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Archivio per il mese di Marzo 2011


mercoledì 16 Marzo 2011, 16:39

Quando la rete non dimentica

Negli ultimi giorni ha fatto un po’ di rumore in rete un post di Peter Fleischer, il responsabile globale per la privacy di Google (se il nome non vi è nuovo è perché Fleischer è uno dei manager di Google che sono stati processati e condannati in Italia per il caso Vividown, quello in cui alcuni ragazzini caricarono su Youtube il video dei maltrattamenti a un disabile a scuola). Nel post, Fleischer affronta il tema del “diritto all’oblio”, una questione che ormai sollevano in molti: esiste un diritto delle persone a vedere sparire da Internet le tracce del proprio passato?

Le persone cambiano, crescono, si evolvono, imparano dai propri errori; e può essere difficile vivere trovandosi continuamente di fronte al proprio passato. Un tempo il problema non era così grave, perché le tracce di cose accadute venti o trent’anni prima non erano facilmente reperibili, spesso confinate in polverosi archivi cartacei di difficile accesso. Esisteva una sorta di privacy “analogica”; le cose non erano solo private o pubbliche, ma anche “poco pubbliche” o accessibili solo ad alcuni.

Con Internet, questo cambia; la facilità di riproduzione, archiviazione e ricerca dell’informazione rende anche la privacy digitale. Una volta che qualcosa arriva in rete, toglierlo è impossibile. Pensate al video di Zangief Kid che ho linkato ieri su Facebook; è stato messo in rete solo due giorni fa, è stato rimosso da Youtube quasi subito come “video violento”, eppure ormai ce ne sono in giro migliaia di copie; gli utenti di tutto il mondo continuano a ricaricarlo, con tanta più insistenza quanto più viene rimosso. E’ come se la rete rifiutasse attivamente qualsiasi controllo dall’alto sui contenuti.

Quel ragazzino si chiama Casey Heynes e quando avrà trenta, quaranta, cinquant’anni sarà ancora e per sempre noto in tutto il mondo come Zangief Kid, quello che ha quasi ammazzato il suo bullo – così dirà Google. A meno che, appunto, non si introduca un diritto all’oblio, un diritto della persona a togliere dalla rete ciò che lo riguarda, in nome della propria privacy; così vogliono i francesi, mentre Google si oppone.

Secondo Fleischer infatti, con una visione tipicamente americana, il diritto all’oblio è in realtà una lesione della libertà di espressione e di informazione – anche se il sospetto che l’opposizione di Google derivi soprattutto dagli enormi costi di implementazione di sistemi per gestire questo tipo di diritto è molto forte. Per molti versi, però, Fleischer ha ragione, specialmente se si passa alla sfera pubblica.

Per esempio, da quando La Stampa ha reso disponibile digitalmente il proprio archivio completo dal 1867, è diventato possibile l’impossibile, ovvero riscoprire tutto ciò che i nostri politici e i nostri gran signori hanno detto e fatto sin da ragazzi; e scommetto che molte persone influenti in città non sono affatto contente. Chi si ricorderebbe altrimenti che nel 1994 un diciannovenne Andrea Agnelli si vide sequestrare la macchina per guida senza patente (29/1/1994, pag. 10), con successiva denuncia da parte dei vigili di ritorsioni della dirigenza comunale contro il collega che si era permesso di multarlo, reprimenda contro i vigili dell’allora sindaco Castellani (24/2/1994, pag. 40), e assoluzione finale del giovane al processo (17/1/1996, pag. 34)? Anche se qualcuno se ne fosse ricordato, sarebbe stato quasi impossibile ritrovare le prove per parlarne in pubblico. Mi stupirò dunque se quell’archivio resterà liberamente accessibile molto a lungo…

Ma il vero problema è che combinando in un modo qualsiasi quei tre articoli o omettendone qualcuno, è possibile raccontare qualsiasi storia, da quella dell’Agnelli rampollo irresponsabile che sfreccia per la città senza patente a quella dell’Agnelli vittima innocente delle persecuzioni di un vigile comunista. E allora anche la trasparenza che offre la rete va presa con molta cautela, senza mai spegnere il cervello.

