una settimana dopo, il loro sistema di accounting online riportava ancora la vecchia fattura, ovviamente ho mandato una raccomandata scritta per contestarla formalmente, entro i quindici giorni dalla scadenza come previsto dal contratto (chicca: la scadenza riportata sul sito è sbagliata ed è più avanti rispetto a quella scritta sulla fattura, basandosi su quella si arriverebbe ad inviare la raccomandata fuori tempo massimo…). Vediamo che fanno: se non adempiono, il prossimo passo è il Corecom.

Certo però che vivere in Italia, per queste cose, è davvero deprimente.

[tags]sky, skylife, servizio clienti, fatture, economia[/tags]

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lunedì 3 Marzo 2008, 14:23

Tassazzolandia

Spinto dalle osservazioni di .mau. sull’aumento della pressione fiscale, ho deciso di riprendere gli argomenti economici; stavolta, invece che di produttività, parliamo proprio di tassazione per le aziende.

Già, perché l’osservazione che fanno in molti, tipicamente fedeli del centrosinistra, è la seguente: stante che la pressione fiscale con Prodi è innegabilmente aumentata, fino a raggiungere il record nella storia della Repubblica, non sarà che essa sia salita non perché ciascuno paghi di più, ma perché con le buone o con le cattive sono diminuiti gli evasori?

E la risposta che danno in molti, tipicamente fedeli del centrodestra, è che in realtà quelli che il fisco italiano considera “evasori” sono spesso persone che sarebbero in regola, ma che di fronte alle pretese del fisco pagano per evitare guai e scocciature, visto che, al solito, le norme italiane sono sufficientemente confuse e barocche da rendere quasi impossibile, anche rivolgendosi a un buon commercialista, sapere come fare per essere al riparo da multe; quindi Prodi non avrebbe solo combattuto gli evasori, ma anche angariato molti onesti.

A me interessano di più i fatti, e così sono andato a cercarmi i dati, in particolare per quel che riguarda le aziende, visto che nella vulgata popolare chiunque non sia un lavoratore dipendente tende ad essere considerato un presunto, anzi quasi certo, evasore. E quindi, queste sono le aliquote di punta per la tassazione degli utili aziendali in Europa nel 2006:

Irlanda 12,5
Ungheria 17,5
Polonia 19
Slovacchia 19
Rep. Ceca 24
Austria 25
Finlandia 26
Portogallo 27,5
Danimarca 28
Svezia 28
Grecia 29
Olanda 29
Lussemburgo 29,6
Inghilterra 30
Francia 33,3
Belgio 34
Spagna 35
Italia 37,3
Germania 38,6

C’è bisogno di commenti? Beh, sì: perché se le persone sono comunque cittadini di un certo Paese, le aziende possono spostare la propria sede legale, e ormai – nell’economia dei servizi – anche quella operativa, con estrema facilità. E’ insomma un settore altamente competitivo, dove tutte le nazioni fanno a gara per attrarre le aziende; e in questo il livello di tassazione è ovviamente un fattore molto importante.

Dunque il fatto che soltanto la Germania – che però ha non solo una economia molto più forte di noi, ma anche un livello di efficienza dei servizi pubblici che noi ci sogniamo, e che può rendere comunque conveniente il pagare tasse più alte – abbia una aliquota superiore alla nostra dovrebbe farci riflettere a lungo su quanto sia folle la politica della pressione fiscale in crescita; e non solo perché una elevata tassazione degli utili aziendali incentiva l’imprenditore a darsi un bel bonus o a comprarsi il terzo SUV aziendale il 30 dicembre, invece che a reinvestire gli utili in nuove iniziative e nuovi posti di lavoro l’anno successivo.

Riconsideriamo insomma alla luce di questi numeri la persistente campagna di criminalizzazione di qualsiasi persona fisica o giuridica italiana che abbia redditi all’estero, che sta venendo condotta dall’attuale governo e dai media di centrosinistra ormai da parecchi mesi. Per carità, se sono evasori è giusto che paghino, ma il grosso dei redditi italiani all’estero non è dato tanto da evasione, quanto da una scelta delle strutture giuridiche e dei luoghi di residenza fatta per pagare meno tasse.

Questa è evasione? Per il fisco italiano decisamente sì, mentre i singoli contribuenti rivendicano il loro diritto di prendere residenza dove le condizioni sono migliori; e qui si scontrano filosofie socioeconomiche piuttosto differenti.

