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Archivio per il mese di Maggio 2006


giovedì 18 Maggio 2006, 11:55

Basta chiedere

MINISTERO FUNZIONE PUBBLICA E INNOVAZIONE

Ministro: Luigi Nicolais (Ds)

Sottosegretari:
Beatrice Magnolfi
Giampiero Scanu

Già mandata la mail di congratulazioni (sincere).

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mercoledì 17 Maggio 2006, 20:18

Minimo rispetto, Massimo dispetto

Roma, Quirinale, oggi pomeriggio. I ministri del nuovo governo sfilano, emozionati, davanti al tavolino dove li attendono il capo dello Stato, Napolitano, e il nuovo premier, Prodi. Lì giunti, sorridono, firmano il decreto di nomina, stringono la mano a Napolitano e Prodi, posano per una veloce fotografia, e vanno via.

Tutti, tranne uno.

Massimo D’Alema, nuovo vicepremier e Ministro degli Esteri, si avvicina al tavolino con passo sicuro. Guarda Napolitano, e gli fa la battuta: fa finta di firmare nello spazio destinato al Presidente della Repubblica, anzichè in quello destinato al ministro. Poi alza lo sguardo, sorride, stringe la mano a Napolitano.

E se ne va.

Come se Prodi non esistesse.

Ed ecco, in questo gesto umanissimo, che sarà certamente amplificato dai giornali, dalle tivù, persino dai blog come questo, io mi ci ritrovo. Perchè D’Alema è l’unico politico di statura reale in un centrosinistra frequentato da molti arruffoni, improvvisatori, maneggioni e comparse. Una persona che potrà non piacere, ma le cui capacità sono indiscutibili.

Eppure, forse proprio per le sue capacità, gli arruffoni e i maneggioni suoi compari non gliene hanno fatta passare una. L’hanno regolarmente segato per tutte queste settimane, con cattiveria e insistenza, prima per la presidenza della Camera, poi per la presidenza della Repubblica, poi per il ruolo di vicepremier unico.

Certo, dove può lui non lascia gli episodi impuniti, come testimonia il fatto che Fassino, come peraltro da facile previsione, sia tuttora in castigo dietro la lavagna, altro che ministro di peso. Ma, per la maggior parte, Massimo ha dovuto ingoiare una umiliazione dopo l’altra.

E allora, quando D’Alema tra qualche tempo piazzerà ancora una volta il suo coltello tra le scapole di Romano Prodi, dirò che ci può stare: perchè mai come stavolta sarebbe una rivincita meritata.

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mercoledì 17 Maggio 2006, 14:41

Via Stanca, chi arriva?

Ok, è uscita la lista dei ministri.

E noi (intendendo gli aficionados di Internet e delle tecnologie) ci siamo scampati Linda Lanzillotta, già candidatissima alla poltrona di Ministro per l’Innovazione, che aveva esordito con alcune dichiarazioni un po’ sconcertanti a proposito di colazioni con Bill Gates, “la persona che ha inventato l’informatica”, e con un successivo flammone epico sul suo blog.

In compenso, pare che l’Innovazione e Tecnologie sia finita in un “ministero misc”, senza portafoglio ovviamente, assegnato a tal Luigi Niccolais o Nicolais dei DS (“tal” perchè certamente è degnissima persona, ma nessuno l’aveva mai sentito nominare, tanto è vero che i giornali discordano sul suo stesso cognome); e accorpata insieme alla Funzione Pubblica.

E già questo è un po’ preoccupante: come se “innovazione e tecnologie” volesse dire essenzialmente cambiare i PC negli uffici pubblici, e nulla di più.

Comunque, penso che molto dipenderà dalla scelta del sottosegretario per le tecnologie e Internet, ammesso che ne facciano uno; sapendo che per la persona ideale, Fiorello Cortiana, le speranze sono circa nulle, così come per il sempre sveglio Marco Cappato, sarei contento di Beatrice Magnolfi dei DS. Ma poi, chiunque sia, l’importante è che ascolti bene e con le orecchie aperte, e non si limiti a leggere i comunicati stampa delle grandi multinazionali dell’informatica (con tutto il rispetto ad esse dovuto).

P.S. Detto che non si capisce la differenza o la divisione di ruoli tra il ministero del Lavoro e quello del Welfare, trovo una novità molto molto interessante l’affido di quest’ultimo ad un “giovane” quarantacinquenne, perdipiù di Pomaretto in val Germanasca. Anche se, venendo da Rifondazione e dai sindacati in Fiat, ho sempre il dubbio che sui temi dell’organizzazione e della valorizzazione del lavoro sia settantenne dentro.

