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Archivio per il mese di Gennaio 2010


sabato 16 Gennaio 2010, 10:07

Oggi si manifesta

Oggi si manifesta abbondantemente: ecco l’elenco degli eventi a cui in un modo o nell’altro cercherò di essere presente.

Ore 11-12: Sit-in del Popolo Viola davanti alla Rai, in via Verdi, per la libertà di informazione.

Ore 14-17:30: Manifestazione di protesta del popolo granata contro la gestione Cairo. Prima della partita, i tifosi di entrambe le curve manifesteranno davanti agli ingressi spiegando le ragioni di dissenso con il presidente, come la sua disinvolta gestione del bilancio, la distanza tra promesse e fatti e la continua manipolazione dei media tramite cortine di fumo per sviare l’attenzione. I tifosi delle curve poi non entreranno e andranno a seguire la partita allo Stadio Filadelfia. Gli altri entreranno a sostenere la squadra aziendale delle Edizioni Cairo.

Ore 14:30-16:30: Marcia No Tav sui luoghi dei carotaggi in corso Marche. Il raduno è in piazza Massaua, e si prevede la partecipazione sia dei centri sociali che dei No Tav della valle, e ovviamente di una delegazione di grillini.

Ore 16-18: Prima assemblea regionale del Popolo Viola, in corso Siracusa 213. Si discuterà su chi siamo, dove andiamo, cosa vogliamo fare e come ci organizziamo. Tanto per cambiare, prevista ampia discussione sulla Tav.

Nel frattempo vi lascio con un bel video del presidio No Tav di Rivoli. Ieri la trivella che lavorava alla stazione di Collegno ha terminato il suo lavoro ed è stata portata via; nel frattempo ne è apparsa una parcheggiata a Susa, in attesa di provare un blitz per piazzarla da qualche parte in valle. Dovunque ci proveranno, apparirà un presidio.

[tags]manifestazioni, torino, no tav, toro, cairo, popolo viola, no berlusconi day[/tags]

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venerdì 15 Gennaio 2010, 16:02

Quando lo Stato si sbriciola

In altri tempi, l’idea che migliaia di marines americani sbarcassero in un paese del Centro America per sostituire la polizia locale e prendere il controllo dell’ordine pubblico avrebbe fatto gridare all’imperialismo e al colpo di stato (e infatti, quando s’aveva da fare, Washington si limitava a mandare la CIA e fornire soldi, addestramento, armi e propaganda; non interveniva certo in prima persona). Oggi ad Haiti, invece, ciò è accaduto ed è stato percepito come la cosa più naturale possibile, tanto che persino Cuba ha collaborato aprendo lo spazio aereo ai trasporti di emergenza.

Più che l’effetto del Nobel per la Pace (ricordiamo, uno dei più ridicoli della storia) e di un mondo dove i confini nazionali vanno davvero svanendo, deve essere una conseguenza dell’entità del disastro, davvero immane. I giornalisti ci ricameranno anche su, ma le cronache della situazione di sbando sono davvero impressionanti.

Per noi che siamo lontani e col sedere al caldo, è un bell’ammonimento: tutta la vostra società può venire sbriciolata in un attimo. Ad Haiti non sono soltanto crollate le case; si è dissolto il governo, non ci sono più i ministri e i parlamentari e nemmeno i ministeri e i relativi archivi di documenti; è morto l’arcivescovo ed è distrutta la cattedrale; è morto il capo tunisino della missione ONU ed è completamente svanito il suo quartier generale. L’unica cosa che ha retto – penso le costruiscano col piombo – è l’ambasciata americana.

Ma, in assenza dei marines, tutte le regole della civiltà non esistono più. La proprietà è un concetto vago, dato che quella immobiliare è distrutta e quella mobiliare è saccheggiata a piacimento. La salute è impossibile da garantire, dato che gli ospedali non esistono più. Della sicurezza non parliamo; chiunque può girare con un’arma e fare abbastanza quello che vuole. La società è resettata; vige semplicemente l’ognuno per sé.

O meglio, un’isola di civiltà pare essere rimasta: Moncalve, il quartiere dei ricchi in cima alla collina (almeno così dice La Stampa e non se ne può sapere di più, visto che una ricerca su Google per “moncalve haiti” restituisce soltanto copie dell’articolo in questione; se questo quartiere esiste, nessuno ne ha mai parlato su Internet e non compare nemmeno sulla mappa). Non sarebbe una cattiva metafora, quella dei ricchi sulla collina che dominano la distruzione. Immagino però che la loro tranquillità, in condizioni del genere, potrebbe durare poco… a meno che non arrivino i marines.