Eppure, mettetevi nei panni di una azienda o di un imprenditore globale che lavora su cinque o dieci paesi, di cui uno – oltre ad avere un sacco di altri problemi – non solo ha le tasse più alte degli altri e le aumenta continuamente, ma rompe continuamente le scatole con accertamenti e pretese fiscali, dandoti dell’evasore per principio; secondo voi, potenzierete la sede italiana, o cercherete di chiuderla il prima possibile?

Nella competizione globale per assicurarsi le sedi delle aziende, l’Italia è come un supermercato che ha i prezzi più alti degli altri, e in più va dai clienti e li aggredisce dicendogli che devono spendere per forza di più, e che non pagano abbastanza. Magari sul momento il cliente si fa intimidire e paga, ma appena riesce a uscire dal negozio, non lo rivedi più…

[tags]italia, economia, tasse, fisco, aziende[/tags]

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giovedì 28 Febbraio 2008, 14:23

Il partito dei blogger

Speravo di non dover affrontare questo argomento, perché è sempre un buon modo per farsi dei nemici; ma il sottotitolo di questo blog non è stato certo scelto a caso.

Mi ero un po’ insospettito sabato al Barcamp, quando avevo visto tal Marco Camisani Calzolari, marchettaro milanese, fare un intervento che pareva un comizio, dicendo un sacco di cose tanto giuste quanto ovvie a chiunque in sala; a partire dalla proiezione dei famosi tre minuti di Vespa, quelli in cui, la settimana scorsa, è stata diffamata Internet a Porta a Porta. Mi ero ancora più insospettito quando ero andato su Blogbabel a cercare post sul Barcamp, e in prima posizione nella home page ci avevo trovato il post del suddetto: non so come vengano selezionati i post evidenziati da Blogbabel, ma praticamente sempre si tratta di articoli di giornale o di fonti straniere; molto raramente viene presentato il post di un blog italiano nemmeno particolarmente conosciuto.

Il comizio di Camisani Calzolari si concludeva con il richiamo all’idea del “partito di Internet”, e ciò, in tempi di elezioni, mi ha fatto sospettare ancor di più. Dopodiché, però, ho pensato di essere io paranoico e diffidente, pensando subito male di tutti. E così ho lasciato perdere la faccenda.

Oggi ricapito su Blogbabel, e che ci vedo? Lì, in bella evidenza, un altro post con un bel tono da comizio, intitolato Porta a Porta, una sola parola: VERGOGNA, proprio così, con VERGOGNA tutto maiuscolo, proprio come i manifesti dei partiti, quelli che pensano che i cittadini siano talmente tonti che il modo migliore per convincerli sia urlargli in faccia. Clicco, e trovo un post che dalla prima parola si apre con link e complimenti al suddetto Camisani Calzolari. Nei commenti, ovviamente un sacco di applausi, e tanto di invito a firmare una lettera a Vespa che si conclude così:

Le chiediamo di invitare Marco Camisani Calzolari http://blog.camisani.com/biografia-2 a una sua trasmissione come rappresentante della Rete, dei blogger e del mondo digitale.

Non pago, scopro che anche il Quintarelli – amico e persona sicuramente disinteressata – ha lanciato una lettera aperta; nei commenti però lo accusano prontamente di aver voluto prevaricare Camisani Calzolari, tanto che viene prontamente pubblicato un secondo post di scuse, includendo poi il suddetto come primo firmatario.

Allora, è vero che le dichiarazioni fatte da Vespa su Internet non stanno né in cielo né in terra, ma cosa c’è di nuovo? Le hanno già fatte un milione di volte, senza nessuno sfoggio di lettere aperte e di blog che gli gridassero vergogna.

Io sono andato a collegare i puntini, ho cercato un po’, e ho trovato questa: una petizione creata il 7 febbraio da Marco Camisani Calzolari che chiede al “presidente Silvio Berlusconi” di candidare in Forza Italia “un Blogger che sappia ascoltare le voci che si esprimono in rete”. Questo Blogger con la B maiuscola è ovviamente già stato individuato: è “Edoardo Colombo, 42 anni, blogger fondatore de il Giulivo, un Blog di partecipazione politica nato il 12 aprile 2004 che ha migliaia di iscritti che ogni giorno dibattono.”

Allora, penso male se credo che parecchie persone stiano soffiando sul fuoco di questa uscita di Vespa soltanto per obiettivi di carriera politica personale?

