Novecento (3)
Per caso, in queste ultime settimane, mi sono capitati sottomano contemporaneamente due romanzi che, in questo contesto di ventennale, si sposano in maniera piuttosto interessante.
Il primo è il romanzo d’esordio di Mauro Pagani, Foto di gruppo con chitarrista, uscito ormai da qualche mese. Suppongo che sappiate tutti chi è Pagani: uno dei musicisti che hanno fatto la storia della musica moderna italiana, partendo dall’epopea della Premiata Forneria Marconi – l’unico gruppo italiano che abbia mai sfondato le classifiche internazionali non alla voce “pacchianate” ma alla voce “rock” – per passare per il periodo anni ’80 di De André, ossia Creuza de ma, e poi tanti altri esperimenti musicali di ogni genere. Certo, il curriculum di Pagani si è macchiato con la recente Domaaaaaaaaaniiiiiiiiiii per l’Abruzzo, ma insomma, dagli eventoni musicali benefici non si può pretendere troppo in termini di originalità (forse che era bella We Are The World?).
Tempo fa ebbi anche occasione di finirci a pranzo, grazie a Fiorello Cortiana che abita nel suo stesso palazzo, e l’impressione fu ugualmente buona. Il romanzo, tuttavia, letterariamente non è granché; e l’immutata stima per il Pagani musicista non può nascondere il fatto che esso sia pieno di dialoghi in cui le persone parlano come in un libro stampato (alzi la mano chi di voi ha mai usato l’espressione “sciogliersi come neve al sole” parlando con un amico) e di donne immancabilmente gnocche e disponibili, e che alla fine esso si riveli come un sottile “veicolo” per permettere a Pagani di sfoggiare dubbia modestia sulle proprie abilità musicali e di ripetere l’annosa lagna sulla PFM che avrebbe conquistato il mondo del rock globale per sempre, se solo non fosse stato per un complotto pluto-giudaico-massonico e per l’inspiegabile cattiva reazione degli americani all’idea di mettere la loro bandiera accartocciata in copertina. Chicca finale, la citazione di De André in quarta di copertina: furbata dell’editore, in quanto questo romanzo parla di De André più o meno quanto una confezione di cioccolato Kinder parla dei bambini tedeschi.
Nonostante questo, è un romanzo piuttosto interessante da leggere: un romanzo di fantascienza ambientato a Milano tra il 1969 e il 1979, che racconta da vicino i cambiamenti sociali di quegli anni. Immagino che per chi in quegli anni c’era possa essere una interessante riflessione su ciò che è successo, sull’evoluzione dal movimentismo all’impegno politico e poi al terrorismo oppure allo sculettìo in discoteca come John Travolta. Per noi attuali trentenni, vale per estensione la chiosa di Leonardo – “il ’68 ci ha strasfracellato i coglioni” – e però c’è un certo fascino perverso nel leggere queste storie improbabili di giovani che pur in età universitaria non facevano un cazzo nella vita se non menarsi, scopare e drogarsi, e infatti sono diventati la classe dirigente che ha mandato l’Italia a puttane (ormai nel senso letterale del termine).
Noi trentenni, invece, rispondiamo con l’altro libro che mi è capitato per le mani: Studio illegale di Duchesne, pseudonimo sotto cui si è nascosto un praticante legale (aka precario della giurisprudenza) di un grande studio di Milano. Il libro è divertente e racconta con precisione l’ambiente affaristico di Milano di questi anni, tutto basato su paroloni inglesi usati a sproposito, mestieri la cui utilità nessuno riesce veramente a spiegare, ansie carrieristiche e necessità di apparire, e su una dose da cavallo di squallore e volgarità gratuite che solo la disponibilità di soldi e potere di chi la esibisce riesce a rendere accettabile per necessità . E’ un libro che riassume bene i motivi per cui nel 2002 scelsi di fare altre cose invece che trasferirmi a Milano a fare il manager: del resto, a un certo punto i protagonisti si trovano a fare una veloce “colazione di lavoro” davanti a un panino bresaola e caprino – e lì ho esultato come davanti a una tripletta di Rolando Bianchi.
Ai cinquantenni che ci strasfracellano i coglioni con gli anni ’70, io risponderei con la preghiera di leggere quest’ultimo libro: giusto così, per capire che bella società hanno messo in piedi per noi.
[tags]libri, letteratura, romanzo, mauro pagani, pfm, musica, anni ’70, de andré, studio illegale, duchesne, volgarità , una milano da inculare[/tags]
14 Novembre 2009, 21:53
Un giorno ci scriverò un concept album con i tuoi post, me lo sento.
Ovviamente sarai invitato a suonare le parti di tastiera.
15 Novembre 2009, 11:03
“giusto così, per capire che bella società hanno messo in piedi per noi.”
Quello sarebbe il minimo. Nel senso che “tanto non se finisce mai de tribbola’” (cit. Mia Nonna); il meglio e’ infinito. Pero’, ecco, diciamo che uno sarebbe piu’ felice se contribuisse a qualcosa di sensato… a sistemare cose qui e li’… non ad un “failure du plumcake” (cit. gunsandroses, “civil war”)…
p.s.: approposito, secondo te “maionese impazzita” va bene come localizzazione di “failure du plumcake”?
15 Novembre 2009, 22:24
D#: Volentieri (energie permettendo…)