[tags]haiti, terremoto, disastro, la stampa, giornalismo, civiltà, ordine pubblico, marines[/tags]

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giovedì 14 Gennaio 2010, 11:49

Oggi video, domani chissà

Fin che si può, vi metto un po’ di video; dico “fin che si può” perché come avrete letto il governo sta pianificando di equiparare alle televisioni i siti anche amatoriali che usano molti video o che fanno streaming di immagini, in modo da poterli poi strozzare in ogni modo possibile. Infatti, secondo la bozza di decreto, saranno equiparati alle televisioni i siti in cui il contenuto audiovisivo “non abbia carattere meramente incidentale”: se insomma pubblicate con regolarità dei video sul vostro blog, anche gratuitamente e senza scopo di lucro, siete una televisione e dovete farvi carico di tutti gli oneri relativi. A questo si aggiunge la promessa di un controllo strettissimo sul rispetto dei diritti d’autore.

Naturalmente il governo ha tutto l’interesse a fare questa mossa: è una mossa che rischia di eliminare il giornalismo di strada fatto coi video, tipo quello che ho fatto io l’altra notte a Susa, e i contenuti scomodi e non controllati che esso veicola; è una mossa che mette in difficoltà Youtube, con cui lo Stato italiano Mediaset è in causa; è una mossa che allarga a dismisura la definizione di “mercato televisivo”, consentendo a Berlusconi di affermare, come già fece col digitale terrestre, che la sua non è poi una posizione così dominante.

Fin che ce lo lasciano fare, dunque, vi mostro innanzi tutto questa chicca: il sindaco di Asti Giorgio Galvagno, in causa con Grillo da anni, sta usando tutta la sua discrezionalità per rendere praticamente impossibile la raccolta delle firme del Movimento 5 Stelle Piemonte nella sua città. Già raccogliere mille firme in una provincia relativamente piccola come Asti è una grossa impresa; figuriamoci se il Comune non ti agevola. Ecco come, passando sotto i portici, il sindaco ha definito la raccolta firme dei grillini:

Ovviamente chiunque di voi sia residente in provincia di Asti, grillino o no (tanto gli altri partiti non devono raccogliere le firme), è caldamente invitato a recarsi a firmare presso l’URP del Comune di Asti, o a contattarmi per altre informazioni su come firmare.

Il secondo video è quello del mio intervento un mese fa alla presentazione della lista regionale:

Il significato storico di questo video è che ho imparato a fare campo e controcampo con iMovie, ossia ad alternare le riprese di due sorgenti video in sincrono mantenendo fisso l’audio di una delle due. Così, nel successivo video di Susa, ho potuto sbizzarrirmi col montaggio analogico dell’occhio della madre immagine del fuoco e di altre sequenze di condimento che mi ero premurato di girare.

Infine, l’ultimo video è del mio intervento alla presentazione di The Innovation Group, un mese fa a Milano. Credo che pochi di voi abbiano idea di cosa faccio io di lavoro; magari questo video vi darà qualche idea in più. Questo però non l’ho girato io: non mi assumo responsabilità artistiche.

[tags]video, internet, governance, censura, berlusconi, youtube, asti, galvagno, politica, 5 stelle, beppe grillo, vittorio bertola, the innovation group[/tags]

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mercoledì 13 Gennaio 2010, 15:23

Sono stato espulso da Wikipedia

So che è difficile da credere, eppure è così: stamattina sono stato bandito a tempo indeterminato dalla Wikipedia italiana.

L’ultima parte dell’annosa vicenda comincia lunedì, quando trovo sul mio profilo utente una ammonizione, comminatami dall’amministratore Ignlig per aver detto la seguente frase: “non mi intimidisce la ndrangheta del cemento, figurati se mi faccio intimidire dai wikipediani”. La frase era in risposta a un invito a “non trasformare questa voce in un campo di battaglia”, a cui ho risposto che stavo cercando di rispettare le regole e motivare le mie posizioni ma che, appunto, non avrei smesso semplicemente perché ricevevo pressioni per farlo.

A questo punto sono rimasto perplesso: ma non era proprio l’admin Vituzzu che aveva detto che io, Stefano Quintarelli e gli altri blogger che avevano linkato il mio post originale (tra cui Luca De Biase) siamo “la mafia del tam-tam blogghistico”? Io, tra l’altro, non ho nemmeno dato dello ndranghetoso ai miei interlocutori: loro sì.

Riporto il dialogo che ̬ seguito perch̩ lo trovo fantastico (le risposte di Ignlig sono visibili solo nelle vecchie versioni della mia pagina di discussione utente, che ̬ stata prontamente rasata in seguito al blocco Рnon sia mai che qualcuno possa leggere quali ne sono state le cause senza dover ravanare nella cronologia).

wikipedia-giallo.png

VB: “Posso chiederti di ammonire anche l’admin Vituzzu che qui (seconda schermata) ha parlato di mafia a proposito di me e di Stefano Quintarelli?”