Il problema però è più vasto, ed è legato a questa idea persistente del “partito dei blogger” (anni fa era il “partito di Internet”), che ogni tanto qualcuno ritira fuori. Bene ha fatto Mantellini a sbertucciarla qualche giorno fa: perché anche quando questa idea viene fuori con sincerità, dimostra di non capire la rete, o meglio quella parte più moderna della rete che si attiva, blogga e discute. In rete siamo tutti individui, e non siamo disposti a delegare nulla a nessuno. Difficilmente ci uniremo a una claque che applaude e grida per ottenere che il leader del momento sia invitato da Vespa… come poi se andare da Vespa servisse a qualcosa oltre che alla visibilità personale del prescelto.

Se vogliamo cambiare qualcosa, dobbiamo aggregarci attorno alle proposte e non dietro alle persone, che è poi proprio l’idea che è emersa al Barcamp, nella discussione (non comizio) successiva. Io sono assolutamente sicuro che Camisani Calzolari e amici siano sinceramente indignati per quello che ha detto Vespa: del resto lo sono anch’io, lo siamo tutti, siamo tutti d’accordo. Ma è proprio per questo che mescolare l’indignazione collettiva della rete con la ricerca di visibilità personale, per quanto umano, è sbagliatissimo.

[tags]blog, blogger, blogbabel, vespa, rai, media, internet, politica, elezioni, partiti[/tags]

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mercoledì 27 Febbraio 2008, 12:59

Evasori fiscali

Adesso che vivo da solo, da bravo cittadino, sto facendo le pratiche per aprire l’abbonamento alla Rai: è la tassa più odiata dagli italiani, nonché pagata quasi solo da Roma in su, ma alla fine s’ha da pagare (chiunque ne prometta l’abolizione avrà il mio voto, e comunque questo da solo è un buon motivo per andare al V2-day di Grillo).

In questo processo, dato che per la Rai anche i PC sono televisori in quanto possono visualizzare i programmi Rai dal sito (e a questo punto attendo che chiedano il canone anche agli utenti Internet non italiani), ho scoperto una cosa inquietante, per quanto ovvia: che il canone è previsto non solo per i televisori ad uso privato, ma anche per i televisori utilizzati in ambienti non privati. Unite la legge e l’interpretazione che ne dà la Rai e scoprirete – come peraltro è ben chiaro da questa pagina – che tutte le aziende italiane che abbiano un ufficio contenente almeno un PC connesso a Internet sono tenute a pagare il canone di abbonamento speciale, categoria D, pari a 379,40 euro annui (du’ lirette…).

Naturalmente non conosco alcuna azienda che lo faccia: evasori! Però sarebbe interessante scoprire se la Rai abbia pagato il canone per i PC che certamente ha nei propri uffici…

[tags]rai, canone, beppe grillo, leggi del cazzo[/tags]

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martedì 19 Febbraio 2008, 15:23

I giovani lavoratori della conoscenza

Visto l’interesse, come anteprima dell’intervento che penso di fare al Barcamp ho pensato di pubblicare questa disamina dei problemi che hanno i lavoratori della conoscenza, categoria trasversale e difficile da definire, che racchiude una quota di lavoro dipendente, parecchio lavoro fintamente subordinato – cioè persone che di fatto fanno il dipendente, lavorando principalmente per un singolo committente e con orari e compiti rigidi, ma sono inquadrate in modo precario per risparmiare sul costo del lavoro – e tutta la galassia degli autonomi e delle partite IVA che svolgono lavori cosiddetti “atipici”, dal consulente al giovane imprenditore passando per i lavori artistici e gli sviluppatori a gettone.

Si tratta di un insieme di persone che nella mappa politico-economica dell’Italia non esistono, sia perché prevalentemente giovani, sia perché rientrano difficilmente nello schema tradizionale padrone – professionista – impiegato – operaio attorno a cui sono organizzate le relazioni sociali e le forme di assistenza collettiva. Per questo motivo queste persone sono tra quelle che subiscono più di tutte i danni della precarietà, ma anche quelli di un sistema bloccato e privo di meritocrazia. Eppure questo è anche l’unico settore con speranze di far nuovamente crescere l’economia italiana.

La rete è per tutti noi che facciamo parte di questo gruppo uno strumento fondamentale; sarebbe il caso di provare ad usarla per uscire dall’invisibilità e sollevare all’attenzione del mondo politico (di qualsiasi schieramento) i problemi che viviamo quotidianamente. Sul come… se ne discuterà al Barcamp e nella blogosfera!

P.S. per .mau.: no, non sto fondando un partito.