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mercoledì 17 Maggio 2006, 11:56

Ubuntu, gnome-panel, crash

Stamattina ero lì bello bello che lavoravo sul mio PC d’ufficio – su cui da un paio d’annetti gira tranquillamente un ottimo Ubuntu Linux, che finora mi ha sempre dato grandi soddisfazioni – e improvvisamente lo gnome-panel (ossia l’applicazione che gestisce il pannello e i menu, quello che in Windows sarebbero la barra in basso e il menu Avvio) è andato in crash.

Ma non soltanto in crash, in un crash orribile: quando compariva la finestrella che avvisava del crash, sia che scegliessi “Chiudi”, sia che scegliessi “Riavvia l’applicazione”, il risultato era un nuovo crash; l’unica differenza era che nel secondo caso mi compariva anche una ulteriore finestrella che mi avvisava dell’impossibilità di lanciare un secondo panel (evidentemente c’è qualcosa che prova a rilanciare il panel a getto continuo).

Il problema è che non se ne veniva fuori: persino riavviando il computer, appena partiva il sistema operativo grafico veniva lanciato il pannello che cominciava ad andare in crash all’infinito.

Cercando un po’ con un terminale d’emergenza, ho scoperto il seguente errore nel file di log .xsession-errors nella mia home:

** (gnome-panel:7350): WARNING **: Error in parse: Errore alla riga 4: Il carattere '%' non è
valido all'inizio di un nome di entità: il carattere '&' dà inizio ad un'entità; se questo simbolo
"e commerciale" non vuole essere l'inizio di una entità, ricorrere a &

** (gnome-panel:7350): WARNING **: Errore alla riga 4: Il carattere 'on è valido all'inizio
di un nome di entità: il carattere '&' dà inizio ad un'entità; se questo simbolo  "e commerciale"
non vuole essere l'inizio di una entità, ricorrere a &

E qui, altre bestemmie contro gli sviluppatori di Gnome: scrivere qual è il file alla cui riga 4 si genera l’errore pareva brutto??

Dopo un quarto d’ora, ho pensato di chiedere aiuto alla rete: sono riuscito con il pulsante destro a creare al volo sul desktop – mentre il pannello continuava a crashare e tentare di riaprirsi e crashare di nuovo – un’icona associata a Firefox, che poi ho lanciato; di lì, ho messo su Google “gnome-panel crash ubuntu” e ho cercato.

Nella prima pagina, ho trovato questo post di un’altra persona che ha avuto il mio stesso problema, che mi ha salvato ore e ore di ricerca, e una probabile reinstallazione. In pratica, qualche documento che ho aperto ha scritto dei caratteri inconsulti dentro il file XML .recently-used, sempre nella mia home, che contiene i “dati recenti”; al momento di creare il relativo menu, questi caratteri non riuscivano ad essere trattati correttamente dal pannello, che andava in crash.

Ora, come è possibile che una persona che sviluppa il pannello di Gnome possa non essersi posta il problema di come evitare che un semplice carattere strano possa rendere completamente inutilizzabile il PC, sfugge alla mia comprensione: un’altra di quelle ingenuità che ogni tanto (ma solo ogni tanto, eh) ti fanno rimpiangere Windows.

E ora, vado a incazzarmi sui sistemi di bug tracking di Ubuntu e di Gnome.

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martedì 16 Maggio 2006, 20:59

Ti amo campionato

Per chi dice che è tutta colpa di Moggi e che la Juve ha cominciato a rubare solo dopo che è morto l’Avvocato, può essere istruttivo rivedere queste immagini di otto anni fa.

Certo, nel 1998 queste cose, come sempre nei regimi, si potevano dire soltanto tramite le buffonate. Ma se togliete le immagini e ci mettete sopra la voce di Mentana, vi sembrerà di vedere la puntata di Matrix di ieri sera, a dimostrazione che, presso una certa squadra bianconera non a caso adorata da moltissimi italiani, l’onestà è diventata un optional da molto molto tempo.

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martedì 16 Maggio 2006, 20:57

[[Molotov – Gimme tha power]]

Per una settimana, permettetemi, un po’ di musica militante. Questa arriva direttamente dal Messico, un posto che non è più America Latina e non è ancora Stati Uniti, dove lo spanglese è la lingua ufficiale di molti emigranti, demigrati ed emigrandi, e anche di questa canzone dei Molotov, che in Messico fu censurata parecchio, negli ultimi anni del Partito Rivoluzionario Istituzionale (scusate, ho sempre adorato l’idiozia intrinseca in questo nome).