Per questo, non penso che la soluzione sia l’eliminazione pura e semplice delle informazioni, anche ammesso che la si riesca tecnicamente ad ottenere. Penso piuttosto che sia opportuno affrontare il problema da un diverso punto di vista; da una deontologia più stringente per chiunque faccia informazione, giornalista o blogger che sia; e da uno spirito generale meno moralista, meno teso a fare le pulci agli errori nel passato degli altri e a ingigantirli per attacchi personali, e più orientato a discutere dei problemi e delle azioni per il futuro.

[tags]privacy, informazione, libertà di espressione, google, fleischer, zangief kid, casey heynes, youtube, agnelli, internet governance, la stampa, torino, giornalismo[/tags]

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lunedì 14 Marzo 2011, 23:49

Meglio soli che amici di Luigi

Capisco che la serie di pesantissimi attacchi tra Beppe Grillo e Luigi De Magistris possa aver lasciato perplesse e scoraggiate molte persone; in particolare quelle che alle ultime elezioni europee avevano votato De Magistris (e Sonia Alfano) proprio su indicazione di Grillo, e che ora non capiscono cosa sia successo.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la candidatura di De Magistris a sindaco di Napoli; una candidatura di bandiera, dato che sia il PD che il resto del centrosinistra hanno detto sin dal principio che non la sosterranno; fatta dunque col solo scopo di ottenere visibilità personale e portare voti al suo partito (IDV); una candidatura che arriva mentre De Magistris è ancora ben lontano dall’aver finito il proprio mandato di parlamentare europeo.

Io sono meno rigido di Grillo e, in un’ottica di “dipendente dei cittadini”, posso anche capire l’idea che una persona possa essere “promossa” da una posizione elettiva all’altra, come potrebbe succedere in una qualsiasi posizione lavorativa a chi lavora bene; ma questo è legittimo solo se sono le persone che l’hanno votato a volere questa scelta, ad esempio in una consultazione pubblica in rete, e non il candidato stesso o un direttivo di partito; solo a patto che sia veramente un passaggio da una posizione all’altra, e non un accumulo di cariche o una “vacanza elettorale” per farsi un po’ di pubblicità e poi tornare alla posizione precedente; e solo se i risultati nella posizione precedente sono stati all’altezza. Qui, invece, abbiamo una persona che non ha ancora annunciato alcuna dimissione dall’incarico attualmente ricoperto, e che lascia pure il dubbio che, se non dovesse essere eletto sindaco, piuttosto che fare il consigliere comunale saluterà la bella Napoli e se ne tornerà a Bruxelles.

Ma soprattutto, è l’intera attività di De Magistris da europarlamentare che lascia a desiderare. Invece di fare bene il suo lavoro a Bruxelles, De Magistris ha passato questi due anni ad apparire in televisione in Italia, a fondare la propria corrente, a sfidare Di Pietro per la supremazia nel partito, a conquistarsi l’eccezione ad personam alla regola dell’IDV che prevede di non candidare gli inquisiti, e insomma a fare tutte quelle attività da politicante che speravamo di non vedere più. E questo è dimostrato anche dalla disgustosa risposta di De Magistris pubblicata oggi: Grillo gli contesta dei fatti, sia sul suo lavoro in Europa che sul suo rinvio a giudizio, e lui risponde attaccando con insinuazioni sul piano personale, dicendo che Grillo ha una villa da milioni di euro ed è manipolato da “gruppi imprenditoriali e della comunicazione”. E poi saremmo noi i populisti!

Ho avuto occasione di scambiare due parole con Beppe sul tema l’altra settimana, e l’ho visto veramente arrabbiato e deluso: “con De Magistris e con Vendola ho proprio sbagliato”. Se c’è un aspetto positivo di questa vicenda, è che ci ha insegnato che con i partiti – tutti, nessuno escluso – non è possibile alcun dialogo. Rispetto le persone oneste che ancora pensano di poter far qualcosa dal di dentro, ma sono degli illusi. La stessa Italia dei Valori, in teoria uno dei partiti a noi più vicini, è un contenitore di schifezze; a parte il fatto che è IDV ad aver salvato Berlusconi dalla caduta (vedi alla voce Scilipoti), basta leggere le cronache dell’ultimo congresso torinese per mettersi a vomitare.