Ignlig: “Non ti ho ammonito per minacce, come puoi leggere sopra ti ho ammonito perchè attribuisci agli altri intenti intimidatori e di vendetta violando così le policy sopra le linkate. Vituzzu nell’intervento da me letto fa riferimento alla “mafia del tam-tam blogghistico”, non ci vedo un attacco ai wikipediani ma semmai ai blog e per inciso esprimeva quello che è il disappunto dei wikipediani per vedersi additati come censori dai blog senza che nessun si premurasse di capire i perchè e per come”

VB: “Scusa, dare della “mafia blogghistica” agli altri come ha fatto Vituzzu non è “attribuire agli altri intenti intimidatori e di vendetta”?!?”

Ignlig: “scusami ma non ritengo che sia la stessa cosa, una cosa è attaccare i wikipediani in wikipedia violando le policy di wikipedia. Altra cosa è additare un “tam-tam” (non i blog) come “mafioso”.”

Una logica inattaccabile! E’ evidente che attaccare (attaccare? io ho solo detto che non avrei smesso per quieto vivere) i wikipediani in wikipedia è una cosa gravissima, mentre nel dare pubblicamente dei mafiosi ad alcuni dei principali blogger italiani non c’è niente di problematico. A questo punto io, non sapendo come scalfire una logica del genere, ho risposto con sarcasmo:

VB: “Senti, ma se andassimo a chiederlo a un giudice che cosa è o non è una diffamazione o minaccia? Tu vai pure a denunciarmi per diffamazione nei tuoi confronti per il messaggio di prima, io mi informo con il mio avvocato per denunciare Vituzzu per diffamazione, e già che ci sono magari anche Wikimedia Italia e Wikimedia Foundation. Chiedo i miei 20 milioni di euro di danni… Che ne dici, facciamo così?”

Il senso era insomma di far notare che esistono comunque delle leggi (ad esempio sulla diffamazione) che tutti dobbiamo rispettare, e che se l’apertura dei wikipediani è questa non sorprende che uno possa pensare di farle valere nella sede appropriata.

Sono poi trascorsi due giorni in cui sono stato un po’ impegnato, tipo a passare la notte all’addiaccio con quattro gradi sotto zero per poi montare un video che è finito dritto sul blog di Beppe Grillo: sapete com’è. Stamattina apro e trovo la risposta di Ignlig:

Ignlig: “dove ho scritto che mi hai diffamato? Chiudiamola qui o mi tocca linkarti altre policy”

Ho così scoperto che in Wikipedia esiste una policy per cui se uno vandalizza l’enciclopedia viene sospeso per ben due ore, ma se uno si permette di ricordare, anche in via puramente ipotetica, che esistono altre e più importanti leggi oltre che quelle stabilite dagli admin della stessa, viene bannato al primo colpo. A vita. Per sempre.

Naturalmente, al messaggio di Ignlig – assolutamente non intimidatorio, perché naturalmente sono io che attribuisco agli altri intenti intimidatori che non ci sono mai stati – potevo chinare la testa, cedere alla minaccia, negare di avere mai considerato di denunciare Wikipedia. Ma io il pensiero l’ho fatto davvero, prima di partire per Susa ho chiesto alla giurista di casa se effettivamente dare a qualcuno del mafioso in pubblico sia diffamazione (e lo è). Non chino la testa, non dico una bugia. Così ho confermato di aver effettivamente indagato sulla possibilità teorica di denunciare Vituzzu, concludendo “Non so se questo mi qualifichi per ottenere il lasciapassare A38 e venir buttato fuori dall’edificio.”.

Effettivamente sì: lasciapassare A38 in mano, mi hanno prontamente buttato fuori.

wikipedia-rosso.png

E visto che parliamo di mafia confermo anche la mia ultima considerazione. Pensavo che ci fossero solo tre ambienti in cui il solo accenno alla possibilità di contattare i tutori dell’ordine provoca la tua immediata e definitiva eliminazione, e invece sono quattro: la mafia, la camorra, la ndrangheta e la wikipedia italiana. Notare che (a differenza di Vituzzu) non sto dicendo che il mio interlocutore è mafioso, sto dicendo che applica le stesse policy della mafia. Forse che non è vero?