Una lacrimuccia per la citazione finale di El pueblo unido (ah, i tempi in cui si poteva ancora credere alla Rivoluzione), che mi permette anche di segnalare che ho scoperto da pochissimo la versione di tale canzone fatta anni fa dai 99 Posse, gruppo che mi sta da sempre orrendamente sulle scatole, ma che ne ha fatto una cover “postmoderna” assolutamente eccezionale.

La policia te esta extorsionando (dinero!)
pero ellos viven de lo que tu estas pagando
y si te tratan como a un delincuente (ladron!)
no es tu culpa, dale gracias al regente.
Hay que arrancar el problema de raiz,
y cambiar al gobierno de nuestro pais,
a la gente que esta en la burocracia,
a esta gente que le gustan las migajas.
Yo por eso me quejo y me quejo,
porque aqui es donde vivo y yo ya no soy un pendejo
el que no wachas, los puestos del gobierno,
hay personas que se estan enriqueciendo.

Gente que vive en la pobreza,
nadie hace nada porque a nadie le interesa
Es la gente de arriba te detesta
hay mas gente que quiere que caigan sus cabezas.
Si le das mas poder al poder,
mas duro te van a venir a coger
porque fuimos potencia mundial
somos pobres, nos manejan mal

Dame dame dame dame todo el power
para que te demos en la madre
Gimme gimme gimme gimme todo el poder
so I can come around to joder

Dámele, dámele, dámele, dámele todo el poder
Dámele, dámele, dámele, dámele todo el power
Dámele, dámele, dámele, dámele todo el poder
Dámele, dámele, dámele, dámele todo el power
Así es, ¡puto! – ¡Fuck you puto baboso!

Porque no nacimos donde no hay qué comer
No hay por qué preguntarnos cómo le vamos a hacer
Si nos pintan como a unos huevones
No lo somos, ¡viva México, cabrones!

¡Que se sienta el power mexicano!
¡Que se sienta!, todos juntos como hermanos
Porque somos más, jalamos más parejo
Porque está siguiendo a una bola de pendejos
Que nos llevan por donde les conviene
Y es nuestro sudor lo que los mantiene
Los mantiene comiendo pan caliente
Ese pan es el pan de nuestra gente

Dame dame dame dame todo el power
para que te demos en la madre
Gimme gimme gimme gimme todo el poder
so I can come around to joder

Dame dame dame dame el poder
Dame dame dame dame todo el power
El pueblo unido, jamas será vencido
El Tito y el Huidos, jamas serán vencidos
Dame dame dame dame el poder
Dame dame dame dame todo el power

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lunedì 15 Maggio 2006, 20:55

Gioverà all’economia

Stasera, mentre come al solito tornavo a casa ascoltando Radio Flash, il notiziario di Popolare Network ha annunciato la riapertura delle relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e la Libia, indicando che tale decisione è sì dovuta a motivi ideali e al desiderio di pace, ma anche, sotto sotto e detto con disprezzo, “per motivi economici”.

E io mi chiedevo perchè, per radio e giornali di sinistra, fare qualcosa per motivi economici debba sempre essere intrinsecamente un male.

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lunedì 15 Maggio 2006, 20:37

Viva Lidl

Venerdì sera dovevo fare un po’ di spesa; avendo da comprare varia roba fresca e alcune cose particolari, anzichè al solito Lidl sono andato all’Ipercoop di via Livorno. Certo, ho comprato un sacco di birra (pianifico invasioni di amici davanti al maxischermo per i playoff di B e i successivi mondiali; gli interessati si facciano sentire), alcune cose meno comuni come le tortillas, e mezzo chilo abbondante di spezzatino; ma ho speso oltre 40 euro, il doppio della mia spesa normale.

Stasera, dovendo ancora comprare alcune cose, sono andato al Lidl; con 13 euro ho riempito due sacchetti di roba.

E allora, viva i tedeschi, che a differenza della Coop non sono me, ma almeno mi permettono di avere prodotti altrettanto buoni per metà del prezzo.

Tra l’altro, se non siete pratici, vi consiglio l’eccezionale cioccolato nero 74% (sei euro al chilo), così come quasi tutti i dolci; i frollini al cioccolato; i wurstel viennesi in vaschetta; gli sgombri sott’olio; la pasta fresca; i detersivi; e persino la Freeway Cola Light, 39 centesimi contro un euro e rotti di quella originale, e altrettanto buona.

