Il prosciutto dell’ideologia
Raramente mi è capitato di trovare un caso da manuale di prosciutto ideologico sugli occhi come quello riportato oggi da La Stampa: la vicenda di un bambino di nove anni che a scuola (elementare) viene regolarmente picchiato da un compagno di classe, rom del vicino campo nomadi, fino a dover andare in ospedale a farsi medicare. Il preside, tuttavia, minimizza e dice che in fondo non è poi così grave, che è meglio lasciar stare, che sono bambinate, che “gli ha fatto solo 24 ore di prognosi”, e che tutto questo potrebbe portare cattiva pubblicità alla scuola e far calare le iscrizioni.
Il preside è un militante del PD, vicepresidente di circoscrizione, 58 anni – dunque, si presume, un sessantottino. E infatti l’articolo butta lì ripetutamente che tutti considerano il preside “troppo buono”, che in quella scuola non si punisce mai nessuno, che le maestre sono in lacrime, forse in preda agli allievi meno gestibili, giunti al punto da organizzare su Facebook l’assassinio del preside – anche questo un gesto minimizzato e non punito in alcun modo. Uno di quegli insegnanti che hanno poco da insegnare, figli di una ideologia che li porta a giustificare le violazioni delle regole e a concepire una educazione fatta soltanto di premi e di libertà .
E un preside che ha molto a cuore l’integrazione dei rom della zona, tanto da difenderli sempre e comunque: questa è l’accusa esplicita dei genitori del bambino picchiato, secondo cui a parti invertite il bimbo italiano sarebbe già stato punito duramente. Leggendo questa affermazione, immagino che il preside abbia pensato: “leghisti!” – ma non so se queste persone lo siano davvero, o siano magari un po’ accecate dall’emozione. Perché magari questi genitori pronti all’accusa hanno sorvolato sul fatto che, come dice il preside, il loro figlioletto continuava a prendere in giro lo zingaro e a insultarlo in modo razzista; del resto, si sa, la famiglia italiana media concepisce una educazione fatta solo di premi e libertà per chi fa parte della famiglia stessa, e di punizioni e vendette per chi dall’esterno osi mettersi in mezzo, sia una famiglia concorrente o un insegnante che pretende il rispetto delle regole da parte del bambino; peggio ancora se la famiglia è di rom.
E la famiglia rom, in tutto questo? Naturalmente minaccia di portare via i figli dalla scuola e denuncia il razzismo che ha subito. Per molti rom, come per molti stranieri furbi e disonesti, qualsiasi cosa dica loro un italiano è razzismo, o può essere strumentalizzato come tale. Vuoi evitare che mandino i bambini ad elemosinare? Sei razzista. Dici una banale verità , cioè che basta girare un campo nomadi per notare molte auto di lusso che nessun italiano normale può permettersi se non rubando? Sei razzista. Anzi, non te lo dicono nemmeno più loro, te lo fanno dire dai presidi buonisti del PD; e non so se questa sia ideologia, una ideologia di una cultura nomade in cui gli stanziali sono per definizione alieni e ostili, o se sia più banalmente furbizia.
Dunque, chi ha ragione? Non è possibile saperlo; non esiste una versione accertata dei fatti, e anche esistesse difficilmente sarebbe riportata su un giornale senza venire stravolta. Anche per quanto riguarda questo blog, le persone in questione potrebbero essere, anzi probabilmente sono, molto diverse da come le abbiamo raccontate, affidandoci a stereotipi e non alla conoscenza diretta. Probabilmente anche questa è una ideologia: l’ideologia per cui una persona, stando seduta in poltrona a digitare su un blog, possa trarre conclusioni sul mondo reale.
[tags]ideologia, torino, nomadi, rom, razzismo, scuola elementare, mirafiori, bullismo, pd, informazione, comunicazione, verità [/tags]