E’ la forma partito a non funzionare, prima ancora che le persone; e spiace vedere la rapidità con cui De Magistris si è adeguato all’ambiente. Speriamo almeno di avere imparato qualcosa; e che invece di perdere tempo a chiederci se e come scendere in piazza coi partiti o quale dev’essere la strategia per portarli dalla nostra parte, ci dedichiamo completamente a costruire qualcosa di completamente diverso.

[tags]partiti, politica, idv, de magistris, grillo[/tags]

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sabato 12 Marzo 2011, 10:23

Di chi è la Costituzione?

Oggi in tutte le piazze d’Italia si terrà l’ennesima manifestazione del sabato pomeriggio: dopo quelle contro Berlusconi e quella per le donne contro Berlusconi, arriva quella per la Costituzione contro Berlusconi. E non è solo un gioco di parole…

Infatti, una persona dell’organizzazione aveva invitato anche me a parlare oggi in piazza Castello; non come candidato, dato che non si parlava di argomenti elettorali e legati al Comune, ma come cittadino pubblicamente attivo che espone le proprie idee. Io avrei ribadito il ruolo e l’importanza della Costituzione, e poi avrei affrontato due aspetti che mi stanno particolarmente a cuore, ovvero come promuovere la partecipazione dei cittadini alla vita democratica migliorando gli strumenti costituzionali di democrazia partecipativa, e come proteggere meglio i beni comuni, compresa la costituzionalizzazione di Internet proposta da uno dei massimi giuristi italiani, Stefano Rodotà.

Peccato che, dopo che anche Beppe Grillo ha parlato del primo dei due aspetti, io mi sia ritrovato un’altra persona dell’organizzazione a gridare sulla mia bacheca Facebook che “difendere la Costituzione” voleva dire non toccarne neanche una virgola, e che i grillini non erano graditi alla manifestazione.

Dopo un po’ di discussione è venuto fuori il vero problema, cioè che si voleva evitare che la manifestazione potesse dare spazio al candidato sindaco del Movimento anzichè a quello del centrosinistra. Ora, l’idea di non far parlare candidati o politici è anche condivisibile, ma sono stati loro a invitarmi in prima istanza; dunque viene naturale pensare che ci sia stata qualche pressione dall’alto per cancellare il mio intervento, anche considerando che la persona dell’organizzazione che ha insistito per non farmi parlare ha in tasca la tessera di Italia dei Valori.

Questa situazione finisce dunque per dare ragione a quelli che nel Movimento sostengono che a queste manifestazioni noi non ci dobbiamo andare, visto che (anche se chi vi partecipa lo fa con rabbia e in perfetta buona fede) sono soprattutto un tentativo dei partiti del centrosinistra di mettere il cappello sulla protesta degli italiani e di riportarla nell’alveo del sistema. Del resto, la manifestazione non ha un sito ufficiale ma ne ha due, questo e questo, corrispondenti alle due diverse bande del centrosinistra che cercano di metterci sopra il cappello (il secondo sito è di Gianfranco Mascia, autoproclamato leader del Popolo Viola e responsabile della comunicazione di Italia dei Valori); e poi ci sono i siti dei gruppi viola in dissenso con Mascia, come questo e questo.

Resta la tristezza di vedere la Costituzione usata come arma politica di parte; non è da oggi che i partiti del centrosinistra, che pure non si sono fatti problemi a metterci mano con la riforma costituzionale di una decina d’anni fa, la considerano una loro proprietà privata. Io penso che questa loro scelta spinga verso una china pericolosissima, proprio perché contribuisce a far passare nella testa degli italiani il concetto che la Costituzione è una roba di sinistra e dei partiti, e dunque che chi non è di sinistra o non sostiene i partiti del centrosinistra ha tutto il diritto di non riconoscersi in essa. Sono proprio atteggiamenti come questi che minano alla base le nostre istituzioni; invece di usare la Costituzione per dividere, bisognerebbe usarla per unire.