[tags]lavoratori, conoscenza, torinobarcamp2008, cortiana[/tags]

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domenica 17 Febbraio 2008, 18:22

Nomi nuovi

Il mio entusiasmo per il Partito Democratico si è molto raffreddato in questi ultimi due giorni, dopo che Veltroni ha cominciato a presentare i nomi dei capilista, i candidati simbolo. E’ positivo che non si mettano in cima alle liste i soliti vecchioni, ma chi viene proposto in vece loro?

Il primo, quello che dovrei votare io in Piemonte, è Antonio Boccuzzo, operaio sopravvissuto all’incidente della Thyssen-Krupp. E io resto molto perplesso: quali sono le qualifiche e le competenze di questa persona, a parte l’essere diventato famoso per essere scampato a una tragedia? Dal poco che si sa, è un sindacalista ed è vicino ai DS; e tradizionalmente i DS candidano in Piemonte un sindacalista-operaio, come in passato, per esempio, Salvatore Buglio. Questi candidati vengono usati per ramazzare il voto operaio in concorrenza con la sinistra radicale, e poi vengono bellamente scaricati quando al partito non servono più.

Non conosco Boccuzzi, ma in assenza di qualsiasi indicazione sul suo pensiero o sul suo curriculum vitae, questo pare un caso di bieco sciacallaggio su una tragedia tremenda; sia da parte del partito, che punta a conquistare la simpatia degli operai, che da parte della persona stessa, che punta a fare carriera politica grazie alla morte dei suoi colleghi. E’ una candidatura che mi ricorda da vicino quelle dei calciatori alla Massimo Mauro o delle soubrette alla Gabriella Carlucci. Sarò curioso di andare a vedere, a fine legislatura, questa persona quante proposte credibili avrà fatto, e quanto avrà capito di ciò che le ordineranno di volta in volta di fare.

La seconda candidatura è quella in Lombardia: e qui, dichiara Veltroni, metteremo capolista un giovane, come segno di innovazione. E chi è il giovane? Tal Matteo Colaninno, figlio di Roberto Colaninno, finanziere padrone della Piaggio ed ex padrone di Telecom Italia, che poté conquistare a fine anni ’90 con il solito metodo dei debiti accollati all’azienda comprata – quindi iniziando ad affossare la Telecom stessa – e solo grazie al pesante appoggio politico e finanziario di Massimo D’Alema.

Anche qui, non conosco la persona, e magari è capacissima; il fatto che sia un manager potrebbe anche far pensare che abbia qualche idea in più su come si gestisce un Paese. Tuttavia, presentare come il simbolo massimo del rinnovamento proposto la candidatura di un “figlio di” mi pare obbrobrioso: onestamente, mi sento preso per il culo. Se poi veramente, come suggerisce il Corriere, i prossimi saranno Rossella Sensi e Alessandro Benetton, finirò anch’io per annullare la scheda con rabbia.

[tags]partito democratico, veltroni, elezioni, candidature, boccuzzo, colaninno[/tags]

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venerdì 15 Febbraio 2008, 14:27

Suv via

Il gioco di parole non l’ho fatto io, l’ha fatto Capitan Freedom a Stefano Bartezzaghi in diretta su Radio Flash. Bartezzaghi l’ha richiamato all’ordine, dicendo che se enigmisticamente ci può stare, non gli sembrava umanamente il caso.

Certo è che l’incidente di ieri a Milano, un morto e 26 feriti per un SUV che invade la corsia preferenziale e taglia la strada ad un bus spedendolo contro un tram, non avrebbe potuto essere più simbolico nemmeno se fosse stato costruito apposta.

Dalla parte delle vittime abbiamo due mezzi pubblici, i loro autisti, decine e decine di studenti e lavoratori disciplinatamente collocati a bordo di un veicolo per il trasporto collettivo sociale.

Dalla parte del carnefice abbiamo Marco Trabucchi, 38 anni, agente di commercio sempre di fretta, italiano ma con residenza a Lugano e immaginate voi perché, alla guida di un SUV, anzi, di un Porsche Cayenne. Costosissimo, inquinantissimo, ingombrantissimo, un mostro di devastazione ambientale e di arrivismo sociale. Che a un certo punto, stufo di perdere tempo in mezzo ai comuni mortali, scarta – lui dice per evitare un pedone – dal bordo della carreggiata verso la corsia preferenziale (che lì sta a centro strada) senza accorgersi del bus in arrivo, che per evitarlo deve invadere il lato opposto della strada, compiendo un terribile frontale contro il tram che giungeva nell’altra direzione.

