FatalitÃ
Abbiamo uno strano rapporto con le fatalità ; da una parte facciamo sempre fatica ad accettarle, nella ricerca spasmodica di un colpevole, di un responsabile, di una causa. Dall’altra utilizziamo termini come “disgrazia” e “incidente” come uno scudo, per evitare di doverci assumere le nostre responsabilità .
Questo è vero nel nostro piccolo: un automobilista prudente che viene travolto da un albero che cade è certamente vittima di un incidente, ma come si può chiamare incidente il caso in cui lo scontro si verifica perché l’auto sta venendo guidata a velocità folle?
Lo stesso accade per i terremoti, come quello terribile dell’Aquila; e lasciamo perdere l’episodio inquietante per cui un ricercatore dell’INFN – i cui laboratori si trovano sotto il Gran Sasso, a quindici chilometri dall’epicentro del terremoto – aveva misurato una alterazione nei livelli di radon che suggeriva la probabilità di un forte terremoto in questi giorni e l’aveva comunicata a Bertolaso & friends, ricevendone in cambio una denuncia per procurato allarme. Naturalmente ora Bertolaso e Berlusconi continuano a ripetere ai giornali, cercando di pararsi le spalle, che i terremoti non sono prevedibili; è comunque vero che si tratta di teorie ancora da dimostrare, e che prevedere un terremoto con la precisione di alcuni giorni è poco utile, dato che è difficile pensare di evacuare un’intera provincia per così tanto tempo.
Ma anche in questo caso, è noto a tutti che gli Appennini sono una zona ad elevato pericolo sismico, essendo un punto di contatto tra zolle diverse, tra cui quella tirrenica che continua a ruotare verso nord-est. Ogni pochi anni si verifica un terremoto: da quello, altrettanto devastante, dell’Umbria orientale sono passati solo dodici anni; e nel frattempo c’è stato l’episodio di San Giuliano di Puglia, con la scuola crollata in testa ai bambini.
In queste condizioni, sarebbe soltanto normale fare come fanno in ogni zona a rischio sismico, dalla California al Giappone, ossia costruire le case in modo adeguato, preparare i piani di evacuazione, insegnare alle persone come comportarsi. Da noi, nulla di tutto questo; si continuano a costruire gli edifici con la sabbia e con lo sputo; e poi, quando inevitabilmente arriva una scossa grave ma nemmeno spaventosa, statisticamente del tutto normale, gli edifici anche recenti crollano in testa alla gente.
A San Giuliano il processo si è concluso da poco, e ha concluso che il crollo non è stato “una fatalità colpa del terremoto” ma il risultato di lavori edilizi fatti senza criterio. Chissà che non si riesca a capire che, almeno in una parte dei casi, sarà certamente lo stesso anche in Abruzzo; e a cambiare le regole con cui si fanno le case.
P.S. Ma non è finita: poco fa, la diretta di Sky ci ha mostrato una delle cose più disgustose che abbia mai visto. Da un’ambulanza stava uscendo il corpo di una vittima; bene, i volontari e gli operatori della Croce Rossa hanno dovuto disporsi davanti al portellone, mettendosi stretti stretti e con le braccia alzate. Perché? Perché intorno c’erano decine di giornalisti e teleoperatori che cercavano spasmodicamente di fotografare e riprendere il morto in ogni modo. Nonostante gli inviti dei carabinieri e i giusti insulti della gente, questi hanno continuato imperterriti; e quando il trasporto della salma è iniziato, s’è visto uno di loro sollevare la telecamera e darla quasi in testa alla catena umana, e un altro buttarsi per terra e cercare di far passare l’obiettivo tra le gambe dei volontari. Certo che quando si tocca il fondo, in Italia si trova sempre il modo di cominciare a scavare; sarebbe meglio che queste persone però andassero a scavare le macerie.
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