[tags]costituzione, manifestazioni, politica, centrosinistra, partiti, movimento 5 stelle[/tags]

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giovedì 10 Marzo 2011, 16:39

Il giusto processo

Non degno più Berlusconi di attenzione da un pezzo, è un vecchietto con problemi di prostata e di bavosità che (politicamente parlando) è già morto e non lo sa; però oggi è riuscito a farmi incavolare. Ci è riuscito con questa foto, che lo ritrae nel tentativo di spiegare agli italiani la sua nuova “riforma della giustizia”, ovvero l’ennesimo tentativo di cambiarsi leggi e Costituzione per sfuggire ai propri processi; per esporre meglio il concetto, ribadendo la sua concezione degli italiani come di bambini suggestionabili, è ricorso alla tecnologia e precisamente a una slide Powerpoint:

giustoproc-originale.jpg

Bene, l’incazzatura però mi è passata presto, quando grazie a una delle mie incursioni da hacker sono riuscito ad accedere ad alcuni server privati e a ottenere la versione corretta di quella slide, quella che rappresenta la vera riforma della giustizia, la riforma che tutti gli italiani aspettano; la pubblico qui sotto, sperando che possa venire presto approvata.

ilgiustoprocesso-544px.png

[tags]berlusconi, giustizia, riforme, costituzione, processi, legge, slide, hacker[/tags]

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mercoledì 9 Marzo 2011, 19:00

Animali e libertà (2)

L’epilogo di ieri in Consiglio Comunale è triste ma purtroppo scontato: di fronte alla richiesta delle associazioni animaliste di vietare anche a Torino i circhi con animali, come già fatto da altre città, il più grosso partito della maggioranza – il PD – ha deciso di votare contro e di affossare la proposta, che pure era sostenuta trasversalmente da esponenti di entrambi gli schieramenti.

Ora mi diranno che noi grillini ce l’abbiamo sempre col PD, però mi pare davvero che la pratica di utilizzare gli animali nei circhi sia al giorno d’oggi indifendibile. E’ innanzi tutto una questione di rispetto basilare di altri esseri viventi e senzienti; non è obbligatorio essere vegetariani – io non lo sono – ma non è nemmeno accettabile infliggere sofferenze solo per divertimento.

Inoltre, io sono convinto che chi non è capace di provare pietà per la sofferenza di un animale non è capace di provarla nemmeno verso gli esseri umani; in un momento in cui tanti soffrono e dove la solidarietà dovrebbe essere alla base dell’azione politica, mi chiedo quale coscienza possa avere un amministratore che prende certe decisioni.

E tanto per essere chiari, come già avevo fatto mesi fa, vi lascio con un video. Pur con tutta la mia passione per il calcio, sono sinceramente un po’ deluso, anche se non stupito, dal fatto che se riprendo dei tifosi che si insultano da una curva all’altra di uno stadio (in modo volgare ma anche goliardico e divertente, per carità) il video susciti immediatamente migliaia di click, e se invece parlo per tre minuti della sofferenza degli animali lo vedano in poco più di duecento persone in tre mesi. Ma io non demordo e ve lo rimetto qui sotto.

[tags]animali, circhi, libertà, rispetto, torino, consiglio comunale, pd[/tags]

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lunedì 7 Marzo 2011, 21:27

L’intervista sul Fatto

Per i miei lettori che ancora non l’avessero vista, segnalo l’intervista fattami venerdì da Il Fatto Quotidiano e pubblicata oggi sul loro sito. E sì, ho lo sguardo stanco e dimostro dieci anni di più… infatti venerdì sera, dopo una puntata a Genova, sono andato a chiudermi tre giorni in montagna!

[tags]il fatto quotidiano, intervista, candidatura, movimento 5 stelle[/tags]

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sabato 5 Marzo 2011, 16:47

Intanto (sull’evasione fiscale)

Parlare di politica è un lusso che non tutti si possono permettere. Intanto, mentre si discute di idee, progetti, alleanze, o magari di correnti, scambi e appalti, là fuori la vita scorre con tutta la sua ordinaria crudeltà.