Sarebbe facile concludere che dovrebbero… magari non impiccarlo, come gridava la folla, ma metterlo in galera e buttar via la chiave. In effetti sì, spero che lo mettano in galera e buttino via la chiave. Allo stesso tempo, è troppo facile liquidare questi casi come un problema legato soltanto all’irresponsabilità personale; sono comunque anche un effetto dell’anarchia che regna sulle nostre strade cittadine, di cui sono responsabili non solo gli indisciplinati, ma anche le istituzioni che dovrebbero regolare il traffico.

Da una parte, non si capisce cosa si aspetti ad espellere i fuoristrada e i veicoli ingombranti dalle città, con qualche esenzione ben delimitata per il trasporto merci. Non è solo questione di inquinamento o di spazio occupato, visto che un SUV o un camper nel parcheggio a pettine ci entra pure, un millimetro a destra e uno a sinistra, però poi a fianco non ci sta più nessuno. E’ proprio questione di sicurezza: il guidatore di un mezzo normale, dietro a questo genere di veicolo, non vede assolutamente nulla. Anche senza voler considerare l’eventuale correlazione tra possesso di un SUV e maggior indisciplina (che pure sarebbe interessante misurare), ce n’è a sufficienza per vietarne la circolazione nelle zone urbanizzate delle città: diamogli due anni di tempo per comprare un’altra macchina (tanto chi può permettersi quel genere di mezzo non ha certo problemi di soldi) o per ricoverarla a bordo città pronta per le gite domenicali, e poi via.

Allo stesso tempo, bisogna comunque porsi il problema di come garantire lo scorrimento del traffico privato nelle grandi città. Non so se tra i lettori ci sia qualcuno che si sposta in auto per lavoro; diventa sempre più difficile farlo, tra limiti, dossi e semafori perennemente rossi. E’ probabile che abbassando la velocità media si abbassi la gravità degli incidenti, ma si alzano sia l’inquinamento che il nervosismo e la frustrazione del guidatore medio; stessa cosa per le zone dove non si trova parcheggio. E un guidatore nervoso è un guidatore che più facilmente tenterà una manovra azzardata.

A queste esigenze bisogna porre attenzione in uno dei due modi: se in un luogo non è possibile garantire un livello decente di parcheggiabilità e di scorrimento in sicurezza, le macchine non devono proprio poterci arrivare, o devono essere ridotte nel numero tramite costi per l’accesso e la sosta. Dove invece è possibile, lo scorrimento del traffico deve essere incentivato, non rallentato.

Io credo che il tizio di ieri non fosse, in sé, un cinico e calcolatore assassino di passeggeri del trasporto pubblico; se mai, più semplicemente, fosse un bauscia cretino e irresponsabile che si era rotto le scatole di stare in mezzo al traffico (con in più la possibilità che la storia del pedone sia vera, perché di pedoni altrettanto indisciplinati degli automobilisti ce n’è a tonnellate).

Se ciò ovviamente non lo giustifica, il fatto di avergli permesso di arrivare con quell’auto in quel punto, dove veicoli, mezzi pubblici, parcheggio selvaggio e pedoni sbadati si mescolano anarchicamente nell’indifferenza generale, è responsabilità delle istituzioni. Che invece di pensare alle elezioni e ai giochi di potere, potrebbero davvero andare ad occuparsi del traffico.

[tags]suv, traffico, milano, incidente[/tags]

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martedì 12 Febbraio 2008, 17:24

Fancazzolandia

Qui sotto trovate il grafico dell’andamento della produttività per ora lavorata dal 1996 al 2006, espressa in termini reali rispetto alla media europea, per una ventina di paesi (dati Eurostat). Le nazioni si possono raggruppare in due grandi gruppi, quelle in cui la produttività è in netta crescita e quelle in cui è più o meno costante; indovinate qual è l’unica – evidenziata con la linea blu spessa – che non fa parte di nessuno dei due gruppi, visto che in essa la produttività è calata in dieci anni, rispetto alla media mobile europea, di quasi il 15%…

Eurostat_produttivita.png

P.S. “Fancazzolandia” è chiaramente una esagerazione, i numeri vanno interpretati, la produttività è un parametro complesso e dipendente da molti fattori ecc. ecc…. però ho trovato lo stesso questo grafico molto significativo.

[tags]economia, produttività, italia, lavoro[/tags]

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