P.S. Naturalmente la voce sul Movimento 5 Stelle non è mai stata creata; naturalmente, da quando è iniziata la vicenda, molti dei miei contributi sono stati prontamente annullati, spesso dallo stesso Ignlig; tipo che del Movimento 5 Stelle si può parlare nella pagina del movimento grillino, ma non si può mettere la box che ne mostri il simbolo (sia mai!). Per esempio, Ignlig mi ha detto che la lista avrebbe forse potuto essere inclusa nell’elenco dei partiti italiani solo dopo il deposito del simbolo al Ministero degli Interni, peccato che tale deposito per le elezioni regionali non sia previsto: giusto per dimostrare per l’ennesima volta che gli admin di Wikipedia raramente sanno di ciò su cui pontificano.

Ma evidentemente a Wikipedia non servono collaboratori che sappiano scrivere, in buon italiano e verificando le fonti, una pagina come quella su Mario Carrara o sulla stazione di Porta Susa (per citarne un paio che ho creato o riscritto in modo significativo). L’importante è avere collaboratori che, a testa china, non pensino mai di mettere in dubbio le azioni di Vituzzu o di Frieda, o, non sia mai, chiedere l’applicazione della legge.

Evidentemente, Wikipedia ritiene di essere extraterritoriale e al di sopra della legge.

A me, sembra un grosso problema.

[tags]wikipedia, mafia, movimento 5 stelle, legge, internet governance, vituzzu, ignlig, frieda[/tags]

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martedì 12 Gennaio 2010, 11:45

Una notte al presidio No Tav

Ieri sera all’ora di cena hanno cominciato a circolare insistenti le voci secondo cui questa sarebbe stata la notte degli scontri: infatti, per oggi era previsto l’avvio dei carotaggi in vari punti della Valsusa e della cintura torinese, una operazione che è preliminare alla scelta del tracciato definitivo ma che di fatto è un primo inizio dell’opera. Ovviamente, i No Tav della valle non erano certo intenzionati a permettere un passo del genere, dunque avevano preparato un presidio sul punto del carotaggio di Susa, vicino all’autoporto. La paura era che stanotte la polizia sgomberasse il presidio con la forza, come successe nel 2005 per il presidio di Venaus – uno degli storici episodi di violenza della polizia italiana.

L’unico modo di impedire l’uso della violenza è essere in tanti e avere tante telecamere; e così, stanotte sono andato anch’io, partendo da casa attorno alle tre di notte (l’ora preferita per i blitz è l’alba). Alla fine, nonostante in valle siano state segnalate diverse colonne di mezzi carichi di polizia in assetto antisommossa, stanotte non è successo niente; c’è stata una cortese visita a cui è stato opposto un cortese rifiuto. Certo, non si sa quando, ma prima o poi il tentativo di sgombero forzato avverrà: pertanto il presidio è permanente e regolarmente popolato da centinaia di persone.

Nel frattempo, potete vedere le immagini che ho girato stanotte e montato stamattina (grazie, iMovie). Dubito infatti che sui giornali e sui telegiornali vedrete altro che propaganda; e invece, come potrete notare, questa non è una manifestazione di pericolosi estremisti, ma un raduno di persone normali che vogliono soltanto evitare lo scempio della propria terra e di ingenti quantità di denaro pubblico, imposto con la forza per le sole esigenze private del partito degli affari.

[tags]no tav, susa, torino, lione, ferrovia, presidio, manifestazione, venaus[/tags]

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lunedì 11 Gennaio 2010, 17:12

Padani conigli

Sono un po’ stupito di quanto poco si parli nella blogosfera italiana dei fatti di Rosarno. Ad eccezione di Spinoza che dedica alla vicenda un intero esilarante post, ho visto in giro pochi commenti; quasi tutti sono legati al leggendario titolo di Feltri dell’altro giorno, “Hanno ragione i negri” (Feltri con questa uscita raggiunge Mughini e Sgarbi nella classifica dei grandi della provocazione a scopo commerciale). Non so più dove, ho anche letto il commento di un ascoltatore di Radio Padania che diceva “non so cosa pensare, tra terroni e negri non capisco quali sono gli zulu”. Ora, anche noi il giorno di Genoa-Juve sotto la pioggia tifavamo a parole Bisagno, ma lo si faceva per ridere, per antica o novissima rivalità calcistica di durata pari a novanta minuti; qui non si parla di un gioco e che buona parte del Nord tifasse sotto sotto per l’annichilamento reciproco è un bel problema.

O meglio, lo è davvero? Perché è proprio questo aspetto che mi ha lasciato perplesso. Al Nord, dove il razzismo è dilagante e si parla tanto di ronde e di calci nel sedere, il massimo che è successo è qualche episodio singolo con il razzismo come aggravante (vedi il caso di Abba), mentre al Sud è scoppiata una situazione come quella di Rosarno, e prima come quella di Castel Volturno, con sei immigrati uccisi dalla camorra e conseguente rivolta degli schiavi.