La storia del titolare di autoscuola ma anche autista GTT che si è ucciso nel laghetto di Italia ’61 per sfuggire ai controlli del fisco è una di quelle che non saranno mai sull’agenda di nessun partito. La politica, se si occupa di persone, lo fa ormai in una logica spietata di scambio di voti e di finanziamento della propria costosissima rete di pubblicità e di clientele. Il signore in questione forse (non lo sappiamo con certezza) era un evasore fiscale, ma visti i fatti non penso che fosse uno di quegli evasori che girano con il macchinone e hanno tre ville al mare. Questi ultimi sono quelli che la fanno franca, spesso perché hanno coperture politiche, amicizie influenti o semplicemente abbastanza denaro da pagare avvocati, politici o magari mazzette. Questi ultimi sono i soli evasori che interessino alla politica.

Non tutti gli evasori sono così; c’è chi veramente non può fare altro, a fronte del fatto che il nostro fisco ti fa pagare non solo le tasse che devi pagare su ciò che guadagni, non solo le tasse che devi pagare su ciò che in teoria guadagnerai ma che il tuo cliente non pagherà mai confidando nella totale impunità, ma anche le tasse che il fisco presume che dovrai pagare, secondo stime sue unilaterali spesso totalmente fuori dalla realtà.

A me ha fatto rabbrividire l’esaltazione positiva con cui è stata accolta qualche giorno fa la notizia che, dopo tre anni di calo, il numero di aziende a Torino ha ricominciato a crescere. Quelle tremila partite IVA in più sono quasi sempre persone lasciate in mezzo a una strada dal mondo del lavoro, persone che, non sapendo che fare, si mettono in proprio per mancanza di alternative. Quasi mai una avventura imprenditoriale che parte con queste premesse può avere successo, perché anche l’imprenditore, come tutti gli altri, è un mestiere che richiede esperienza e preparazione specifica (a meno di non avere, come si dice, il “culo parato” dai meccanismi di cui sopra).

Anche l’evasione fiscale, come l’immigrazione, è un argomento devastato dall’ideologia. Quasi sempre – persino nei commenti al minipost di Grillo qualche giorno fa – la discussione viene impostata come “lavoratori dipendenti contro lavoratori autonomi”, con ciascuna delle due tifoserie a sostenere che l’altra è quella che ruba di più. Questa impostazione non ha più alcun senso, se non altro perché milioni di persone che trent’anni fa sarebbero stati dipendenti ora sono, nell’attuale ordinamento del lavoro, lavoratori autonomi, ma per finta; partite IVA che fatturano sempre la stessa cifra alla stessa azienda, o precari abbandonati a se stessi. Non è più vero che l’autonomo è sempre la parte più ricca o più forte.

La vera distinzione da fare è tra chi ruba e chi non ruba, sapendo che chi non ruba è soggetto a una pressione fiscale fuori da qualsiasi logica, dovuta alla necessità di pagare le tasse anche per chi non le paga, e di pagare le tasse per mantenere un paio di milioni di persone che in Italia vivono di politica invece di lavorare. La vera lotta è dunque di chi vuole vivere in un paese civile, qualsiasi sia il lavoro che fa, contro chi questo Paese lo deruba con l’evasione, con l’assenteismo e con le raccomandazioni, dipendente o autonomo che sia.

[tags]evasione fiscale, lavoro, tasse, fisco, tragedie, politica, clientelismo[/tags]

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giovedì 3 Marzo 2011, 17:41

Goodbye Malincònia

Ieri è successo di nuovo. Ieri sera sono andato allo stadio, un’occasione di svago come tante, una serata tra amici. Nell’intervallo come sempre si chiacchiera, ci si raccontano le novità, e così mi sono sentito dire: “Sai che c’è? Me ne vado.” Ma non “me ne vado” perché il Toro per l’ennesimo anno fa schifo, “me ne vado dall’Italia”. In Brasile, a lavorare. Per sempre (i più pudichi dicono “un anno o due, per guadagnare un po’”, ma poi sai che facilmente sarà per sempre).