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domenica 14 Maggio 2006, 21:52

Il calcio davvero

Qualche giorno fa, scambiando mail con .mau., cercavo di spiegargli cosa possa spingere degli appassionati di calcio non solo a dedicare il proprio tempo in settimana per organizzare le coreografie ed altre attività collaterali, ma persino a passare la partita a dirigere il tifo, anzichè a guardare la partita stessa.

Credo che la spiegazione migliore sarebbe stata esserci ieri, in curva Primavera, quando ho fatto il mio debutto definitivo e ufficiale nell’organizzazione delle coreografie, proprio in contemporanea con il debutto ufficiale del gruppo, personalmente battezzato “Geneticamente Granata” addirittura da Margaro, la leggenda vivente del tifo granata; anche se, nonostante queste nobili ascendenze, si tratta di un pretesto per divertirsi conoscendo nuovi amici e facendo un po’ di colore per sostenere il Toro, e non certo di un gruppo ultras.

La cosa era iniziata in settimana, in un sotterraneo in un punto imprecisato della città, ritrovandosi dopo cena per preparare la coreografia; dopo una rapida riunione, si era optato per riciclare il retro di vecchi striscioni, tagliandoli e creando una cinquantina di “ALE'”, due metri per uno, con cui riempire la curva, affiancati a un classico striscione centrale di incoraggiamento (“FORZA RAGAZZI CREDIAMOCI”). E così, dotati di rulli e di vernice granata, la serata era andata via velocemente, tra frizzi e lazzi sul disastroso destino dei gobbi, in modo però molto produttivo. Il mio unico rimpianto resta quello di non aver messo in atto il mio machiavellico stratagemma per uno slogan anti-juve, cioè di scrivere un tranquillissimo “GOBBO MAI”, che la censura ante stadio (tutti gli striscioni vengono visionati in anticipo dalle forze dell’ordine…) avrebbe certamente lasciato passare, e poi, al momento di esporlo, appiccicarci in fondo uno degli “ALE”. Ma sapevamo che già si sarebbe sbizzarrita la Maratona (“LAPO E’ GELOSO PERCHE’ TUTTI VOGLIONO INCULARSI MOGGI” è lo sfottò che ha riscosso più successo).

Ieri, invece, mi sono risparmiato il mattinale, lasciando che fossero altri a recarsi allo stadio a mezzogiorno per poter entrare e portare dentro striscioni e materiale (tamburi, trombe, coriandoli…). Mi sono quindi presentato bello bello meno di un’ora prima dall’inizio della partita, a gruppo già entrato da tempo; per farmi perdonare, ho preso in mano con altri una delle operazioni che si fanno nell’ultima mezz’ora prima della partita, cioè la distribuzione dei coriandoli.

Ho preso il grande sacco nero pieno di striscioline di carta – realizzate tritando risme di avanzi d’ufficio sottratti alle principali aziende torinesi – e ho attaccato il mio settore di curva, quello al centro del lato destro, guardando la curva dal campo; quello dove sono sempre stato seduto fino ad oggi. E ho scoperto così una realtà incredibile, e cioè che lo stadio è estremamente diverso, se visto a rovescio.

Guardando il campo dalla curva, specie in uno stadio enorme come il Delle Alpi, si ha una sensazione di vuoto e di soggezione; sei tu, un numero in mezzo ad altre trentamila persone, marginale rispetto a qualcos’altro. Gli altri spettatori sono lì, ma sono praticamente invisibili, perchè il tuo sguardo è concentrato sul prato verde; persino le persone con cui sei venuto allo stadio spesso spariscono per interi quarti d’ora, mentre ti concentri su ciò che accade in mezzo al campo. Di fatto, sei tu da solo in mezzo a una moltitudine di altre persone in singolo, nodi periferici della situazione.

Quando invece gestisci il tifo, e più ancora quando giri per la curva a distribuire materiale e dare istruzioni, la prospettiva è completamente rovesciata. Il campo è alle spalle, e non esiste nemmeno; tu, invece, guardi verso l’alto e verso l’esterno, e puoi vedere ogni singola persona davanti a te, osservarne il volto, le emozioni, le sensazioni. Dopo qualche minuto, è come se tutte le persone che sono lì ti diventassero familiari, e si crea un senso di appartenenza e di condivisione.