E’ certamente vero che dietro quanto è successo a Rosarno c’è la ‘ndrangheta, che prima sfrutta gli immigrati in modo vergognoso e poi, finita la stagione, li prende a pallettate e monta il caos per liberarsene a spese nostre. E’ altrettanto vero che in molte zone del Sud l’abitudine e l’attitudine all’uso disinvolto delle armi, in certe fasce della popolazione, sono particolarmente elevate. C’è però anche chi ha detto che al Nord le persone sono più civili, più colte e più educate; e questo, dopo aver sentito Radio Padania, non mi sento affatto di sottoscriverlo.

Se mai, che sia proprio tutto questo can can leghista a mantenere sterile la rabbia del Nord contro gli immigrati? Che a forza di parlare di ronde, di retate, di celodurismi vari, anche i più beceri razzisti del Piemonte o del Veneto pensino che la loro rabbia è già gestita così, che non devono muoversi in prima persona perché ci penserà il Bossi, e che se poi di fatto nulla cambia (perché diciamocelo, la Lega in vent’anni per il Nord non ha ottenuto una beata cippa di niente) è solo perché ci sono ancora quei comunisti, preti, romanoladroni e buonisti che impediscono al Maroni di sistemare per le feste i cattivi?

Non so, sono immagini confuse. So, ormai è chiaro, che anche l’immigrazione clandestina è parte dell’oppio dei popoli, e che è uno degli strumenti funzionali al mantenimento del potere economico dominante, a cui serve manodopera disposta a lavorare a condizioni schiavistiche che gli italiani non accettano più – non perché sono pigri ma perché non sono disperati. So che a ogni società serve un nemico e che piazzare ai giardinetti, sotto gli occhi di tutti, le signore arabe col velo che parlano ai bambini in una lingua incomprensibile, anche se in realtà gli gridano solo “Ahmed non sudare!”, è un modo di rafforzare il nemico del nostro tempo, il crudele saraceno (ma anche un moro ogni tanto aiuta).

E so che a chi vuole controllare la società serve che il nemico non venga mai sconfitto, in quello stato di guerra permanente già teorizzato dai neoconservatori. Serve che si parli di guerra, serve fingere offensive e proclamare vittorie, ma serve che la guerra non si esaurisca mai e che non diventi mai così violenta da impedire gli affari. E serve che la rabbia delle persone resti viva ma non si trasformi mai in azione, perché se lo facesse potrebbe anche poi dirigersi verso il bersaglio giusto, il potere, invece che verso quello prefabbricato. Forse è per questo che al Nord non vedremo mai le scene di Rosarno.

[tags]immigrazione, razzismo, feltri, nord, sud, lega, rosarno, castel volturno, potere, guerra, società[/tags]

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domenica 10 Gennaio 2010, 10:58

Classiche banane

Se vi chiedessero oggi qual è la più importante canzone pop degli anni ’60, quella che più vi è rimasta in testa, probabilmente pensereste a uno dei tanti successi dei Beatles; magari potreste arrivare ai Beach Boys o spingervi persino a pezzi di gruppi relativamente minori, come I’m a Believer o I’m Into Something Good (fateli riascoltare a qualcuno, chiedete chi li cantava e la maggior parte risponderà “ma non sono dei Beatles?”).

Eppure se ve l’avessero chiesto un venticinque anni fa, almeno se al tempo eravate bambini, probabilmente avreste indicato questa:

Da noi si propagò con un certo ritardo, dato che The Banana Splits Show andò in onda negli Stati Uniti dal 1968 al 1970, ma ebbe la sua epoca d’oro in italiano solo con l’avvento delle televisioni commerciali, tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80… dove e quando è difficile sapere, ma ogni tanto lo si ritrova in qualche palinsesto storico. Eppure, questa canzone ti si appiccica in testa: non sentirete mai cinquantamila persone in uno stadio esultare cantando il ritornello di Help o di Hey Jude, ma quello di The Tra La La Song lo cantano sempre tutti.

Quello era il picco finale di un’epoca in cui anche la musica era ricca e spensierata; questa, in particolare, era disegnata per esserlo – il cosiddetto bubblegum pop. Il successo del cartone animato dei Beatles (1965-1967) fece pensare ai produttori americani che una trasmissione televisiva sulle avventure di una band fosse la via per il successo; e così dopo i “fab four” vennero i “prefab four”, i già citati Monkees. Solo che persino i Monkees, dopo un paio d’anni passati in buona parte a fare playback su tracce registrate da altri, reclamarono un po’ di libertà artistica e cacciarono il loro produttore-padrone, e come si rifece lui? Inventò The Archies: il primo gruppo completamente cartone animato. Così si poteva proseguire con le hit costruite a tavolino, ma non ci sarebbero stati più problemi con le pretese degli artisti.