Solo nell’ultimo mese me l’hanno detto in tre, due vanno in Brasile e uno a Londra. C’è chi va con la famiglia e chi la lascia qua, c’è chi te lo dice con rabbia e chi te lo dice con sollevazione, come la fine di un incubo. Tutti hanno in comune il fatto di essere persone capaci; d’altra parte all’estero i cazzari non trovano spazio facilmente come da noi. Tutti hanno resistito fin che potevano, ma poi sono arrivati al punto: “che ci sto a fare io ancora qui?”

Chi ha girato il mondo lo sa, l’atmosfera altrove è molto diversa. Il resto d’Europa non fa scintille, ma almeno è civile, serio e ordinato. In altre parti del mondo, come appunto in Brasile, l’economia cresce, la gente ha voglia di fare, l’età media è più bassa, le cose si muovono. In Silicon Valley o in Cina si respira il futuro; non tutto luccica, anzi, ma l’aria profuma di speranza, e se non capite cosa intendo è perché questo profumo da noi si è perso da moltissimo tempo.

Chi resta qui è spesso, per forza di cose, ultraconservatore; oltre ai più deboli, qui resta soprattutto chi è troppo vecchio per andare, oppure chi ha una qualche forma di protezione (o pensa di averla) e si concentra sul difenderla con le unghie e con i denti. La valanga di voti per Fassino è anche un desiderio di mettere la testa sotto la sabbia, di fare finta che il tempo possa tornare indietro, che possano ritornare gli anni ’80. E poi, restiamo noi che non ci arrendiamo, che non ci vogliamo credere, che ancora vogliamo provare a salvare l’Italia, e però siamo sempre di meno, e ci chiediamo quanto potremo resistere se il resto del Paese non ci darà una mano.

[tags]emigrazione, giovani, lavoro, torino, fassino, brasile, caparezza, tony hadley[/tags]

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mercoledì 2 Marzo 2011, 19:50

Il Numero

Mi è arrivato così, per caso, assolutamente inatteso, piombando nella mia Inbox in una mail di due righe: Il Numero.

Il Numero, da anni, è il santo Graal di ogni movimentista. Solo una quantità limitata di persone possiede Il Numero; alcuni l’hanno ottenuto per merito e per assiduo attivismo, altri perché son tanto vecchi e quando c’erano loro qui era tutta campagna e ci si conosceva tutti, altri ancora per un caso fortunato, per una necessità improrogabile, per una sbirciata furtiva.

Io non ho mai fatto parte di questo club. In quanto italiano atipico, non sono una persona interessata alle relazioni, alle rubriche di VIP. In un modo o nell’altro dispongo di alcuni numeri piuttosto riservati, ma solo perché mi sono capitati, non perché li abbia cercati; né giudico le persone da chi hanno sul telefono (anzi, normalmente più sono vicini al potere e più sono stronzi). Non ho mai chiesto Il Numero, anche se alcuni amici e stretti compagni di viaggio ce l’hanno da anni; al massimo, se serviva, ho chiesto a loro di telefonare.

Peraltro, io odio il telefono e ne faccio un uso limitato, sia per scocciare che per essere scocciato. La mail è cortese, entra nella tua vita in punta di piedi, decidi tu se leggerla o meno, se rispondere o meno. La telefonata è dirompente, interrompe senza ritegno chiacchierate, cagate, scopate, riunioni, divertimenti, tragedie. Per me telefonare è sempre un po’ stuprare la vita degli altri, e dunque lo faccio il meno possibile. A fine anno, Vodafone ai miei amici regala un cellulare nuovo, e a me invece fa chiamare da un telefonista kosovaro che in italiano stentato mi dice “beh? vedi di telefonare un po’ di più l’anno prossimo, cretino!”.

Però, insomma, ho avuto Il Numero, e pure un motivo per usarlo. Urgente. Ragionevolmente importante. Più che giustificato. E nemmeno per rompere i coglioni, come certa gente che conosco, che ottiene Il Numero e poi lo usa per questioni personali. Io dovevo pure fargli un favore.