E quindi, passato l’imbarazzo dei primi secondi, ci ho velocemente preso gusto: man mano che scorrevo col mio sacco attraverso la curva, il mio arrivo diventava una festa. Certo, qualche volta dovevo smuovere le persone, fare un bel sorriso e chiedere gentilmente una mano, che prendessero i coriandoli e li lanciassero all’arrivo delle squadre; più spesso, le persone mi vedevano arrivare e mi aiutavano, scambiavamo due parole, ci facevano i complimenti per lo sforzo. Più di un vecchietto si è offerto spontaneamente di lasciare qualche moneta, per contribuire alle spese; molti hanno cominciato a sbracciarsi, per attirare la mia attenzione e reclamare anche loro una quota di striscioline.

L’apoteosi si aveva quando raggiungevo una zona piena di bambini; perchè, se la curva Maratona è quasi completamente popolata di ragazzi e adulti di sesso maschile, la Primavera è molto più variegata, e vede una quota molto maggiore di anziani e di famiglie con bambini, mai numerose come quest’anno. E così, venivo prontamente assaltato da uno stormo di marmocchietti, maschi e femmine dai tre ai dieci anni, che facevano a gara per essere i primi a ricevere il mazzetto di carta, se lo litigavano, o più spesso si mettevano ordinatamente in fila, mentre li rassicuravo che ce n’era per tutti. Oppure, in qualche caso, individuavo con lo sguardo il classico bambinetto timidissimo, che si mangiava con gli occhi tutti i mucchietti che partivano dal sacco e si sparpagliavano tra torme di mani, ma non aveva il coraggio di chiederne uno; e così dovevo farmi avanti io, allungandomi fino ad arrivargli proprio davanti e a fargli capire che sì, quel groviglio arruffato di striscioline era proprio per lui.

E poi, proprio mentre ritornavo al centro passando dalla prima fila, sono stato individuato da una tifosa, perdipiù molto carina, che non solo mi ha riconosciuto dalla fotografia che appare regolarmente sul forum di Toronews, ma mi ha pure fatto i complimenti per come scrivo, compreso il blog. Naturalmente, leggendo il blog, forse sapeva che il risultato sarebbe stato quello di farmi arrossire, anche se ho fatto in tempo (spero) a ringraziare per bene… (A proposito, guardate che io do sempre per scontato che questo blog sia letto solo da poche persone che conosco personalmente; adesso mi viene il dubbio che l’assenza di commenti sia dovuta invece al fatto di non saperli provocare :-) )

Insomma, è stato un bel pomeriggio, e sì, non ho nemmeno visto il gol di Rosina, perchè in quel momento ero impegnato a sostenere il nostro lanciacori, che cercava di smuovere le persone e spingerle a battere le mani. Ma ho capito ancora meglio perchè così tante persone si appassionano al tifo del calcio. Si sente sempre dire che i tifosi, tanto più quelli più accaniti, sono dei teppisti violenti, asociali e disadattati, che vanno allo stadio in branco perchè non riescono a socializzare in altro modo. In realtà, almeno per me, è risultato molto più sociale ed appagante intensificare la mia partecipazione al tifo del Toro, che dedicarmi ad attività ludiche considerate “normali” o “per bene”, come ad esempio la discoteca di ieri sera.

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domenica 14 Maggio 2006, 02:12

Discovery Channel

Avvertenza: il mio avvocato mi ha pregato di specificare che questo post contiene alcuni riferimenti, circoscritti ma decisamente espliciti, ad atti sessuali di vario genere, tra uomini e tra animali, etero e omo. Se la cosa vi può turbare, non leggetelo.

Era iniziato come un sabato sera normale, con una festa per un amico che si sposa, e nemmeno con le canoniche spogliarelliste. Mi avevano portato in un locale alla moda della Torino post-industriale, a cena, per festeggiare. La cena è falsa e pretenziosa, e il locale è troppo trendy per i miei gusti, con camerieri snob che si credono déi, tutti griffati e pieni di sè; ma il locale è atto allo scopo, visto che al nostro tavolo di soli uomini si contrappongono almeno due tavoli di sole donne.

Il mio collega, esperto del settore, organizza varie occasioni di contatto intertabulare; e con una bottiglia di Moet-Chandon conquistiamo l’attenzione. Peccato che, a disagio e drogato di Nebbiolo, io sia già steso con la faccia sul tavolo, accarezzandomi da solo i capelli per poter credere che qualcuno mi ami; le signorine dalle vesti succinte accerchiano il nostro tavolo per un istante, ma non è qui che posso mostrare le mie apparenze migliori.