Nemmeno Hanna & Barbera avevano ancora osato smaterializzare completamente gli artisti: e infatti loro si erano limitati ai quattro animali-pupazzo, che si divertivano tra sketch, acrobazie e giri nei parchi dei divertimenti, con corredo di improbabili effetti sonori. Ma non persero tempo: l’anno dopo fecero debuttare Scooby Doo (dove l’elemento “gruppo musicale”, originariamente previsto, fu eliminato in extremis) e fusero i due concetti, musica e mistero, in Josie e le Pussycat – osando addirittura una protagonista nera, anche se nel dubbio non le facevano suonare altro che i tamburelli.

Sempre lo stesso anno, dopo il successo dei Banana Splits, Hanna & Barbera lanciarono i Gatti di Chattanoogacome tali noti in Italia anche se il titolo originale era Cattanooga Cats, con un gioco di parole che all’epoca nessun bambino italiano avrebbe mai capito (oggi forse…). Si tratta di un capolavoro di animazione lisergica – basta guardare la sigla – che includeva sotto-serie improbabili come Mototopo e autogatto e Al lupo al lupo (più precisamente: “Al luuUUUUUUUUUUUpo. Al luuuUUUUUUUUUUpo.”); anch’esso furoreggiava sulle nostre TV private negli anni ’80.

E non era mica finita qui – del resto l’originalità non è mai stata il forte di Hanna & Barbera. Lo schema “Scooby Doo + Monkees” fu riciclato all’infinito, anche in cose che in Italia non credo di aver mai visto (Butch Cassidy & Sundance Kids, The Amazing Chan & Chan Clan), e via così fino a Jabber lo squalo batterista che viveva sotto il mare – un altro dei perversi effetti collaterali del film di Spielberg. Il peggio del periodo comunque fu il gruppo musicale di Lancillotto 008, una roba che se fosse girata oggi provocherebbe giustamente una furia di animalisti alle porte.

Comunque, niente di tutto questo riuscì mai più ad avvicinarsi alla vetta dei Banana Splits. Perché erano gli anni ’70, un periodo dove la spensieratezza mancava, e ci volle tutto l’edonismo degli anni ’80 per ridarci finalmente una sana dose di Jem e le Hologram!

Ma tanto lo so che non mi state ascoltando, in testa vi è rimasto solo “tra la la, la la la la…” o al massimo “jabbadah, jabbadah, say jabbadah”.

P.S. Avrete notato, dal filmato, chi era il regista della prima serie dei Banana Split…

[tags]televisione, musica, bubblegum, cartoni animati, anni ’60, anni ’70, hanna & barbera, banana split, beatles, monkees, archies, josie, cattanooga cats, mototopo, autogatto, al lupo al lupo, jabber, lancillotto 008, jem[/tags]

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sabato 9 Gennaio 2010, 11:51

Ancora Tav

Forse ve ne sarete accorti dal fatto che da qualche giorno La Stampa spara in apertura delle pagine torinesi pile e pile di articoli pro Tav: siamo di nuovo al dunque sulla Torino-Lione.

Riassumiamo in breve le puntate degli ultimi mesi. Dopo le scorse comunali, lo scenario politico in valle è caratterizzato da tre gruppi: i sindaci del PDL (corrente Osvaldo Napoli), quelli del PD e quelli No Tav. A settembre si trattava di eleggere il presidente della nuova comunità montana che, dopo gli accorpamenti imposti a livello nazionale, amministra la Valsusa e la Val Sangone; e lì già si scoprirono dei begli altarini, con Chiamparino e Saitta che cercarono di imporre ai sindaci PD il sostegno al candidato del PDL (!!) pur di mandare avanti la Tav. L’operazione fallì e risultò eletto l’ex sindaco di Susa Plano, del PD, con il sostegno anche dei No Tav; di lì in poi, i PD valsusini sono stati “soltanto” semi-commissariati e minacciati di espulsione. Anche la Bresso, che sul momento appoggiò Plano (ma solo perché stava litigando con Chiamparino per la candidatura in regione), dopo solo tre mesi ha virato di 180 gradi e si è riallineata (ora siamo alla campagna elettorale e per essere rieletti bisogna tranquillizzare chi di dovere).

E si è aperta la vicenda dell’Osservatorio, l’organismo tecnico con rappresentanti dei comuni, del governo e degli altri enti locali. La nuova comunità montana, insediatasi a dicembre, ha il diritto-dovere di nominare quattro membri in sostituzione di quelli scaduti a fine 2009, e ha chiesto il tempo necessario per farlo; dall’altra parte si è sfruttata la situazione per una operazione “carri armati” in cui i sindaci sono stati convocati d’autorità in prefettura da Saitta e Bresso, tentando di chiuderli dentro fino a quando non avessero nominato i propri membri senza aspettare la comunità montana, dove la maggioranza è appunto contraria alla Tav. Grazie anche al presidio pubblico tenuto nel gelo di fine anno (nonostante la manovra da bambini di spostare luogo e ora della riunione la mattina stessa…), la cosa è saltata.