E così, alla fine ho chiamato.

E, belin, non mi ha risposto nessuno.

[tags]numeri, vip, telefono, rapporti, rompere i coglioni alla gente[/tags]

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martedì 1 Marzo 2011, 20:01

Dell’onestà dei disonesti

A voi forse sembrerà che l’onestà sia un concetto semplice e lineare: onesto è chi non mente e chi rispetta le regole date dalla società. Eppure poche cose dimostrano come l’onestà sia in realtà un concetto complesso quanto ciò che è successo in questi giorni in Germania.

Per i pochi che non lo conoscono, il caso è questo: si è scoperto che il ministro tedesco Guttenberg, brillante 39enne, ottenendo quattro anni fa il dottorato di ricerca, ha copiato da altri lavori più o meno metà della sua tesi. Nessuno mette in discussione la sua intelligenza o la sua preparazione, né la sua adeguatezza agli incarichi politici che ricopre, per i quali è invece molto apprezzato e amato dagli elettori; può anche darsi che l’espediente sia stato solo un modo per far prima, tra un impegno e l’altro. Eppure, non ci sono stati sconti: in Germania una persona che copia e mente sulla paternità di un proprio lavoro non è moralmente adatto a fare il ministro, e Guttenberg si è dimesso.

Ora, noi potremmo comparare questo caso con la ministra italiana Gelmini, 37enne dalle dubbie qualità, la cui preparazione e i cui meriti per il ruolo che ricopre non sono granché evidenti. La ministra, dopo un diploma di maturità ottenuto in una scuola privata cattolica dopo aver frequentato senza grande successo due diversi licei pubblici, e dopo una laurea in giurisprudenza nella sua natìa Brescia su cui anche le sue compagne di studi si mettono a ridere, ha ottenuto l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato trasferendosi a sostenere l’esame a Reggio Calabria, ed offrendo lei stessa in una intervista questa motivazione: “sono andata a farlo a Reggio Calabria perché a Brescia non si passava”.

Ecco, anche questa ammissione è un’altra forma di onestà, l’onestà dei disonesti, anche se suona più che altro come una presa in giro per chi in Italia ancora studia seriamente. Ma non è questo il punto; il punto è che da noi nessuno ritiene che questo, da solo, sia un motivo sufficiente perché questa persona non possa fare il ministro. Per chi ne chiede le dimissioni, questi fatti sono solo un rafforzativo per le critiche alle sue proposte, o al massimo una dimensione di distinzione umana, “noi siamo quelli che studiano e loro sono quelli che si arrangiano”. Ma se da noi qualcuno chiedesse le dimissioni di un ministro sulla sola base del fatto che ha scelto per dare l’esame il luogo “in cui si passava”, sarebbe preso per pazzo.

Il concetto di “onestà” è pesantemente culturale; ciascuno di noi valuta l’onestà in base al comportamento di chi gli sta attorno – della propria famiglia, nella prima fase della vita, e poi di tutta la società, e specialmente delle persone più conosciute e visibili. Ci vuole un grande sforzo per imporsi un criterio di onestà diverso da quello socialmente definito; è ciò che si chiama “coscienza”, e una persona la sviluppa solo quando diviene veramente adulta – il che, nell’Italia di oggi, spesso non avviene mai. In Italia, poi, la stessa idea di “regola” è un concetto complicato, poco chiaro, soggetto a continui doppi standard per cui la norma scritta non è quasi mai quella applicata, anzi è talvolta del tutto inapplicabile, tutti lo sanno e va bene così; una disonestà disonesta non è accettabile, ma una onesta disonestà è considerata normale, fa parte della vita.

Il danno devastante dunque è proprio questo: le ultime generazioni di italiani sono cresciute con un concetto di onestà completamente diverso da quello utilizzato nel resto d’Europa, e totalmente malato. Forse sarebbe ora di cominciare a pensare a come affrontare questo problema.

[tags]onestà, dimissioni, ministro, germania, guttenberg, gelmini, società, cultura[/tags]

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