D’un tratto, dopo l’ennesimo maltrattamento da parte dei camerieri snob, il locale cambia; i tavoli spariscono, si spengono le luci, e parte la musica. Alta, ostinata, martellante, cerca di uccidere ogni pensiero. La stanza si popola di donne seminude, alcune con vestiti che farebbero arrossire una pornodiva; e si riempie altrettanto di maschi in calore. La musica è un pretesto, come lo è il bar aperto, rum e coca per tutti; chi può, chi osa, si avvicina e allunga le mani, in una danza rituale e millenaria.

La carne, si sa, è debole; ma io, diverso, sono istintivamente sopraffatto nella mia mente dalle immagini di innumerevoli documentari di Discovery Channel. Quella stanza, ormai versione ipocrita di un bordello, mi richiama alla mente immagini di cani che si ingroppano, uccelli che si leccano, cavalli che si inculano; in un trionfo dell’animalità, non c’è più nulla da chiedere e nulla da sperare, ma solo da cedere ai propri istinti.

Eppure, io obietto. Non c’è niente di male nel baccaglio, nel sesso disilluso da discoteca; ma io continuo a pensare alla magia di due persone che si pensano, a quella stella meravigliosa di passione luminosa che si accende senza un perché, e che sola è degna di una dedizione lunga una vita, di una cessione di sovranità e di un sacrificio felice, cosciente e valoroso, ben ripagato da un altro cuore, per scelta e per desiderio.

Ma la serata continua, e sono sempre più fuori posto. Fuori dall’uscita di sicurezza, i tarri si accalcano, cercando di capire se nel locale c’è figa. Dentro, alcuni si divertono, altri fanno finta di divertirsi; decine, centinaia di solitudini si strusciano l’una con l’altra, facendo finta che un rullante violento possa spezzare il muro dell’alienazione della vita moderna.

Io decido di uscire, nonostante abbia appena lasciato quaranta euri per una cena vergognosa. Arrivo alla porta, dove un australopiteco mi ferma, e mi apostrofa: c’hai il pass? No, non ce l’ho, non so nemmeno cosa sia. Allora, ce l’hai la drincàr? No, rispondo, che è la drincàr? Il tizio mi guarda come si guarda un bulgaro a Manhattan. Il foglietto blu, mi dice, quello coi pallini. Senza quello non ti faccio uscire. Io lo guardo e dico, come non mi fai uscire? Ma questo è sequestro di persona. Come Moggi con gli arbitri renitenti. Lui non fa una piega. Stavolta, mi guarda con le braccia da palestra. Portami il pass, dice. E mi rimanda dentro.

Io torno dentro, e ritrovo l’organizzatore della serata. Gliel’ho già chiesto due volte, il foglietto blu. E’ che siamo entrati in N+1, ma abbiamo mangiato solo in N; e indovinate chi è quello a cui non è stata porta la drincàr. Lui comunque rimedia, pietisce un altro foglietto, che ci viene dato con sorprendente arrendevolezza. Bene, con quello posso andare alla cassa, e pagare il mio riscatto: otto euro, solo per poter uscire. Li pago; chi se ne frega, i soldi non sono un problema, anche se darli a gente come voi mi fa girare le scatole. Finalmente, ottengo il pass. Sono libero.

Esco, dopo aver lasciato scemare il flusso di tarri che allaga la porta. Fuori sono comparse le transenne, per tenere a bada la ciurma assetata di baccaglio. Mi allontano, vado alla macchina. Ma ancora, di fronte a tutto quel rito di accoppiamento, non posso cancellare dalla mia mente il gigantesco schermo di un Discovery Channel, di animali dediti al proprio genetico destino di propagazione dello sperma, di abdicazioni a ciò che è più puramente ed esclusivamente umano, di disillusioni amare e riduzioni a ginnastica.

Arrivo a casa in un lampo rosso, e solletico il cervello con la musica; California rest in peace. Non mi sento nè migliore nè peggiore; mi sento lo scoglio messo lì ad arginare il mare. Ogni istruzione è meritoria, quando si tratta del mistero della vita. Quella di stasera, comunque, è stata di valore; perché io sappia ciò che voglio, e ciò che proprio non voglio.

Lasciatemi, vi prego, qualche valore etico ed astratto, qualche dignità speciale dello spirito, in cui continuare a credere.

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