La risposta non si è fatta attendere: il governo, tra gli applausi dei chiamparini, ha tranquillamente buttato fuori la comunità montana dall’Osservatorio e deciso di proseguire per i fatti propri, parlando solo con la minoranza di sindaci del PDL. In ballo c’è l’inizio dei lavori di sondaggio dei terreni, previsto per questi giorni; in pratica, una possibile seconda Venaus. E stanno infatti partendo le mobilitazioni.

Spero di non dovermi rimettere a spiegare perché la Torino-Lione non serve, e perché sia spinta soltanto dagli interessi di chi la deve costruire; facciamo che se avete ancora dei dubbi vi riascoltate i primi minuti di questo video (anche se l’audio è un po’ così).

La propaganda pro-Tav è ripartita in ogni modo, i giornali ne sono pieni; l’ultima trovata – l’ultimo tentativo di far diventare vera una falsità a forza di ripeterla sui media – è questa. Eppure paragonare l’impatto che ebbe l’apertura del traforo del Frejus – che trasformò in un quarto d’ora di treno al coperto quello che prima era un percorso di sei ore a dorso di mulo sotto la neve – con quello che può avere una variante di percorso per far risparmiare un’ora a merci che viaggiano per giorni è un atto scientificamente doloso. Ma il punto è proprio questo: scientificamente, guardando i numeri, la TAV Torino-Lione non può stare in piedi; i benefici non giustificheranno mai i costi.

La constatazione più sconvolgente, però, è proprio l’esistenza di questo misterioso governo che vuole fare la Tav a tutti i costi. E non parlo di Berlusconi; parlo di politici di tutti i colori, teoricamente avversari tra loro, che magicamente quando si parla di Tav sono tutti schierati su un pensiero unico, senza distinzioni.

E’ questo che fa davvero paura: un “governo grigio” in cui Berlusconi, Letta, Scajola & C. si fanno rappresentare alla guida dell’Osservatorio dal “tecnico” Mario Virano, ex PCI e collega di segreteria di Chiamparino, ma anche ex uomo di Gavio nella società dell’autostrada del Frejus, uno che già trent’anni fa gestiva per Novelli gli appalti del tram 3 (qualità…).

Un “governo grigio” per cui Chiamparino diventa presidente dell’ANCI, l’associazione nazionale dei comuni, e potendosi scegliere liberamente il vice non sceglie uno del suo partito (come prima Chiamparino stesso, che era il vice del fiorentino Domenici) e nemmeno un personaggio di rilievo ma lontano dalle sue zone, ma nomina Osvaldo Napoli, in teoria il suo maggior avversario politico in casa propria; uno di quelli che hanno rischiato di fare il candidato presidente del Piemonte per il centrodestra, magari contro lo stesso Chiamparino.

Insomma, sai che a dicembre ti potresti trovare Napoli come avversario in una corsa da governatore, e ad ottobre lo nomini di tua volontà come tuo fido scudiero, in una posizione che gli dà rilievo nazionale? Questa cosa veramente non ha senso, se non abbracciando l’inquietante idea che alla fin fine Chiamparino e Napoli appartengano a due marchi diversi della stessa azienda: l’azienda del cemento.

[tags]tav, torino, lione, la stampa, chiamparino, bresso, saitta, osvaldo napoli, plano, valsusa[/tags]

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venerdì 8 Gennaio 2010, 15:57

Una delle grandi domande del nostro tempo

Ma perché uno sceglie di fare il medico, se poi non ha voglia di visitare i pazienti?

Oggi all’ora di pranzo, dopo aver avuto un attacco di tosse profonda quasi da non respirare più, abbiamo deciso che fosse meglio fare qualcosa piuttosto che attendere senza far nulla fino a lunedì. Abbiamo chiamato la guardia medica per chiedere se fosse utile prendere uno sciroppo per la tosse, e la risposta è stata: assolutamente no, lo sciroppo blocca lì anche i germi, bisogna farsi visitare e prendere un antibiotico, però noi non facciamo visite fino alle 20, richiamate dopo quell’ora; prima di allora dovete chiedere al vostro medico della mutua. Allora abbiamo chiamato lo studio del medico della mutua, e la risposta è stata: come mai il paziente non si è presentato di persona dalle 10 alle 12?

