Quando lo Stato si sbriciola
In altri tempi, l’idea che migliaia di marines americani sbarcassero in un paese del Centro America per sostituire la polizia locale e prendere il controllo dell’ordine pubblico avrebbe fatto gridare all’imperialismo e al colpo di stato (e infatti, quando s’aveva da fare, Washington si limitava a mandare la CIA e fornire soldi, addestramento, armi e propaganda; non interveniva certo in prima persona). Oggi ad Haiti, invece, ciò è accaduto ed è stato percepito come la cosa più naturale possibile, tanto che persino Cuba ha collaborato aprendo lo spazio aereo ai trasporti di emergenza.
Più che l’effetto del Nobel per la Pace (ricordiamo, uno dei più ridicoli della storia) e di un mondo dove i confini nazionali vanno davvero svanendo, deve essere una conseguenza dell’entità del disastro, davvero immane. I giornalisti ci ricameranno anche su, ma le cronache della situazione di sbando sono davvero impressionanti.
Per noi che siamo lontani e col sedere al caldo, è un bell’ammonimento: tutta la vostra società può venire sbriciolata in un attimo. Ad Haiti non sono soltanto crollate le case; si è dissolto il governo, non ci sono più i ministri e i parlamentari e nemmeno i ministeri e i relativi archivi di documenti; è morto l’arcivescovo ed è distrutta la cattedrale; è morto il capo tunisino della missione ONU ed è completamente svanito il suo quartier generale. L’unica cosa che ha retto – penso le costruiscano col piombo – è l’ambasciata americana.
Ma, in assenza dei marines, tutte le regole della civiltà non esistono più. La proprietà è un concetto vago, dato che quella immobiliare è distrutta e quella mobiliare è saccheggiata a piacimento. La salute è impossibile da garantire, dato che gli ospedali non esistono più. Della sicurezza non parliamo; chiunque può girare con un’arma e fare abbastanza quello che vuole. La società è resettata; vige semplicemente l’ognuno per sé.
O meglio, un’isola di civiltà pare essere rimasta: Moncalve, il quartiere dei ricchi in cima alla collina (almeno così dice La Stampa e non se ne può sapere di più, visto che una ricerca su Google per “moncalve haiti” restituisce soltanto copie dell’articolo in questione; se questo quartiere esiste, nessuno ne ha mai parlato su Internet e non compare nemmeno sulla mappa). Non sarebbe una cattiva metafora, quella dei ricchi sulla collina che dominano la distruzione. Immagino però che la loro tranquillità , in condizioni del genere, potrebbe durare poco… a meno che non arrivino i marines.
[tags]haiti, terremoto, disastro, la stampa, giornalismo, civiltà , ordine pubblico, marines[/tags]
15 Gennaio 2010, 16:09
Penso che Moncalve sia questo:
http://en.wikipedia.org/wiki/Pétionville (Morne Calvaire)
15 Gennaio 2010, 17:44
bravo “dela”, mi hai anticipato!
15 Gennaio 2010, 17:50
E’ normale e logico ciò che avviene. Perché se una società si basa sulla legge dello Stato e solo su quella, è chiaro che nel momento in cui viene a mancare lo Stato, la società cade nel caos più completo.
Se invece si cerca di affiancare e promuovere, piuttosto che la sola legge dello Stato, anche una legge umana o meglio uno spirito solidale, basato sull’educazione, sulla conoscenza, sul rispetto civile, umano, sul valore e sull’importanza dell’uomo e della sua dignità , anche se poi viene a mancare la legge dello Stato, una società dovrebbe riuscire a stare in piedi da sola, facendo perno su quei valori comuni e condivisibili tipici dell’uomo consapevole e non precipitare nel baratro.
15 Gennaio 2010, 18:11
Beh, non è che prima a Haiti ci fosse tutto ‘sto Stato.
18 Gennaio 2010, 11:18
Esatto Manca, non è che prima fosse chiaro chi era che governava. Da leggere Gramellini di sabato, che dopo una ricerca su google si è reso conto che, prima del terremoto, ad Haiti la gente viveva con meno di 1$ al giorno…