Abbiamo spiegato che pioveva, avevo 38 abbondanti di febbre e comunque la situazione è peggiorata ben dopo le 12, al che ci è stato detto “e beh? ora aspettate lunedì”. Per fortuna l’avvocato di casa (non sono io) sa farsi valere e a forza di insistenze e di escalation verbali è riuscita a farsi passare un medico dello studio, che era ancora lì per caso, e a farlo venire. Il medico è venuto poco fa, è stato preciso e molto professionale, e grazie ai due minuti netti di visita (di cui uno per la compilazione delle ricette) ora ho la prescrizione di un antibiotico e di sufficienti farmaci collaterali da finanziare la ricerca del vaccino della suina per un paio di mesi; un po’ come a dire “hai voluto la bicicletta, pedala”. Tuttavia, ho avuto la netta sensazione che se fosse stato un cameriere in pizzeria mi sarei ritrovato uno sputo nella birra.

Ricordo che anche quest’estate, quando eravamo isolati in montagna e la mia febbre puntava a 41, per riuscire ad avere la visita di un medico, anche a pagamento, abbiamo dovuto chiamare il 118: tutto il resto aveva trovato soltanto muri di gomma.

Non è possibile per un medico essere sempre disponibile in qualsiasi momento, ma per un sistema sanitario garantire mediante turni che tu possa avere assistenza a qualsiasi ora almeno per tutta la giornata, non solo dalle 10 alle 12, mi sembrerebbe il minimo. Sono perfettamente cosciente che al mondo esistono torme di ipocondriaci che esistono solo per tormentare i medici di base e intasare inutilmente i pronti soccorso; eppure la missione del medico non è solo quella di curare chimicamente il corpo, ma anche quella di curare la sofferenza psicologica di chi si sente male. In fondo, fa parte del gioco anche subirsi 99 visite inutili per la solita influenza di stagione per poter intercettare per tempo quel caso in cui veramente succede qualcosa di grave.

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giovedì 7 Gennaio 2010, 07:02

Giocatori del Toro indagati per scommesse, Foschi lascia

Confermando che non c’è mai limite al peggio, la notizia che circolava insistentemente da qualche giorno stanotte è diventata ufficiale: alcuni giocatori del Toro sono sotto indagine per essersi venduti la partita col Crotone, persa in casa 1-2 in maniera incredibile con parecchi episodi oscuri (tra cui l’improvvisa mancanza di Sereni, con tanto di lite violenta negli spogliatoi prima della partita, che a questo punto si ipotizza attribuibile a una divergenza sul vendersi la partita).

Confusi dall’improvvisa crisi di scarsezza dei nostri, inizialmente si pensava a una normale figuraccia, ma sui forum da qualche giorno i nomi di Di Michele (già condannato in passato per lo stesso motivo), Diana (peggiore in campo) e Pisano (che non giocò, ma era loro compagno al Palermo) erano sulla bocca di tutti, tanto che quando Di Michele è entrato in campo martedì sera sono subito partiti i fischi (comunque prendeteli con le molle, sono nomi non confermati e potrebbero essere tutti sbagliati). La sconfitta del Toro era stata pagata fino a 20 volte la posta.

Ieri sera, poco prima che uscisse la notizia, si è dimesso il direttore sportivo Foschi per “motivi personali”. Foschi era stato di fatto sfiduciato dall’arrivo del nuovo responsabile di mercato Petrachi, ma a questo punto (considerando che anche lui è ex Palermo e ha costruito la carriera dei giocatori in questione) i dubbi vengono naturali anche su di lui. La situazione è al massimo della confusione; di partite perse in modo inspiegabile ce ne sono state molte altre, anche negli scorsi anni (resta in mente la decisiva trasferta di Bologna lo scorso anno, con il Toro in vantaggio 1-0 all’intervallo che perde poi 5-2 subendo reti incredibili). Insomma, che ci possa essere un club “scommettiamo che” tra i giocatori e magari pure i dirigenti del Toro è tutt’altro che improbabile.

Fin che sono i giocatori la squadra non rischia, ma se venisse dimostrato il coinvolgimento di qualche dirigente o anche solo la scelta consapevole di coprire il tutto sistemando le cose in silenzio – e il ricambio secco di dirigenti e giocatori che sta avvenendo in questi giorni non fa pensare bene – anche il Toro rischia una penalizzazione. Del resto, il rischio della famosa “società snella” di Cairo – senza dirigenti, che costano – è proprio quello di non avere sotto controllo la situazione interna.

Che dire: certo solo al Toro potrebbe succedere di venire penalizzato per aver truccato le partite per perderle, invece che per vincerle come facevano i gobbi…

[tags]calcio, serie a, scommesse, toro, cairo, foschi, crotone[/tags]

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